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Nature morte (non morte): Francisco de Zurbaran

Creato il 14 gennaio 2014 da Artesplorando @artesplorando

Nature morte (non morte): Francisco de Zurbaran

Fancisco de Zurbaran, natura morta con limoni

Francisco de Zurbaran, generazione a metà fra Caravaggio e la Moillon, raggiunge risultati analoghi senza aver frequentato né l'uno né l'altro mondo. Ma va ricordato che la Spagna di allora, per quanto potente, per quanto sublimemente ancorata ai sogni contorti dell'Escorial dove Filippo II da vivo celebrava i propri funerali, ebbene quella Spagna lì aveva come città principali Anversa, Milano, Napoli, Palermo e Genova se non sotto controllo almeno sotto contratto per il trasporto dell'oro dalle terre nuove d'America. La cultura spagnola si formava già in maniera globalizzata. Ma ispanico è lo spagnolo, quindi incline alla ieratica esagerazione delle situazioni, mosso da una capacità realista che raggiungerà gli apici con Velazquez, Goya e Pablo Picasso. E in Zurbaran, nei suoi monaci esaltati, vedo già i saltimbanchi del periodo rosa di Picasso. Come nel bodegon, così si chiama la natura morta da quelle parti, vedo l'anticipazione di quelle che Pablo farà vedere a Georges Braques che ne farà buon commercio da salotto. Per ogni verso, Zurbaran è il primo che indagherà con attenzione maniacale la qualità della materia, la terracotta della tazzina, i piattini d'argento con i riflessi degli oggetti posati sopra, la canestra e quelle arance di allora che erano amarissime da mangiare e che talvolta convivono sugli aranci con i fiori che appaiono all'inizio dell'estate successiva alla loro maturazione.

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