Giro di Boa "Paralizzata. Sono più fissa di un vagone abbandonato sulle rotaie di una stazione in disuso. Flight no. XXX to Frankfurt International now boarding at Gate… Lo zaino si ammoscia sulle spalle, mentre cerco di fissare il tabellone con le destinazioni. Controlli a posto. Carta d’imbarco alla mano. Visto timbrato sul passaporto. Bagaglio da stiva che forse nemmeno arriverà – ho la strana tendenza a perdermi le valigie, per distrazione mia o altrui. Basta. Ho tutto. Tutto. Perché, allora, me ne sto andando?
“È una questione di stile – mi disse una volta Antoine – o ce l’hai, o non ce l’hai.” “Cosa?” “Il sangue giusto. Quello che ribolle e brucia ogni volta che sta fermo.” “Ah.” “Per esempio, tu sei arenata.” “Certo. – risposi, senza convinzione. “Parlo davvero. Ti sei spiaggiata senza motivo. – insistette lui – Non te ne puoi stare semplicemente così, immobile, convinta di essere già tutto quello che potresti diventare.” “Fino a prova contraria, io lo sono. – ribattei, stizzita dal discorso. “Balle. Nessuno lo è.” “Quelli senza il sangue che dici tu, allora?” “Ma sono diversi. – sbuffò, accendendosi una sigaretta – Chi non ha la verve giusta nelle vene è chi tenta più disperatamente di fuggire.” “Fuggire, dici?” “Certo. – annuì, inspirando a fondo – Fuggire dal punto d’arrivo. Fuggire da sé stessi.”
Vallo a capire, Antoine. Lui che il mondo l’ha già saggiato in ogni suo aspetto, nei suoi quarant’anni non ha fatto altro che fuggire, stando a come ne parla la gente. Infida, la gente di paese; prevalgono le sue chiacchiere su qualsiasi scorta di dignità umana. Eppure, forse proprio lui ha capito il meccanismo per aprirsi al mondo. Ma invece che rivelarne la chiave di lettura, tende a suggerire dei falsi indizi, cosicché solo chi è realmente motivato ne scopra la menzogna e cerchi davvero di andare al succo delle cose, viaggiando per vie alternative. Fidarsi di una persona simile senza comprenderla è pressoché impossibile. Per quello lo scorso aprile, dopo due settimane che Antoine aveva levato le tende verso non definita meta, ho deciso di mollare tutto. Perché dopo l’ennesimo modulo di bilancio, allo stesso posto, al quarto anno di fila in praticantato ti rendi conto che forse le tue priorità vanno riviste. Anche gettando le reti dove non avresti mai pensato di poter pescare qualcosa.
Avrei potuto scegliere un altro mezzo. L’aereo mi mette ansia. Non ho problemi con treni, bus, tram, navi, risciò. Ma, imperterrita, scelgo sempre l’aereo. Mi viene istintivo, come istintivo mi verrebbe da domandarmi il perché di quest’inclinazione. Come sempre, lascio perdere. La mia vita ha questa cadenza. Domande, tante domande. Domande su chi, su cosa o perché. Domande con se e con ma, con i dubbi e con i forse. Domande poste dagli altri, domande poste da me stessa. Di qualsiasi tipologia, domande che rimangono in sospeso. Tipo quando ti proponi di fare qualche chiamata che hai in mente da un po’ e poi, in un modo o nell’altro, finisci col dimenticarti semplicemente della tua intenzione. Lasci le cose a fermentare da sole e ti tagli le prospettive. Puramente e causticamente quel che ho combinato negli ultimi vent’anni. “Non è un metodo così sbagliato, – mi suggerì Antoine – semplicemente è mal interpretato e molto mal applicato. E a lagnarti non è che migliori.” Penso fosse in buona fede, col senno di poi. Mi venne da insultarlo, all’epoca, ma me la prendevo pressoché con tutto. Con me stessa, in prima linea. Con lui, per essere così criptico. E sempre con lui, perché sapevo benissimo che aveva ragione. Non volevo inserire la marcia giusta e avrei continuato, imperterrita, a viaggiare con costanza sulla mia monotona autostrada. Almeno, così pensavo. Ma mi scattò qualcosa, quella mattina al lavoro. Uno di quei rari momenti di totale lucidità, in cui finalmente intravedi la tua vita, che da una distanza considerevole inizia a gridare per invitarti a raggiungerla. Il mio capo mi rise in faccia, quando mezz’ora dopo mi dimisi. “E dove pensi di andare, così? – sogghignò, mentre me ne andavo. Mi fermai, la mano sulla maniglia. Avevo una risposta, la più semplice, completa e sincera che avessi mai potuto trovare. Quella che mi convinse che davvero quella scelta era opportuna. “Con un po’ di fortuna, avanti. – gli dissi – Io vado avanti.”
Dopo quattro ore in questa posizione, l’ansia è totalmente svanita. Non subentra nemmeno la noia, come mi sarei aspettata. La consapevolezza di quell’“Avanti” pronunciato ad alta voce si fa sentire, forte e sicura. A vele spianate, sto giungendo alla svolta, quel giro di boa che, una volta compiuto, mi porterà nel tratto più complesso e meraviglioso del mare da affrontare.
Non fuggo, ma per la prima volta vivo.Fuori dall’oblò, nubi sottili velano la visuale notturna sottostante. Mi aspetta molto, al mio atterraggio. La comunità che mi accoglie ha molte difficoltà, ultimamente. Dovrò rimboccarmi le maniche e impegnarmi come non mai, per ogni minima cosa. Ma in fondo è quel che sono venuta a fare. Sono finalmente in viaggio. E vado avanti."
Lara Corsini Ricordiamo ai vari partecipanti che possono richiedere la propria posizione e scheda di valutazione all'email: [email protected]. Grazie a tutti per aver partecipato e vi aspettiamo per la seconda sessione!