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Nascita e morte della legge sugli stadi: “ma come ce l’hai detta bene” direbbe Govi

Creato il 22 dicembre 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Fonte: Mai dire calcio

Alcune riflessioni, chiare e senza fronzoli, sul dibattito in corso realtivo alla legge sugli stadi. Gilberto Govi avrebbe sicuramente commentato: "ma come ce l'hai detta beneeeeeee …."

Ma alla fine questa famosa legge sugli stadi è realmente necessaria?

Cerco insieme a voi di fare il sunto della situazione con 3 punti cardine.

1) La legge, così come concepita, dovrebbe prevedere una corsia preferenziale per chi costruisce, con autorizzazioni rilasciate in tempi record e un incentivo statale da 20 milioni per coprire gli interessi da mutui societari.

2) In verità non c’è bisogno di alcuna legge costruita ad hoc per poter a sua volta costruire (scusate il gioco di parole).

3) Dopo Italia 90 è ancora giusto affidarsi a collaborazioni società-stato per la costruzione di mostri edilizi con conseguente circolo di bustarelle e impianti che crollano a pezzi? Questa legge non costerebbe un euro allo Stato, per Italia 90 sono stati spesi 3500 miliardi. 

Da che mondo è mondo chi ha i soldi costruisce, esempio pratico potrebbe essere la Juventus che trovato l’accordo con il Comune e poggiandosi su investitori privati è riuscita in tempo record a costruire un impianto avveniristico con relativa struttura commerciale; ma anche in questo caso le critiche si sono sprecate.

e ancora:

Ai microfoni di Radiosei, Della Seta ha precisato: «Uno dei problemi principali del testo normativo è che non si capisce il motivo per cui uno stadio debba essere considerato opera di pubblica utilità e poi perché non viene spiegato il concetto di ‘complesso multifunzionale’ e non c’è una definizione più stringente di cubatura. Qui si rischia di fare più gli interessi di immobiliaristi che di presidenti di club calcistici». Sulla questione si era già espressa la sezione laziale di Legambiente, che ha pubblicatoun dossier che denuncia le possibili speculazioni e i danni ambientali che club come Roma e Lazio potrebbero provocare con i rispettivi stadi di proprietà. Morale della favola? La legge è messa in soffitta, un po’ come succede quasi quotidianamente in Italia (v. riforma delle province)

Eppure, per dirimere la questione basterebbe attenersi alle vigenti normative europee: il gestore che ottiene l’utilizzo di un’area può utilizzarla come meglio crede, eccetto la parte residenziale. Per quella, subentra una società appaltatrice, oppure si passa dall’amministrazione cittadina cui pertiene l’area in gestione.

Questo senza nulla togliere alla necessità effettiva che le squadre di calcio italiane inizino seriamente un percorso di progressivo affrancamento dai ricavi per Diritti TV, integrando il loro conto economico con azioni mirate sulle matchday revenues e sul merchandising.


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