Iniziamo. Fu così che Tiresia si trovò coinvolto nella vicenda di un altro mitico mammone: Narciso, figlio di Liriope e del solito dio che, approfittando del fatto di essere un fiume, era scappato dopo la fugace liason con la bella ninfetta. I fiumi che fuggono c’entrano in tutte le storie di amanti falliti: se non mi credete, andate a rileggervi la storia di Apollo e Dafne.
Ad ogni modo, come molte mamme mollate dal padre, Liriope riversò tutte le sue attenzioni sul figlio unico maschio. Ed ecco che entra in gioco Tiresia che alla domanda se il piccolo Narciso sarebbe pervenuto ad una serena senectute, rispose che sì, a patto che non volesse conoscere se stesso.
Incurante della profezia, Narciso crebbe bellissimo e divenne un campione della caccia. A sedici anni il suo talento venatorio divenne insuperabile, e Narciso non ebbe più bisogno di muover un dito per far cadere nelle sue trappole ogni sorta di essere vivente, teen agers di ogni sesso compreso. Loro si invaghivano della pelle bianca e rossa del figlio di Liriope, e mentre lui faceva appena finta di voler attirarle nelle sue reti. Oddìo, lui però faceva un sacco di dichiarazioni: diceva a tutti i suoi fans che erano belli come Miss e Mister Universo, e proprio a tutti che nella sua vita non aveva amato nessuno come il lei o lui di turno. E poi si presentava tirato a lucido come un damerino, e agli appuntamenti si presentava con certi carri strabilianti trainati a 500 cavalli, tutta roba che gli aveva procurato la mamma a forza di frignare presso il Collegio Dementi. Lui di per sé faceva pochetto: non studiava un tubo, si faceva bocciare all’esame della patente e non era neanche diplomato, figuriamoci se un giorno avrebbe conseguito una laurea. Era un trombone di prima scelta, molto bello a vedersi, ma punto e basta. Del tutto ebete non era neanche lui, e vergognandosi un sacco di essere una nullità iperpompata dalla mamma, faceva tremende cattiverie agli altri invece di prendersela con se stesso.
Narciso cresceva beato e venerato ma non sapeva che la sua arroganza era insopportabile e che la sua pelle bianca e rossa aveva messo a Tiresia una voglia matta di fargli fare la fine di Biancaneve prima dell’arrivo del principe Azzurro. Che per uno come lui non sarebbe arrivato mai: perché il principe Azzurro arriva per salvare le vittime, non i persecutori.
Ma torniamo a Narciso. Le vittime non capivano: nelle sue reti loro ci si tuffavano e poi si facevano pure torturare, per dargli la soddisfazione di aver fatto qualcosa per conquistarle. Bisognava capirli, perché se mancava quest’ultimo atto della sceneggiata Narciso s’incazzava come un cinghiale ferito, e straziava le sue vittime ricordando come fossero state loro ad inseguirlo e predarlo. Era tutto falso, ma fanciulli e fanciulle ci rimanevano malissimo, tanto che alla fine si convincevano che aveva ragione lui. Narciso era proprio destinato a diventare l’archetipo del Narcisista Perverso, implacabile mietitore di vittime umane sempre sveglie e piene d’interessi, ma troppo segnate da immeritate umiliazioni subite in età infantile.
Circondato da ammiratori di prima scelta, Narciso infieriva sulle sue vittime a più non posso. Ma imbecille com’era, non aveva previsto che qualcuno si sarebbe ribellato. Una volta, un giovinetto montò su tutte le furie: non volendosi abbassare al livello di Narciso, invece di rispondergli con le solite cattiverie lanciò un terribile anatema:
Sic amet ipse licet, sic non potiatur amato!
Gridò così forte che lo sentì anche Tiresia. Il quale per i momento non fece nulla, impegnato com’era a seguire i travagli dell’ultima vittima di Narciso: la ninfa Eco.
