E’Oklahoma City la squadra del momento nella NBA, con una percentuale di vittorie che sfiora l’80 % e un’innegabile leadership (riconfermata ad ogni match) nella Western Conference. Parziale di 9-1 tra vinte e perse nell’ultima decina di uscite del gruppo di coach Brooks (ancora candidato a coach dell’anno), fortemente supportato dalle auliche prestazioni delle trio Westbrook- Durant-Harden (tutti con almeno 30 punti nella sfida con i Suns).
Un Kevin Durant maturo (31 punti di media nella serie positiva) quello vistosi nella prima parte della regular season, dotato finalmente di buon discernimento nella selezione dei tiri da prendere ed in grado di coinvolgere tutti i compagni, spesso avvantaggiati in fase offensiva dalle morbose attenzioni riservate proprio al neo MVP di Orlando. Comincia a mostrarsi anche il talento sotto le plance, con Perkins ed Ibaka (18 punti e ben 20 rimbalzi contro Phoenix) a gestire un sempre maggior numero di palloni, facendo precipitare così la tensione e la pressione gravante soprattutto su Westbrook e Harden, privi della sicurezza al tiro dello stesso Durant.
Ad opporsi al panzer dell’Oklahoma, la Eastern Conference schiera in prima fila i Chicago Bulls di un ritrovato Derrick Rose, serio concorrente del secondo miglior realizzatore della lega alla corsa di MVP della stagione regolare (da prendere in considerazione anche il "Prescelto"). Compagine della città del vento finalmente sana e ricostituita, dopo i fondamentali rientri dell’inglese Luol Deng (ago della bilancia dei Bulls) e dello stesso Rose, il Deus ex-machina della serie positiva di Chicago (altro 9-1 il rapporto vinte-perse). Salgono i mormorii che predicono una maxi-trade che porterebbe Dwight Howard a Chicago (sebbene forti siano i segnali dello stesso Superman, voglioso di raggiungere Bryant nella Città degli Angeli) in cambio di Noah e Boozer, trade smentita dai dirigenti dei Bulls, in ogni caso. Situazione da valutare attentamente, poiché lo stesso Thibadeau non desidera alla sua corte una superstar poi possibile causa di uno sfaldamento della chimica di gruppo ottenuto con tempo e fatica ( come accade a New York con l’arrivo di Anthony e la partenza di 3/5 del quintetto titolare).
Frenata Miami nella settimana in corso, con gli Heats di Spoelstra in grave difficoltà contro Utah e Los Angeles per via della pesante assenza per motivi familiari di Chris Bosh. Pitturato sguarnito, dunque, con LeBron James spesso costretto a giocare da 4 per non tenere in campo un Haslem poco rassicurante, colpevole di aver sbagliato il tiro decisivo contro i Jazz e mai presentatosi nella sfida con i Lakers. Malgrado questa momentanea parentesi “On the Road”, Miami ha presto ricominciato a dominare nella Eastern, entro i confini della sicura American Airlines Arena. Nonostante la crisi rientrata, l’assenza di Bosh ha mostrato (com’era facilmente prevedibile) quanto debole e ristretta sia la rotazione della squadra nel settore lunghi, con Joel Anthony in gravi difficoltà in fase offensiva e Pittman troppo basso per reggere l’urto di giocatori del calibro di Gasol e Bynum. Si auspica nell’arrivo di un centro di talento che attiri a sé lo sguardo dei difensori avversari, in una possibile trade con Haslem e Chalmers coinvolti.
Denver sorride per il rientro di Danilo Gallinari, fuori per un mese dopo problemi fisici. Ritorno dell’italiano tra luci e ombre, poiché “il Gallo” non è ancora in grado di fornire le prestazioni cestistiche da leader che la compagine del Colorado si aspetta da lui. Difficoltoso il suo inserimento anche per il contemperano inserimento del brasiliano Nenè, infortunatosi anch’egli e rimasto fuori squadra per lo stesso numero di partite dell’italiano. A coach Karl ora il gravoso compito di ristabilire le gerarchie in campo, con l’aggravante della tempistica, poiché i Nuggets non possono più concedere vittorie sul proprio parquet (facile preda degli avversari) con i giovani Timberwolves di Kevin Love, Utah e Portland frementi alle loro spalle.
Ottima la settimana di Marco Belinelli almeno dal punto di vista della gratificazione personale, poiché l’ex-Fortitudo ha ricominciato a colpire i canestri avversari con il cinismo che gli appartiene, facilitato enormemente dalla solida presenza in campo di Chris Kaman (il centro che Miami sogna di vedere nel proprio pitturato) e dalle ritrovate ottime prestazioni di Trevor Ariza, colui il quale avrebbe dovuto ormai da tempo acquisire la leadership di New Orleans, dopo l’addio di West e Paul. Se i risultati faticano ad arrivare (3 vittorie soltanto nelle ultime 10 partite), ci si può consolare con l’enorme incremento del livello di gioco del gruppo di Monty Williams, ora da considerare arduo sfidante della maggior parte delle compagini in giro per la lega.
Si attende ancora il rientro di Andrea Bargnani sul parquet dei Raptors, i quali, dopo un lungo periodo di sbandamento puntellato di sconfitte sia interne che esterne, sembrano aver recuperato una parvenza di equilibrio sul campo, con l’aumento di minutaggio a giocatori quali Amir Johnson e Linas Kleiza. Ci si augura che il centro italiano possa avere un pronto recupero ed un immediato ed efficace rientro, poiché l’ottavo posto nella Eastern Conference sembra ad oggi molto distante dalla compagine canadese, malgrado risulti occupato dai New York Knicks di Jeremy Lin, disastrati come da copione dal rientro di Melo Anthony (malgrado i punti realizzati).
Filippo Caiuli