Questa riflessione mi sorge guardando la Gnoma passare dall’App di Cartoonito allo yo-yo e le bolle di sapone.
Spesso, allo Gnomo e me, viene rimproverato che nostra figlia passa troppo tempo sui nostri iphone.
A neppure 30 mesi, se siamo fuori casa e si annoia, è in grado di andare su youtube e cercarsi i cartoni dei Puffi, oppure si sceglie dal mio iphone una delle app che ho scaricato apposta per lei.
Se le chiedi di mostrarti una foto o un video sul telefono, con le sue piccole dita scorre fino a trovare quello che vuole. Lo fa da quando aveva 8/10 mesi.
La prima volta che ha visto un ipad, si è seduta davanti, l’ha acceso e ha cercato le foto.
Quando andiamo all’apple store si mette seduta tranquilla davanti ai mac per bambini ed osserva quello che passa sullo schermo.
Poi si perde per ore a giocare con fogli e matite colorate. A sfogliare i suoi libricini. A giocare con un tubetto di bolle di sapone. A salire e scendere da uno scivolo. A raccogliere margherite e fili d’erba. O semplicemente a capire come funzione uno yo-yo.
Non ha 30 mesi. Ne ha di meno.
Ma la mia riflessione non comprende l’età di mia figlia. Ma se sia giusto o meno darle la possibilità, così piccola, di utilizzare strumenti così tecnologici.
Mia madre non ha 55 anni. Eppure usa l’ipad, lo smartphone, usa skype per parlare con noi, mi scrive email, piuttosto che mandarmi sms.
30 anni fa mi insegnava a programmare. Perchè questo fa di professione. Ancora oggi insegna a programmare.
Noi, le sue figlie, siamo cresciute tra pc e floppy disk, quelli grandi quasi quanto un tablet oggi, eppure siamo in grado di passere una giornata senza internet, semplicemente con un buon libro, in compagnia degli amici, facendo una passeggiata o visitando un museo.
Il fatto di averci cresciute dentro la tecnologia non le ha escluso di poterci insegnare ad ammirare un tramonto o a capire l’importanza di un sorriso o una carezza.
Non ci ha reso digitali, nel senso freddo della parola.
Quando ci criticano per l’uso della tecnologia non ribatto più, annuisco, sorrido e penso che non sia giusto privare i nostri figli di ciò che la nostra cultura ha creato, dal libro, al quadro, al tablet.
Privare le nuove generazioni della tecnologia che stiamo vivendo è come non dar loro la possibilità di leggere i grandi romanzi, di poter osservare i grandi capolavori della scultura, della pittura oppure non far loro ascoltare i grandi della musica.
Significa privarli di una parte importante del loro bagaglio culturale, oltre che privarli di una capacità cognitiva importante. La tecnologia, seppure alcuni la pensino diversamente, secondo me permette di mantenersi giovani mentalmente. Il solo fatto di dover continuamente imparare ad utilizzare nuovi applicativi o semplicemente di dover aggiornare quelli superati, ci permette di mantenere sempre attiva la parte del nostro cervello interessata dall’apprendimento. La chiamano formazione continua.
E allora perchè dovremmo lasciare che i nostri figli rimangano esclusi da quello che è il loro mondo, dove sono nati e nel quale cresceranno?
Oltre al fatto che non è assolutamente vero che essere nativi digitali esclude il saper utilizzare i giochi dei nostri nonni.
Quindi non credo di fare un danno alla Gnoma se le lascio usare il mio telefono quando siamo fuori casa e me lo chiede. Ma credo di doverle dare ogni possibile opzione per poter crescere sviluppando diverse capacità. Magari tra vent’anni odierà la tecnologia, e si ostinerà a scrivere sulla carta e con la stilografica (è successo a me!), ma questo per il momento non è un problema, e non lo sarà neppure tra vent’anni!
Magazine Maternità
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