Neanche Matteo aveva chiuso occhio.
Il suo cuore ballerino lo aveva tenuto sul chi va là.
Si era alzato intorno alle due, rassegnato, e aveva preso il suo taccuino nuovo. Aveva inforcato gli occhiali per fissarlo, senza sosta, ne sentiva l’odore, forte, pungente, di carta nuova e il turbinio dei suoi pensieri faceva da cornice muta. Lo aveva acquistato in un Autogrill, mentre raggiungeva la locanda in auto.
Era come se avvertisse che l’incontro con Matilde avrebbe scatenato in lui l’urgenza di scrivere.
E lui aveva bisogno di carta e penna per buttare giù le idee e in modo da non lasciarsele scappare.
Si alzò dal letto, rabbrividendo per lo sbalzo termico e andò in bagno. Dopo essersi liberato, aveva decisamente bevuto troppo, lavò automaticamente le mani, giocando con l’acqua piacevolmente calda. Con la coda dell’occhio osservò le spalle, leggermente ricurve, scendendo fino al ventre, non troppo pronunciato, nonostante gli anni, e si sorprese a pensare che forse si sarebbe sentito in imbarazzo a mostrarsi nudo a Matilde.
Che sciocco, pensò.
Non sarebbe successo.
C’era tanto di quel disagio tra loro due che, difficilmente, sarebbero potuti andare oltre un abbraccio di cortesia.
Spense la luce del bagno e tornò a letto.
Si sedette e prese in mano il taccuino.
Provò a buttare giù degli appunti, senza una logica:
Lei era una donna estremamente fragile, per quanto facesse di tutto per dimostrare il contrario, dalla bellezza atipica, occhi verdi e naso minuto, capelli rossi, riccioli indocili, pelle trasparente, ma la sua vera bellezza si manifestava tutta nei movimenti. Movimenti soffocati sebbene femminili, leggeri e impalpabili, per non lasciare tracce.
Lui ne aveva sempre amato, sin dall’inizio, il suo modo di fare, il suo volere essere sempre defilata, mai al centro dell’attenzione. Era bella, sì, di una bellezza calma e rassicurante, non amava le note stonate, le parole in eccesso, la volgarità, si muoveva con esitazione, in maniera lieve, quasi impercettibile. I suoi occhi erano sempre indecifrabili, non si capiva mai dove fosse. Anche se pensavi di averla con te, non c’era mai.
Si diceva di lei che era semplice amarla, anche se era volubile, instabile, insofferente, inquieta.
Amava l’amore, poteva parlartene per ore, ma non ne conosceva l’essenza.
Quella donna gli aveva rubato la mente, senza saperlo.
Lui aspettava la notte per abbandonarsi al sogno di mondi mai visti, parole mai pronunciate, abbracci mai ricevuti. Giocava con le ombre, immaginando il viso di lei avvicinarsi al suo e si lasciava cadere in sonni smaniosi.
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