Eco era la più brava della Scuola delle Ninfe dell’Aonia, dove il padre Zeus si recava spesso per dare alle fanciulle delle belle lezioni di onestà muliebre servendosi del vecchio trucco dell’exemplum ex contrario. Insomma, se la faceva con tutte le scolarette, mentre Hera impazzita di gelosia continuava a fargli la posta per coglierlo in fallo. Ma le ragazzine, che con quel dio a letto si divertivano un sacco, avevano messo come palo Eco, che con tutto quello che studiava aveva sempre un sacco di storie da raccontare ad Hera quando veniva a chiedere di suo marito. Eco, per il momento, aveva deciso di non darsi alle gioie dell’amore: ogni tanto una delle sue amiche le chiedeva se voleva il cambio, ma lei aveva una tremenda paura che Zeus fosse un viscidone come troppi padri su questa terra. E visto che lui era il padre degli dei, in viscidume era sicuramente imbattibile.
Insomma, Eco si preparava a reincarnarsi in Sherazade – o anche in una proffe di lettere, se volete – quando fu colpita da una doppia sventura: la visita di Hera, nella quale tutta la sua abilità di contastorie andò in fumo per via dalle urla selvagge di Zeus che nelle sue lezioni aveva perso ogni ritegno – e tacere di quelle delle studentesse, che ne sapevano nove volte più di lui; e quella di innamorarsi di Narciso.
Come tutte le donne gelose, Hera era una grande vigliacca: invece di prendersela con suo marito come avrebbe dovuto, punì la sorvegliante chiacchierona condannandola a sprecare il suo eloquio nella ripetizione della fine di tutti i discorsi che ora toccava a lei ascoltare. Povera Eco. La stessa cosa le capitava anche con Narciso, con il quale sperava di iniziare finalmente a divertirsi come le sue amiche: ma lui, invece di essere quella sintesi micidiale di testosterone e muscoli che spacciava nei suoi infiniti sproloqui autocelebrativi, era un papaverone di prim’ordine.
Come prosegue la storia, lo sapete tutti – è inutile che mi perda in dettagli: Narciso, un giorno che si sentiva solo e non si capiva bene il perché (era lui che aveva mandato a casa il codazzo di fans che l’aveva raggiunto nella foresta, con insulti e male parole), incominciò gridare come un matto se in giro c’era nessuno, e spuntò la povera Eco. Sulle prime Narciso smaniò di grande entusiasmo, ma poi incominciò a trattare malissimo Eco per il gusto di vedersela tornare indietro piangente mentre lo supplicava di stare con lei. Tiresia, nel frattempo, sapeva tutto e fremeva: la donna che viveva in lui era molto più sveglia della moglie di Zeus, e chiedeva vendetta per la fanciulla umiliata ed offesa.
Mentre Eco, mollata definitivamente, si ritirava nel cuore della foresta piangendo e consumandosi di un oscuro dolore, Tiresia fece in modo che Narciso si imbattesse nella più limpida fonte di tutte le convalli della Beozia. Quell’imbecille, che disonorava la nobile classe dei bisessuali perseguitando adolescenti senza distinzioni di genere, si trovò davanti l’immagine del più bel ragazzo che gli fosse capitato di incontrare. Muto come un pesce, faceva ancor meno di Eco che non poteva far altro che ripetere la fine delle parole di Narciso: ma Narciso era proprio un idiota, e lasciando perdere tutto lo stuolo dei fans che continuava ad osannarlo da ogni parte dell’Ellade, si mise a corteggiare quella figura che si muoveva e apriva la bocca esattamente come lui. Non ricambiato e soprattutto non intuendo che si era innamorato di sé, nel tentativo di abbracciarlo stava per annegarsi nell’acqua che era per lui fonte di tormentoso piacere.
