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Nebbia

Da Nuvolesparsetraledita

Nebbia

Notte, notte oscura: non vi sono le stelle, non brilla la luna. E’ la nebbia che pervade le strade e si insinua nei portoni, scivola strisciando tra le fessure degli infissi, si allarga agli angoli delle strade, bussa ai comignoli senza fumo di un novembre cupo. Notte, silenzio quasi assoluto: attutiti i rumori delle auto, qualche raro suono di passi sul selciato, l’abbaiare di un cane, una porta che sbatte.

Assenza.

Silenzio.

Nessuno per via; pioggerella lieve  che penetra nelle ossa, impregna l’asfalto, imbruma le ultime foglie, i tronchi degli alberi. Domattina gronderanno i tetti, desolati, ed i solchi con l’erba secca – abbandonati dall’ultima vita rimasta prima dell’inverno – segneranno un cammino impastato di fanghiglia e loglio. Buio: sembra deserto il mondo, smorzato ed ovattato, celato agli occhi di chi ancora si trova per strada, desolato.

Un’ultima luce si spegne …

… o forse la nebbia si è fatta più fitta.

Silenzio.

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NEBBIA

Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli,
d’aeree frane!

Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valerïane.

Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che danno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane
Che vogliono ch’ami e che vada!
Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…

Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.

Giovanni Pascoli


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