Magazine Maternità

Navigatore cellulare #2

Da Suster
Navigatore cellulare #2(continua da Navigatore cellulare #1)
Missione per me: raggiungere il mercatino dell'usato, che trovasi in zona industriale presso Livorno (solo 15 Km di distanza, dai: ce la posso fare!), trovare e comprare, e quindi caricare in auto, un lettino per la pupa, che oramai, alla soglia dei nove mesi, nello spazio della carrozzina di quando è nata ci entra proprio risicata risicata, al millimetro, e confesso anche che da un po', di fronte ai suoi rapidissimi progressi, vivo nel perenne terrore che un bel giorno riesca a mettersi a sedere da sola, aggrappandosi ai bordi di suddetta carrozzina, suo alloggio notturno, e gettarsi a terra di testa.
Ok, partiamo: l'indirizzo nel Navigatore Silvia l'ho inserito, e il percorso selezionato è quello facile. Devo anche tornare a un'ora decente, che mia madre è a casa con la pupa e alle 3 deve prendere il treno per tornare a Roma.
Passo però prima alle poste a ritirare un po' di contanti per concludere l'acquisto.
Silvia è già in azione e già inizia a starmi piuttosto sulle balle, perchè: "Tra 5 metri, entrare nella rotonda, poi prendere la seconda uscita. Entrare nella rotonda, poi prendere la seconda uscita. Uscita. Ricalcolo percorso. Appena possibile effettuare l'inversione a U".
Io ovviamente sto andando alle poste, e non considero i suoi continui richiami all'ordine. Della serie: ma dove minchia stai andando? Ti ho detto la seconda uscita, non la prima! E mo' perchè caspita di motivo giri a sinistra quando io ti ho detto a destra?
Insomma, ammiro tantissimo Silvia per il suo aplombe e la pazienza dimostrata nei miei riguardi, perché sistematicamente eseguo la manovra contraria a quella che lei mi suggerisce, ma senza scomporsi e senza sproloqui, lei si limita a rielaborare un nuovo percorso e a fornirmi nuove indicazioni, che io puntualmente ignoro. Alla fine sono io a perdere la pazienza, e a zittirla. Parcheggio, scendo, ritiro, rimonto e riparto. Riaccendo Silvia che ora, per dispetto, ci mette dieci minuti buoni per riconnettersi con il suo cervello fluttuante sopra di noi nell'orbita terrestre.
Nel frattempo mi dirigo all'imbocco dell'Aurelia, che fin qui ci so arrivare anche da sola.
Non appena lei torna tra noi, mi intima di svoltare al prossimo svincolo.
Ma come: di già? Silvia, attenta a te! Dove mi vuoi trascinare stavolta? Giurerei che non è di qua che si va. Ma comunque l'assecondo: non sia mai che lei sa di qualche deviazione temporanea del traffico che io invece ignoro, dal basso della mia intelligenza terrestre, e non satellitare.
Intanto fa un caldo boia e l'asfalto sembra fumare. Non riesco a capire se il semaforo è verde, rosso, o fuori uso. Il paesaggio ha una luce stranamente deprimente e grigia, che non coincide con il caldo che fa. Mi suonano da dietro. Ok: sollevo gli occhiali da sole e posso constatare che il semaforo è verde e che fuori c'è una luce che acceca. Scherzi del filtro UVA.
Ma perchè ci mettiamo così tanto ad arrivare? Questa strada non credo di averla mai fatta.
Va be' che non ho selezionato il percorso breve, ma da qui a farmi fare il giro panoramico dell'interland ce ne corre.
Tutte le mie domande trovano una risposta quando in lontananza intravedo un casello autostradale.
Oh porca miseria! NO! Ma questa idiota mi ha preso per la figlia dell'emiro del Dubai?
Poche cose riescono a farmi uscire di testa alla guida come la vista di un pedaggio autostradale.
Le altre sono: la vista di una volante o della polizia stradale, la presenza di una fila di auto chilometrica dietro di me mentre mi si è spenta la macchina e non riesco a farla ripartire.
Inizio a chiedermi se ho inserito il nome della città giusta nell'indirizzo o se per caso non ho digitato Livo, in provincia di Trento, o Livorno in provincia di Torino!
Intanto prendo il biglietto. Va be', dai, non saranno mica 15€ da pagare, mi dico cercando di non farmi prendere dal panico, come spesso accade quando ho a che fare con strade e senso dell'orientamento. Intanto però mi si è spenta la macchina e nello specchietto retrovisore vedo che un'altra mi si è attaccata al culo e per quanto io non riesca a vedere il volto del guidatore, mi sembra di essere in grado di leggergli nel pensiero, e in questo momento sta pensando: "Boia dé! (perchè è livornese) Ma tu guarda questa imbecille che riparte in terza!" E invece io ero in quarta. La gente deve sempre pensare male delle donne al volante!
