Laos, viaggio in slow boat da Luang Prabang a Muang Khua lungo il fiume. Tante foto (4)
C’era una cosa che ancor prima di partire del Laos volevo fare: navigare sui fiumi. Mi è capitato raramente nei viaggi di avere questa possibilità e volevo coglierla, per tornare a spostarmi lentamente. Ci pensavo da quando avevo letto Fiume di sangue, di Tim Butcher, un viaggio lungo Congo, fra moto e piroga.
Le lunghe ore – sei, otto – stritolato in una barca, per più giorni, non mi spaventavano, così come non mi spaventava la possibilità di annoiarmi. Volevo del tempo per me, per riflettere, anche per non fare nulla mentre avrei assorbito il paesaggio nel suo pigro mutamento. “Da quanto tempo non mi annoio?” mi chiedevo mentre cercavo di pianificare il percorso, mi solleticava addirittura l’idea di assaporare il vuoto.
I racconti contrastanti che avevo trovato su internet, e che pure avevano fatto vacillare la mia determinazione (ne parlo in fondo), avevano avuto l’effetto di farmi fantasticare ancora di più sull’acqua del Mekong sul quale, poi, avrei navigato solo per pochi minuti perché avremmo invece solcato il Nam Ou, un suo affluente.
Lungo il Nam Ou (foto di Patrick Colgan, 2014)
Barche lungo il Nam Ou (foto di Patrick Colgan, 2014)
Navigare sul Nam Ou
Il nostro obiettivo era arrivare da Luang Prabang a Luang Namtha, nel nord ovest, un posto famoso per le giungle della riserva naturale di Nam Ha e per i trekking. Un tempo era possibile prendere la barca da Luang Prabang e dirigersi a nord lungo il fiume Nam Ou, ma non è più possibile. I cinesi stanno ‘colonizzando’ economicamente il Laos e una enorme diga in costruzione ha bloccato di fatto i trasporti. Quindi l’unico modo possibile ‘fai da te’ per navigare sul fiume è arrivare alla diga in auto e organizzare una barca privata oppure arrivare alla città più vicina (Nong Khiaw) in bus e prendere una barca, assieme comunque ad altri turisti. Decidiamo di affidarci a un’agenzia specializzata in ecoturismo, Green Discovery Laos, che propone un viaggio di tre giorni, un po’ costoso. Non è molto richiesto, lo fanno 2-3 volte l’anno, dicono, ma proprio nei giorni in cui vogliamo viaggiare ci sono quattro persone già prenotate e potremo dividere le spese.
Lungo il Nam Ou da Luang Prabang a Luang Namtha. In blu lo spostamento lungo il fiume. In roso lungo le strade
Il viaggio sul fiume
Con noi, a fine ottobre, ci sono una famiglia di canadesi che ha deciso di girare il mondo assieme per un anno (una cosa fantastica, pensiamo) e due pensionate inglesi in viaggio da giugno. La nostra guida è un ex monaco buddista (come molti laotiani, ma lui lo è stato per ben 15 anni) di etnia khmu. Alle volte i brevi viaggi organizzati permettono incontri straordinari e per questo ho imparato a non snobbarli in nome dell’indipendenza a tutti i costi.
La nostra barca (foto di Patrick Colgan, 2014)
La nostra barca è lunga e stretta e a malapena riusciamo a sederci in dieci persone. Spostarsi sul fiume è rilassante. Lentamente ci si abitua al leggero beccheggio della barca, al panorama che sembra avvolgerci sinuoso e che si srotola dalle anse come se fosse una pergamena. Ma questo rapimento non dura, viene continuamente rotto prima che si trasformi in noia dagli elementi che ne interrompono la monotonia. Il fiume non è vuoto, ma pieno di vita. Sullo stretto corso del Nam Ou (forse un terzo del Mekong) incrociamo barche di pescatori che vengono da chissà dove, bambini che ci guardano dal bordo della giungla, bufali che emergono appena dall’acqua. Veniamo seguiti da libellule e farfalle quando ci avviciniamo a riva. E poi ci sono montagne e pareti di roccia imponenti avvolti da spire di vegetazione. Mi attirano gli alberi di teak che spuntano dalla giungla, quella muraglia inquietante e scura, quel buio groviglio di liane e viticci dal quale poche piante riescono a distinguersi. Fra qualche giorno ci cammineremo e l’idea mi affascina e sgomenta allo stesso tempo.
Gli alberi della giungla laotiana (foto di Patrick Colgan, 2014)
Le montagne sul Nam Ou (foto di Patrick Colgan, 2014)
Montagne sul Nam Ou. Un po’ ricorda Apocalypse Now, è inevitabile (foto di Patrick Colgan, 2014)
Lungo il Nam Ou (foto di Patrick Colgan, 2014)
Lungo il Nam Ou, un ragazzo su una barca
(foto di Patrick Colgan, 2014)
Lungo il Nam Ou (foto di Patrick Colgan, 2014)
Poi la barca accosta su una spiaggia. In mezzo alla giungla c’è un villaggio di etnia khmu, uno dei tanti raggiungibili solo via fiume. La vita sulle palafitte tradizionali è semplice e povera. La gente ci guarda con curiosità, ma da una certa distanza, molti bambini sono divisi fra timore e curiosità, ci guardano da dietro i muretti. Non sono abituati a frequenti visite di occidentali. “La barca, in questo tratto, si ferma solo quattro o cinque volte all’anno”, spiega la guida. Forse è qualcuna di più, ma non tante, a giudicare dalla curiosità che suscitiamo e dalla distanza che viene mantenuta. Alcune ragazze quando ci vedono arrivare espongono splendide sete, vendute a prezzo irrisorio.
