Non più infiltrazioni, ma radici sempre più profonde: la ‘ndrangheta al Nord non si arresta e mantiene i suoi tratti tipici, ossia omertà e fedeltà assoluta. Un’organizzazione arcaica, ma anche moderna e capace di adattarsi al mondo degli affari: dalle estorsioni contro gli imprenditori, alla vendita di armi clandestine. Sono 40 le richieste di arresto (tre ai domiciliari, c’e’ anche un minorenne indagato) scattate su ordine della Dda di Milano che ha visto la sinergia delle procure di Lecco, Como e Reggio Calabria. Boccassini: “E’ la prima volta che il rito viene visto direttamente e non ascoltato dal racconto dei boss”.
Il video pubblicato dal canale Youtube del QuotidianoILTempo
Le radici profonde della ‘ndrangheta in Lombardia, tra Como e Lecco. Un’indagine iniziata a fine 2012 e capace di ricostruite la mappe delle “locali” tra Como e Lecco: Antonino Mercurio detto “Pizzicaferro” e Antonio Mandaglio detto “Occhiazzi” vengono considerati capo locale e capo società a Calolziocorte, a Cermenate ai vertici ci sarebbero Giuseppe Pugliesi detto “Melangiana” e Raffaele Bruzzese detto “Gazzosa”, a Fino Mornasco il presunto “capo locale” è Michelangelo Chindamo. Cognomi che rimandano a passate operazioni, a liturgie identiche da sempre: ”dal 1800 a oggi la ‘ndrangheta è stata sempre quella”, dice il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini.
“In diretta” i carabinieri del Ros hanno filmato il giuramento più alto della ‘ndrangheta: il 12 aprile e 31 maggio scorso all’interno di un casolare rurale nel comune di Castello di Brianza (Lecco) “per la prima volta – spiega la Boccassini – il giuramento lo sentiamo dalla voce dei mafiosi e attenzione, non siamo a Reggio Calabria, ma nella ridente provincia del Nord”. Nelle zone del Comasco e del Lecchese “sono state individuate una serie di cosiddette ‘mangiate’ (gli incontri tra affiliati, ndr), dove sono state conferite cariche e doti. Alcuni di questi summit della ‘ndrangheta al Nord sono stati fatti alla presenza del capo della locale di Giffone”.
Un legame che lega gli arresti di oggi a quelli scattati per la “Notte di San Vito” fino alla più recente operazione “Infinito”. “La musica può cambiare ma per il resto.. siamo sempre noi…noi non possiamo mai cambiare”, dice uno degli arrestati in un’intercettazione. L’immobilismo della ‘ndrangheta è un “fenomeno – scrive il gip di Milano Simone Luerti nelle 875 pagine dell’ordinanza – che costringe investigatori e magistratura a tornare sugli stessi passi e negli stessi luoghi in cui più volte e con notevoli risultati si è operato il contrasto alla ‘ndrangheta calabrese, da decenni oramai infiltrata ed anzi radicata in Lombardia”.
Il modus operandi della ‘ndrangheta, “aiutato” dall’omertà degli imprenditori. Affiliati capaci col classico schema protezione-estorsione di indurre decine di imprenditori al silenzio, quaderni con indicazioni precise per scrivere lettere minatorie, regole e comportamenti mafiosi che si tramandano di padre in figlio con una liturgia complessa per arrivare a scalare il vertice dell’organizzazione che diventa sempre più transnazionale (gli arrestati devono rispondere di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi con l’aggravante di essere stati compiuti oltre che in Italia anche in Svizzera).
L’anti Stato ha formule consolidate nelle liturgie di affiliazione. Nel giuramento si ricordano alcuni dei padri dell’unità d’Italia (Garibaldi, Mazzini e La Marmora) ma si celebra l’abbandono della società a favore della famiglia della ‘ndrangheta – ‘da questo momento non vi guidano gli uomini vi giudicate da soli’ è parte della formula – dove si può uscire a una sola condizione: ingoiando veleno o con un colpo in canna – ‘Ne dovrete riservare sempre uno’ recita il giuramento. Un potere che fa anche cadere in errore: “ho in tasca un cellulare… è come avere in tasca un carabiniere…” dice uno degli arrestati che cade proprio nella rete della Boccassini, citata in uno dei discorsi telefonici intercettati. (ADNKRONOS)