Per conto suo, il genere umano stava per liberarsi di una delle più pericolose fonti di dolore e soprattutto di perdita di tempo, quando ad un tratto Tiresia uscì dall’antro in cui stava rinchiuso da giorni per emettere oracoli a cottimo e gridò:
“ALT!!! Fermi tutti. Basta con ‘sta pizza di Miti, in cui ogni cretino diventa un Eroe anche quando commette nefandezze di ogni genere. Già vi ho lasciati frignare per le pazzie di quel tipo dai Piedi Gonfi: vi ho detto mille volte che è un porco schifosissimo che ha fatto fuori il Padre e fottuto la Madre, e voi ancora a dire che peccato che tutto questo sia toccato al più saggio e terribile di tutti gli uomini. Aspettate che trovi il tempo di sistemare Sofocle e anche Aristotele, e poi mi direte se avete ancora voglia di buttar via i soldi a teatro per andare a fare le moine per quel rincoglionito che oggi è più cieco di me. Vado a a ordire una Fiaba a lieto fine per salvare Eco”.
Beh, insomma, anche nella sua onniscienza Tiresia era uno come noi, e non era uno che ogni giorno poteva guardarsi allo specchio senza un po’ di disagio. Sapeva che stava per fregare una bella idea alle tradizioni popolari germaniche e soprattutto ai futuri Fratelli Grimm: ma la causa ne valeva la pena, e strada facendo nella Storia si sarebbe capito che il fine giustifica i mezzi.
Bisognava avvicinare Eco, che tra le porcate di Zeus e i tranelli di Narciso aveva tutte le ragioni per essere un po’ diffidente nei confronti degli uomini. Trovò un’eccellente scusa per inoltrarsi nella Foresta e si trasformò nel Cacciatore di Biancaneve. Alcuni sostengono che fu la stessa Eco ad andare in caccia di Tiresia, e che per avere il suo aiuto era disposta anche a pagarlo 60 euro a seduta.
Com’è o come non è, i due si incontrarono. Eco era spaventata dal furioso stallone nero cavalcato dal Ciacciatore, dalle reti, lacci e spiedi che reggeva in mano. “Non mi farai del male, vero?”. Il Cacciatore era in leggero imbarazzo, perché in un primo momento aveva pensato alla soluzione dell’Eutanasia per liberare Eco da tutto quel dolore. Ma questo solo perché il Cacciatore non aveva preso coscienza del Tiresia che c’era in lui, e allora era partito con le soluzioni più tradizionali: far fuori la cerbiatta smarrita per fare contenti un po’ tutti. Dopo averla uccisa, le avrebbe strappato il cuore per provare l’amore della fanciulla per Narciso, e quello per un po’ si sarebbe calmato lasciando almeno in pace gli altri. Ma impietosito dalla vista della fanciulla che a furia di piangere stava per diventare di pietra, le rispose: “No, Eco, non temere. Faremo solo un po’ di terapia di Verità” . “Ah, ti prego, no! Nessuno Mi può Giudicare! La verità fa sempre male, lo so!” “Lascia perdere queste idiozie, Eco, Sono Solo Canzonette. Io ti farò conoscere la Verità che giace al fondo, e che il Dolore riscopre Amica. Non sei il tipo di persona che deve temere di conoscere se stessa”. “Cosaaaaa? E quanti anni hai intenzione di tenermi a fare l’archeologa di me stessa? Sta’ a sentirmi, lasciami morire e vattene.” “Occhei, ma basta strillare, non vorrai trattare male proprio me che sono venuto a salvarti! Era una citazione buttata lì così, per dirti che non passeranno molti millenni che rinascerai sulla collina dedicata al figlio di Zebedeo in quel di Tergestum. Vedrai come ti farà bene. E nel frattempo, la Verità la faremo conoscere solo a Narciso.”
Detto questo le passò la nuova arma segreta. Era uno specchio, ed Eco affascinata se piazzò subito davanti per scoprire se faceva tanta pietà come sosteneva Narciso, che pure per lunga pezza le era sto sempre alle costole. “Ma…ma…allora non sono tanto male!”
“Non sei affatto male, Eco. Fanne la prova, perché hai davanti uno specchio parlante. Chiedigli quello che vuoi”
“Specchio, specchio delle mie brame, sono la più bella del reame?”