Quindi metto in folle e, oramai nel pieno panico, dò una bella sgasata a vuoto, che quel maleducato di un livornese se ne ricorderà finché campa. Poi finalmente ingrano in una partenza da formula uno, tanto che Silvia mi fa subito presente: "Ha superato il limite di velocità". E che cavolo! Com'è possibile? Manco sono partita! Devo aver fatto gli 0-60 Km/h in tre secondi netti.
Ma comunque dopo circa 20 minuti arriviamo allo svincolo per Livorno-zona industriale. Peccato che, come ti sbagli? E' chiuso per lavori, e io sono costretta a contravvenire per l'ennesima volta alle indicazioni di Silvia che subito se ne accorge: "Ricalcolo percorso".
Speriamo che questa qui ora non mi faccia girare in tondo per 25 volte tentando disperatamente di farmi imboccare lo svincolo chiuso al traffico.
E invece no: sono stata ingiusta nel giudicare la capacità di adattamento di Silvia, che mi porta quasi subito fuori dall'autostrada e poi a destinazione, prima di proclamare, non senza una certa soddisfazione: "Tra 500 metri: arrivo. Arrivo!" ("Malgrado tu sia una capra e guidare te sia un'impresa da ciclopi, io ti ho portata comunque a destinazione, e me ne vanto". Questo lo pensa ma non lo dice. Non sarebbe professionale).
Insomma: ci ho messo appena un'ora, e ora é mezzogiorno e sudo come fosse Ferragosto.
Dei millecinquecento lettini visti con Hasuna la volta scorsa, col mio pancione da 8 mesi, ne rimangono oggi solo due. Uno è di un bianco triste e ha un materasso piuttosto bassino e con qualche puntolino di muffa. L'altro è un po' più colorato, ha un materasso di gran lunga migliore, completo di lenzuola, federa e cuscino, ma é decisamente in peggiori condizioni, e poi non ha le ruote ed è più basso, perciò, con l'esperienza mammesca che mi sono fatta negli ultimi 8 mesi quasi 9, preferisco optare per quello bianco-triste, perchè più alto salvaguarda le materne ossa lombari nell'impresa plurigiornaliera di piegarsi per mettere a letto una pupa dormiente.
Lasciamo stare l'impresa dello smontaggio e carico del lettino sull'Atos (il portabagagli era ancora carico della legna per le stufa, mai accesa quest'inverno). Dico solo che ci son volute tre menti e sei mani per riuscire nella faticosissima procedura, che alla fine ha comportato pure la rottura di una parte del lettino, che si è aperta a libro.
- Tira di qua.
- Sfiliamo questo, magari il pezzo viene via.
- Queste brucole sono troppo grosse: la vite si spana.
- E' già spanata non vedi? Ma questa è troppo piccola: gira a vuoto.
- E se girassimo il legno anzicchè la vite?
Appunto: il legno si è spaccato, e la signora era mortificata. Se non mi avesse già fatto un cospiquo sconto, credo che me l'avrebbe fatto a quel punto (il box l'ho preso praticamente grats).
Manco stessi tornando dall'acquisto del secolo, risalgo in macchina trionfante e grondante, fiera della mia abilità nel far stare tuto nel ridotto spazio della mia piccola utilitaria. A Tetris ero una campionessa!
Ritornando, mi permetto di ignorare Silvia, mentre il mio cervello vaga leggero per pensieri a catena.
Toh: un aereo. E mi ricordo le lezioni di aereodinamica spicciola impartitemi dal mio amico Riccardo, ora ingegnere aeronautico espatriato. "Davvero un aereo non può stare fermo?" "NO, perchè se no cadrebbe. Come quando dai un calcio a una palla: quella sale e poi a un certo punto scende. Non è che resta in aria ferma." "Capito: come Wile cojote".
Insomma, in men che non si dica mi ritrovo sul Lungarno, a Pisa. Devo aver inserito il pilota automatico, perchè non mi capacito di come ci sia arrivata.
E mentre Silvia ancora continua a suggerirmi di imboccare contromano uno degli innumerevoli vicoli che vi si affacciano, e continua instancabile a ricalcolare percorsi su percorsi, decido che è ora di salutarci: "Ah, tu ancora accesa sei?" Click!
Se non si chiama ingratitudine questa!
Scusa ma che razza di storia è? Una storia così. Una susterata. Una mattina senza la pupa.
Dite che avrei potuta impiegarla meglio?
Come il tempo impiegato a scrivere questi due post in fondo...

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :