Né in nome, né per conto

Creato il 12 gennaio 2011 da Malvino

Massimo D’Alema (Ottoemezzo) e Angela Finocchiaro (Ballarò) hanno posizione analoga sul referendum alla Fiat: voterebbero no, dicono, ma dipende dal fatto che non sono operai, sennò molto probabilmente, quasi certamente, voterebbero sì. È posizione saggia? Dipende da cosa debba intendersi per saggezza. Se infatti quello di Sergio Marchionne è un ricatto, e così pare sia per entrambi, da ricattati sarebbe saggio cedervi, altrimenti no. Il ricatto, insomma, sarebbe cosa odiosa, alla quale non cedere, potendo, ma invece sì, dovendo. È evidente che il problema non è il ricatto, se quello di Marchionne lo è, ma quello che separa il potere dal dovere.In tal senso la saggezza starebbe tutta nell’adeguare le proprie scelte in modo congruo alla forza della quale si dispone e allora il più saggio di tutti sarebbe Marchionne, tanto forte da poter imporre il limite oltre il quale sarebbe stolto non cedere: “Se vince il no, porto via la Fiat e rimanete senza lavoro: vi conviene?”. Non sarebbe saggio resistere al ricatto contro la propria convenienza e da operaio della Fiat conviene cedere al ricatto che da dirigente del Pd risulterebbe inaccettabile: “Voterei no, ma non sono un operaio della Fiat, e nei suoi panni voterei sì”.È l’ammissione di non avere alcun diritto di rappresentarlo. Ma D’Alema e Finocchiaro non sono sindacalisti, sono politici: da quando è saltata la cinghia di trasmissione tra Pci e Triplice – praticamente da quanto la Cgil ha perso l’egemonia nella Triplice – i postcomunisti D’Alema e Finocchiaro non rappresentano lavoratori, ma cittadini. Semplicemente non dovrebbero essere interpellati sulla questione o, se interpellati, non dovrebbero rispondere.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :