Quando si parla di Osvaldo Bagnoli, la mente va subito a quella stagione ‘84-’85 ed a quel Verona che lasciò al palo le grandi blasonate dell’epoca. Di certo lo scudetto del Verona, la promozione in serie A del Cesena nell’ ’81 e la vittoria del Genoa contro il Liverpool nel ’91 rimangono momenti indimenticabili che la carriera del tecnico milanese ci ha regalato, ma non rappresentano completamente quello che è stato uno degli allenatori più rispettati del suo e del nostro tempo. Nato nel ‘39, il futuro Mr. Bagnoli muove i primi passi nel mondo del calcio come centrocampista in diversi club locali per poi approdare al Milan, con il quale vincerà lo scudetto ’55-’56. La sua carriera di giocatore, di buon livello ma priva di exploit di qualunque genere, terminerà all’età 38 anni, quando disputerà le sue ultime partite nella rosa della Verbania. Di lì in poi ed in maniera piuttosto casuale inizierà quello che diverrà il suo mestiere con la “M” maiuscola, quello di allenatore, con i risultati ai quali abbiamo accennato e che appare superfluo ricordare. Al di là delle vittorie, però, quello che si ricorda maggiormente di Bagnoli è il carattere sincero, schietto, capace di cacciare dallo spogliatoio il presidente della Sobialtese giocandosi il primo incarico come di creare, da una formazione priva di fuoriclasse, una squadra da portare allo scudetto. Genuino come una piadina, gustoso come un bicchiere di Sangiovese, sincero come uno di Pinot… Di lui si è scritto un po’ di tutto ma, paragoni enogastronomici a parte, forse il titolo che più gli si addice è quello di uomo semplice, che la semplicità l’ha sempre portata come bandiera e che non perdeva mai l’occasione di tirarla in ballo. “ Il calcio è un gioco semplice, non servono machiavellismi o intuizioni geniali… Io devo avere soltanto la fortuna di trovare gli uomini giusti e metterli al posto giusto.” Parole sante, lontane anni luce dalla realtà odierna, ma che la dicono lunga sul suo modo di concepire il calcio, pratico e genuino ma talmente attento ai particolari da valergli il soprannome di “svizzero”. E fu proprio la cura dei particolari a permettergli di realizzare ciò che ha realizzato, dando più importanza allo spogliatoio che ai grandi nomi, alle necessità di espressione dei suoi ragazzi che ai dettami delle dirigenze, diventando baluardo di un calcio orientato alla sostanza che perdeva sempre più terreno rispetto a quello di nuova impostazione, il calcio 2.0 a cui noi delle generazioni successive siamo ormai abituati. Il fatto di esser rimasto, malgrado i successi ottenuti, il ragazzo senza pretese della Bovisa, a volte un po’ sbruffone con i suoi “Passerò alla storia” ma sempre autoironico, risulta evidente anche nel modo in cui, all’età di 59 anni, Bagnoli lascia il calcio. La decisione avviene in seguito all’esonero che il tecnico ricevette dall’Inter nel ’94, dopo la sconfitta inferta dalla Lazio ai nerazzurri nella sesta giornata di ritorno.“Dopo un primo momento di disappunto, mi accorsi che stavo bene nella nuova dimensione di ex allenatore. Sentii che era giunto per me il momento di smettere , mi sentivo appagato e desideravo vivere in un modo diverso, senza rimpianti…” Forse, il modo migliore di augurare buon compleanno al grande Osvaldo è proprio il più semplice, ricordando una delle sue battute a caldo che rimarranno per sempre nella storia del pallone: “Ruben Sosa? Di tattica ell capìss nient, ma se continua a far gol, mi sta benissimo!”Guarda la rete di Bagnoli in Bologna-Spal 1-3(1965)
di Andrea Mariani
Magazine Calcio
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