Villaggio lungo il Nam Ou n.b. ci sono foto di due villaggi diversi (foto di Patrick Colgan, 2014)
Il villaggio lungo il fiume (fto di Patrick Colgan, 2014)
Il villaggio lungo il fiume (foto di Patrick Colgan, 2014)
Il villaggio lungo il fiume. Peperoncini stesi a seccare (foto di Patrick Colgan, 2014)
Un’enorme farfalla piomba sul mio pranzo (foto di Patrick Colgan, 2014)
Riprendiamo la navigazione e, improvvisamente, dopo 4 ore sul fiume la quiete, la tranquillità si rompe il fiume sembra trasformarsi. Le barche si moltiplicano, così come le persone a riva, un brulichìo che ci risveglia e che appare stonato, diventa quasi fastidioso dopo tanta quiete. Vediamo pali della luce fra gli alberi, poi fumi, roghi di agricoltori forse, infine l’asfalto e camion, auto. Poco dopo scopriamo che il fiume è violato da un enorme e incongruo ponte che spunta dietro un’ansa: siamo a Nong Khiaw, il principale centro della zona. Qui arriva la strada e da qui molti viaggiatori si imbarcano per il breve viaggio di un’ora fino a Muang Ngoi, un villaggio minuscolo, ma diventato una sorta di mito fra i backpacker quando raggiungerlo era ancora difficile.
Nonostante il posto sia piccolo, poche case nella giungla, e raggiungibile solo via fiume, a Muang Ngoi ritroviamo alcuni piccoli comfort e ci sembra di essere improvvisamente tornati in una città: bungalow, guesthouse, un bar con vista sul fiume e il wi-fi. Ma nulla può riuscire a togliere magia a questo angolo di Nam Ou stretto fra cime frastagliate che si perdono in lontananza. Il fiume, la vegetazione, le barche ormeggiate, il sole che cala e un desiderio di… perdersi: Muang Ngoi per me è tutta qui. Credo di percepire cosa ha affascinato i viaggiatori venuti qui prima di me. Non è solo una sensazione, penso mentre cammino nel buio denso, profondo della notte sul fiume: qui sono davvero… lontano.
Il giorno dopo mi sveglio all’alba e guardo le nostre barche avvolte dalle nebbie base sul fiume. Hanno fagocitato gli splendidi profili delle montagne. Mancano ancora cinque ore di viaggio in slow boat fino a Muang Khua prima di tornare sulla strada. E so già che tutto questo mi mancherà moltissimo.
Muang Ngoi (foto di Patrick Colgan, 2014)
L’arrivo a Muang Khua (foto di Patrick Colgan, 2014)
Sui fiumi in Laos, da sapere
Pianificare il viaggio è stato complicato e anche per questo alla fine ci siamo arresi e affidati a un’agenzia. Il Laos è un Paese in trasformazione e le guide che abbiamo consultato (Routard, di qualche anno fa, e Lonely Planet 2011, la 2014 non l’abbiamo trovata) erano datate, così come molti dei post su internet, con informazioni ormai inutilizzabili. Anche il sito Travelfish, indispensabile per l’Asia, non è stato di grandissimo aiuto: il post sulle slow boat nel forum ha decine di commenti, spesso contrastanti e nessuno, fra l’altro, ha risposto alle mie domande.
Il problema è che le dighe in costruzione e l’irregolarità dei mezzi di trasporto, spesso vincolati alla presenza o meno di turisti e all’altezza dell’acqua, rendono tutto un po’ aleatorio e complicato per chi ha tempi stretti.
La slow boat sul Mekong
Ho scritto del Nam Ou, ma il percorso in fiume più frequentato è sicuramente quello sul Mekong, il grande fiume che attraversa il Laos e che bagna le sue città principali, Luang Prabang e Vientiane. Si va da Huai Xay, al confine Thailandese (vicino a Chiang Kong), a Luang Prabang, con sosta a metà strada a Pakbeng. A farci innamorare di questa idea era stato un post di The Wanderlust, ma subito avevamo trovato una serie di informazioni contraddittorie. La barca che parte ogni mattina era descritta come spesso strapiena e usata in massima parte da backpacker che fanno scorrere alcol a fiumi in un’atmosfera un po’ da ostello viaggiante, chiassosa, ma comunque divertente e utile per conoscere gente. Solo turisti però: i laotiani, così era scritto, sedevano per terra insieme alle merci sul fondo. Questo bastò a incrinare il mio sogno un po’ idilliaco. In più la barca non ferma più in centro a Luang Prabang, ma dieci chilometri prima, dove si viene trasbordati su cari tuk tuk. Sembra sia a causa di una diga – motivazione ufficiale – ma c’è chi sostiene che sia solo per far ‘lavorare’ i tassisti.
Gli altri post sul Laos:
- Vientiane, una mattina al Buddha park
- A Luang Prabang (una visione d’insieme e informazioni generali)
- La questua mattutina
su Persorsi (mia compagna di viaggio) – prime impressioni sul Laos