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Nebraska – mini review

Creato il 28 febbraio 2014 da Nadia Strawberrie @river_inthesky

“Ha l’Alzheimer suo padre?”

“No, crede a quello che gli dice la gente…”

“Non è un bene.”

“Già.”

Sogno e disillusione, viaggio on the road che segna letteralmente la via ad una ricerca di radici e di un affetto filiale latente ma non per questo dimenticato: tutto questo è Nebraska, l’ultimo lavoro di Alexander Payne, plurinominato in questa strana stagione degli Oscar.

La trama è semplice, quasi essenziale, un assurdo (e per questo fin troppo verosimile) viaggio in bianco e nero alla scoperta di un tessuto antropologico che pareva seppellito nei meandri di un passato remoto, un ritratto crepuscolare di gente comune e di una quotidianità dissacrata e dissacrante.

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Payne non si fa problemi a sbatterci in faccia la realtà e a prenderla in giro con fare quasi goffo e politicamente scorretto – attraverso la vibrante Kate Grant di June Squibb sopra tutti, mentre Bruce Dern interpreta un protagonista dal sorriso amaro e solcato dal segno del rimpianto, non più in cerca di grandi sogni e speranze ma bisognoso di una piccolissima, minuscola rivalsa sulla triste vita che sta tramontando – bellissima e commovente la scena in cui ritorna trionfante nella piccola cittadina alla guida del suo furgone…

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Inaspettatamente coinvolgente, Nebraska riesce a catturare uno spettro di emozioni vastissimo, lasciandoci sul palato un sottile sentore di malinconia e tristezza davvero difficili da scacciare via…

Nebraska


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