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Narcissus SelfieChe io sappia sono io l'inventore dei sel...

Creato il 28 luglio 2014 da Emercatali

Narcissus SelfieChe io sappia sono io l'inventore dei sel...
Narcissus Selfie
Narcissus SelfieChe io sappia sono io l'inventore dei sel...
Che io sappia sono io l'inventore dei selfie.Questo è tutto quanto volevo affermare: dire cioè d'essere stato io a mettere in atto per primo questa pratica autofotografica, fin dagli anni '60, divenuta oggi di moda, alla quale è stato attribuito l'azzeccato nomignolo di selfie.Ecco quindi  qui Narciso, che si mette al centro di tutto, e che si crede d'essere stato il primo!
Narcissus SelfieChe io sappia sono io l'inventore dei sel...
Il fenomeno, oltre ad essere oggi largamente in uso, è anche più volte discusso e analizzato. Come ora, sul Sole, in un articolo che ho appena letto. L'articolo che scrivo su Taccuini mi è stato suggerito infatti proprio dalla lettura di "Il selfie di Narciso" di Paola Mastrocola (Il Sole 24 Ore di domenica 27 luglio 2014), nel quale l'autrice si lancia in affermazioni quanto meno azzardate. Tra queste ne seleziono alcune, quali, nel sottotitolo:  "Niente male nel fotografarsi, per carità. Ma qual braccio teso, quella propaggine di noi che ci fa sorridere è l'inquietante modo in cui mandiamo agli altri la nostra solitudine". Ma si dice anche poi oltre, nel lungo ed articolato testo tra il sociologico e l'antropologico: "Selfie, quello straordinario e nuovissimo gesto di fotografar se stessi, a cui abbiamo attribuito questa snella ed efficace parolina inglese: selfie. Intraducibile, unica. Il selfie sì, è narcisismo puro".
Dico subito, per motivare questo stesso articolo, che io, con queste due dichiarazioni, non sono affatto d'accordo. 
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Ma continua l'articolo della Mastrocola: "Allora niente di male nel fotografarsi, per carità. Il fine è comprensibilissimo e anche degno: mandare agli altri, amici e parenti per esempio, una propria foto, non avendo nessuno sottomano che in quel momento ce la possa scattare. Benissimo. La mirabile capacità del fai da te, massima dimostrazione di autonomia. Tanto più che gli strumenti che abbiamo a disposizione oggi ce lo consentono: ti piazzi il cellulare in faccia e sfiori il tasto, fatto! Nulla di così diverso dall'autoscatto in fondo." Concludendo poi: " Ma abbiamo mai visto qualcuno che si fa un selfie? Voglio dire, ci siamo mai fermati a guardare attentamente una persona nell'atto di farsi una foto con il proprio cellulare? Facciamolo. Sostiamo un momento, e osserviamo. prendiamo un ragazzo, sui venticinque anni. E' seduto sul gradino di un parco. Jeans e maglietta. Capelli biondini, corti. Di colpo estrae il cellulare e se lo mette davanti al viso. Un po' in alto. Lo tiene in alto sulla propria testa, col braccio teso, e clic, si fa la foto. Io non so, ma credo che sia quel braccio teso che mi provoca un leggero disagio, una punta di malessere. 
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No, non è il braccio. E' che quel ragazzo si sorride". Al leggero fastidio dell'autrice viene poi aggiunto: "Sorridersi! Che verbo strano. Che cos'è, un riflessivo improprio? Molto improprio, direi. Il sorriso è per definizione un gesto che rivolgiamo a un altro. Cioè, intendiamoci: possiamo benissimo ridere da soli. Ci passa per la testa una cosa comica, una scena, una frase che ci fa ridere, e ridiamo. Certo che può succedere. Ma sorridersi per fare una foto mi pare un'altra cosa. Mi prende il cuore. Non va bene". Qui l'autrice azzarda giudizi di valore, continuando così: "C'è qualcosa che disturba. Che cosa? Sorridiamo sempre quando ci fanno una foto, è ver. Ma sorridiamo, in fondo, a ben pensarci, a chi ci fa la foto. Non vediamo il suo occhio perchè è coperto dalla macchina, ma sappiamo che c'è, è lì dietro, e ci sta guardando. Anzi sappiamo che quell'occhio è lì per guardarci. Fotografare è guardare l'altro nel modo più spudorato. E' esattament questo. E' lo sguardo che si copre per poter essere il più scoperto possibile, si nasconde per rivelarsi, o si rivela per nasacondersi, fa uguale. Noi, i fotografati, sappiamo che l'altro ci guarda. 
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E c'è un sottile piacere nell'essere guardati attraverso una macchina.... il sorriso che facciamo in foto è il sorriso che facciamo a lui (il fotografo), amico o sconosciuto che sia. Con selfie invece, è il sorriso che facciamo a noi stessi. Narciso non l'avrebbe mai fatta una cosa simile. Noi si. Noi, i veri Narcisi."
E' il cellulare che ha posto le basi del selfie di massa. La sua leggerezza, l'ergonomicità, le modalità "foto davanti" e "foto dietro", la semplicità operativa, il grande display.
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Io invece, possessore di Nikon Reflex F2, ho incominciato a fare selfie da quando, alla fine degli anni '60, mi ono compreto un grandandolo Nikkor 20mm per avere immagini complete di ambienti da me progettati, e poi realizzati. 
Poi, tanto per confutare l'impianto logico dell'articolo scritto da Paola Mastrocola, ho cominciato a fare selfie proprio per via del grandangolo Nikkor 20 mm, il quale, assai facilmente e senza soverchio sforzo consentiva di riprendere me stesso dentro a quegli ambienti, mentre fingevo di guardarli, o mentre ne indicavo i particolari, in corso d'opera Trattavasi di una sigla, prima di farne un book, generalmente richiesto dai clienti, specialmente nei casi di opere seguite a distanza dal committente, per mostrarne ad esso le problematiche da discutere, gli aspetti ancora controversi di cantieri presso i quali avevo fatto sopraluoghi. Narciso quindi centra poco o nulla del tutto.
L'abitudine fatta per questa pratica, fava frutti anche in situazioni diverse, al di fuori del lavoro. Premettendo che la dedizione mia alla fotografia era a tal punto intensa, in quegli anni, che raramente mi trovavo senza un apparecchio di ripresa in mano. Se mi trovavo, come spesso accadeva, assieme a qualche persona, amico o amica, fidanzata o moglie che fosse, non mi sembrava interessante ritrarre sempre da sola questa persona, e preferivo accostarvene un'altra: me stesso nella fattispecie, che fossi davanti a un paesaggio, dentro a un museo o una galleria, davanti a una vetrina o accanto a una macchina o ad un monumeto. Quale "trasmettere agli altri la nostra solitudine?, allora, il contrario direi: io desideravo non lasciare sola quella persona, ma accompagnarla ad un'altra, accostarla al sottoscritto. La foto risultava sempre più completa. le figure non sembravano statuine imbarazzate, bensì soggetti colloquinati tra loro e con lo sfondo che ne rappresentava il soggetto del momento, realmente vissuto da noi, e non solo oggetto d'un ricordo amorfo e senza spirito.
Non ho mai visto altre persone per decenni fare altrettanto, ed infatti ero noto tra gli amici come colui che faceva selfie. Naturalmente lo facevo senza sapere che, un giorno degli anni '10 del 2000, si sarebbe chiamato selfie. Se qualcun altro già allora lo faceva, si faccia avanti, prego. Questo si, potrebbe dirsi narcisismo.
Enrico Mercatali28 luglio 2014

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