“Adesso non esagerare!” Tuonò Tiresia il Cacciatore. “Smettila di desiderare cose che non sono alla portata di nessuno. Non sei scema come Narciso, e non pensare che, anche quando sarai la più bella di tutte, Narciso si sognerà di amarti. Fai un’altra domanda”
Ma Eco era troppo contenta di aver visto una luce nel tunnel, e credeva di uscirne prima se si credeva un po’ Malefica.
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”
“Eco cara, non sei di certo tu. Ma credimi, non sei così tanto male!
Cosa vuoi fare nella vita?”
“Voglio essere amata!” Strillò a piena voce Eco. Lo specchio la punì facendole vedere nella sua immagine riflessa il volto di Narciso. Quella che fino a poco tempo fa gli era sembrata la più bella creatura su questa terra era una figura grottesca. La presunzione di rimanere immortale lo rendeva ridicolo e ripugnante.
Non andava bene neanche così. “Sai cosa ti dico? Ti ordino prima di amare gli altri, così impari. Adesso ti trasferisco nella casa dei Sette Nani e ti faccio conoscere come Biancaneve”. “Ma è proprio necessario? E come sono questi Sette Nani?” “Intanto non sono Sette, ma almeno Ventisette. Anzi, per darti una svegliata farò in modi che te ne trovi ventisette in ciascuna delle tue tre classi. Ti faranno dannare. Dovrai tenere pulita la loro casa, fare loro da mangiare, controllare che studino e che facciano i compiti.” “E in cambio che me ne verrà?”
“Niente, tranne che una paga da impiegatuccio sul tuo conto in banca ogni 23 del mese. E un po’ di simpatia tardiva da parte loro. Ma credimi, ti terrà impegnata con il corpo e con il cervello, e sarà sempre meglio delle attenzioni isteriche di un Perverso fannullone. Potrai andare a vivere da sola senza dover dire grazie a nessuno, passare molto tempo libero a leggere, a cucinare e persino andare in palestra. Potrai Fare molto per Fermare il Declino. Di’ che è una brutta roba”.
Eco obbedì, ed ebbe presto modo di capire che il Cacciatore non aveva tutti i torti. Oddio, non proprio tanto presto: passarono dieci anni buoni, durante i quali lasciava spesso la casa dei Sette-Ventisette Nani per andare a raccontare la sua vita senza Narciso al Cacciatore. Il Cacciatore era molto cortese perché l’ascoltava e le faceva un sacco di domande: il lato leggermente spiacevole dei loro incontri stava nel fatto che ogni volta il Cacciatore rilasciava una fattura di 60 euro che lei doveva pagare con i risparmi della sua paga.
Erano passati molti anni dacché Eco viveva lontana da Narciso. Un giorno Tiresia le chiese se le mancava.
“Tanto” ripose Eco-Biancaneve. “Uffa” rispose Tiresia. Ma capì che ormai si era trasformato in un Cacciatore e che in qualche maniera doveva far trionfare la Virtù. Gli sembrò che fosse giunto il momento di lasciare il suo ruolo di Psicanalista. Ricordandosi di essere Tiresia, si reincarnò un un signore completamente differente. Un Cacciatore vero. Eco salutò lo Psicanalista ringraziandolo molto, rendendosi conto che più di tanto per lei non poteva fare.
Il nuovo Cacciatore, che poi era quello vero delle favole, si fiondò alla fonte dove quell’imbecille di Narciso si stava specchiando da ottomila anni. Narciso incominciava a vedersi un po’ diverso rispetto all’immagine di cui si era innamorato, ma dava la colpa all’effetto lente dell’acqua della fonte.
Sopraggiunse il Cacciatore. “Narciso” tuonò. Che fai lì imbambolato? Perché hai smesso di parlare?” “Ma perché questo non mi risponde” piagnucolò Narciso, “E tu chi sei?”
“Sono Tiresia, idiota, ti ho tenuto a battesimo”. Il Cacciatore si era dimenticato di aver fatto cambio d’abito, ma non aveva troppa importanza. “Perché non fai una domanda alla fonte?”
