Il primo giovedì di maggio è il giorno in cui tradizionalmente negli USA si svolge il National Day of Prayer, la Giornata nazionale di preghiera, che si inserisce nel solco di quella civil religion che vede negli States la sua terra di elezione. La serenità dell’edizione 2010 di questo evento –ancora abbastanza sentito Oltreoceano- è stata intaccata tuttavia da un paio di fatti (uno dei quali potremmo definire “interno” e l’altro “esterno”) al punto che alcuni si sono interrogati se mantenere tale Giornata nel calendario delle celebrazioni pubbliche.
Nel primo caso si è trattato della revoca fatta al pastore Franklin Graham di partecipare all’evento. Graham si era infatti distinto per alcune affermazioni decisamente religiously incorrect nei riguardi dell’Islam. Riferendosi ai musulmani il pastore aveva tra l’altro dichiarato: “Non mi piace come trattano donne e minoranze, lo trovo orrendo, il vero Islam non può essere praticato in America, i musulmani devono sapere che Gesù è morto per i loro peccati”. Inutile dire che tali affermazioni hanno fatto montare una marea di polemiche il cui eco non si è ancora spento.
Altro motivo di polemica, questa volta “esterno” è stato invece quello provocato dalla decisione di Barbara B. Crabb, giudice del Distretto occidentale del Wisconsin, di porre in discussione la legittimità della Giornata. La sentenza, arrivata in seguito ad un ricorso presentato dalla Freedom From Religion Foundation, afferma tra l’altro che la preghiera, essendo un atto di natura prettamente religiosa, andrebbe lasciata alla libera scelta dei cittadini e non dovrebbe essere oggetto di prescrizioni di origine statuale.
Le polemiche ( di cui si parla molto anche in campo cattolico) non hanno comunque frenato l’organizzazione della Giornata e dalla Casa Bianca il presidente Obama ha emanato l’apposito proclama. Anzi, i proclami sono due, visto che lo stesso giorno il presidente ne ha emanato un altro che dichiara maggio “Mese del patrimonio ebraico americano”. Nonostante le polemiche, dunque, la preghiera non solo lascia, ma raddoppia.