“Mica sono la Regina Cattiva! Guardami, sono bianco e rosso come Biancaneve. Sono bello come un fanciullo e una fanciulla abbracciati. Io sono tutto!!!”
“Bravo, allora non avrai paura di parlare. Ask a question, please!”
L’idea di far vedere che sapeva parlare anche l’inglese gli piaceva troppo. Narciso non resistette, ma noi per voi riferiamo il colloquio con lo specchio nell’idioma de’ noantri”
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più bello del reame?”
“Narciso caro, di certo non sei tu. Piuttosto, guardati da quelli che vogliono di te fare strame”.
“E chi sarà mai? Adesso mi sono stufato di parlare da solo. Dammi un costume che esco, piuttosto”.
Il Cacciatore non stava più nella pelle dalla contentezza. Stava per fregarlo. Fu tentato dal fargli pagare il costume a 60 euro, ma poi capì che non era quello che poteva permettersi. I Vendicatori lavorano per i princípi, non per la salute dei pazienti.
Narciso si trovò in mano un meraviglioso costume da Principe Azzurro. Ripassò l’elenco delle persone che aveva torturato nella sua vita e decise di tornare da lei. Fregò il cavallo al Cacciatore e volò da Eco.
Quando se lo trovò davanti, Eco era sbalordita. Narciso la riempì di complimenti e di regali, aspettando in cambio il regalo più grande. Che lei gli dicesse Come te nessuno.
Ma Eco invece lo invitò ad entrare e gli chiese se aveva voglia di prendere un the. Narciso, rispose di no: ” Prenderò una di quelle belle mele bianche e rosse che assomigliano tanto al mio meraviglioso incarnato.
“Che assomigliavano al tuo meraviglioso incarnato, vorrai dire”. Erano passati molti anni da che lui l’aveva lasciata. Anche lei era invecchiata, ma fra le tante cose aveva fatto imparato a fare largo uso del più infallibile fra i prodotti Anti-Age. Dire la Verità.
“Mi vuoi?” Chiese lui. “Guarda che fico che sono. Sono diventato grande e adesso sono il principe Azzurro.
“Anch’io sono diventata grande, e proprio per questo non voglio nessun principe Azzurro”,
Detto questo, Eco prese una delle mele che aveva preso dall’albero della Conoscenza che non si trovava in nessun Eden, perché crescevano proprio nel suo giardino. Lei ne mangiava molte al giorno, e si era resa conto che in effetti levavano il Medico di Torno. Da sola, badando poche ore al giorno a quelle pesti dei Sette Nani che in fondo le volevano un po’ di bene, stava da dio.
Narciso, scornato, agguantò la mela. E quando fu lontano, non senza aver prima lanciato degli improperi irripetibili, diede un morso alla mela.
Era avvelenata della Verità, raccolta nei fiumi di lacrime di Eco. Quei fiumi erano in secca da anni, ma Eco non si era dimenticata di raccogliere un po’ della loro corrente in bellissime fiale.
Il corpo di Narciso venne trovato dai Sette Nani che lo trovarono abbastanza bello per collocarlo in una bara di cristallo. Quegli stupidoni rimasero per lunga pezza a contemplarlo iniziando persino a piangerlo. Ma sopraggiunse Eco, infuriata perché i Sette Nani erano in ritardo per la cena e disse:
“Adesso filate tutti in classe, altrimenti vi faccio vedere io. E adesso chiamo la sovrintendenza dei beni archeologici perché trovino per quel catafalco la sistemazione che gli compete”.
E fu così che Narciso trovò eterni stuoli di fans paganti in un bellissimo Museo. Dove, da morto, fa ben più degna figura che da perverso persecutore delle più Brave della Classe.
E vissero, davvero, tutti felici e contenti.
La prima parte: http://wordsocialforum.com/2014/07/16/vita-di-tiresia-indovino-birichino-monica-visintin-maintenant/