Sono sempre di più i lettori forti che si rifugiano tra le comodità di un e-reader con dizionario incorporato e la lettura dei testi in originale. Ma spesso chi parla delle proprie letture anglosassoni, magari fumando una pipa per catalizzare l’invidia dei presenti, finisce – chissà perché – per passare per snob, attirando l’antipatia collettiva e le macumbe di chi in inglese aveva il sei politico e management lo ha sempre pronunciato ostinatamente manàgement. Ma molto spesso è questo l’unico modo di leggere romanzi del genere che si preferisce. E allora un dubbio mi assale. Perché parlare – come sto per fare – di romanzi che forse non verranno mai pubblicati in Italia? Be’, per cominciare, perché si vorrebbe che simili romanzi venissero pubblicati in italiano e che tutti potessero leggeri. Considerato che il 70% di ciò che viene pubblicato va al macero, non sarebbe certo una sfida titanica stampare meno copie di Twilight per dare spazio all’ultimo romanzo oltreoceano, magari in lizza per l’Hugo o il Nebula. Si da il caso che proprio in questi giorni si decida a chi assegnare il prestigioso Nebula Award, che ha tra i vincitori più noti American Gods di Neil Gaiman, Dune di Frank Herbert, Ringworld di Larry Niven e Ender’s Game di Orson Scott Card. Il premio viene assegnato tutti gli anni al miglior romanzo, di fantasy o fantascienza, pubblicato nell’anno precedente sul mercato americano. Tuttavia, proprio come agli Oscar, non mancano premi per le altre categorie. Tra i candidati nella sezione per la miglior sceneggiatura, intitolata a Ray Bradbury (Award for Outstanding Dramatic Presentation), anche The Avengers ,The Cabin in the Woods, The Hunger Games, John Carter e Looper.
La vincitrice della sezione romanzo dell’anno scorso, Jo Walton (esatto, nonostante il nome è una donna), ha ottenuto il premio con una sorta di Harry Potter al contrario. Che ovviamente non esiste nelle librerie italiane, ma è stato definito “una meraviglia e una gioia” dal New York Times e tanto ci basta per volerlo in italiano.
Ma veniamo ai romanzi in corsa quest’anno – per l’elenco completo consultate questo link – meritano un po’ di attenzione almeno Throne of the Crescent Moon di Saladin Ahmed:
Il Regno della Luna Crescente, sede di djenn e ghuls, guerrieri santi ed eretici, è nel pieno di una lotta di potere tra il pugno di ferro del Califfo e il ladro misterioso conosciuto come il principe Falco. In mezzo a questa ribellione crescente una serie di brutali omicidi soprannaturali colpisce al cuore il Regno. Ma queste uccisioni sono solo i primi segni di un complotto per il Trono della Luna Crescente che minaccia di trasformare la grande città di Dhamsawwaat, e il mondo stesso, in un rovina di sangue.
Tra gli astri nascenti della fantasy in corsa per il premio, brilla anche The Killing Moon, che non è solo il titolo della canzone degli Echo & Bunnymen, ma un interessante romanzo dell’autrice N.K. Jemisin:
Nella antica città-stato di Gujaareh, la pace è l’unica legge. Sui suoi tetti e tra le ombre delle sue strade lastricate attendono I Raccoglitori – i custodi della pace. Sacerdoti della dea del Sogno, il loro compito è quello di raccogliere la magia della mente addormentata e usarlo per guarire, lenire. . . e uccidere quelli giudicati corrotti. Ma quando una cospirazione fiorisce all’interno del grande tempio di Gujaareh, Ehiru – il più famoso dei Raccoglitori della città – deve mettere in discussione tutto quello che sa. Qualcuno, o qualcosa, sta uccidendo sognatori nel nome della dea , cacciando le sue prende sia nei vicoli di Gujaareh che nel regno dei sogni. Ehiru ora deve proteggere la donna che è stato mandato a uccidere – o guardare la città mentre viene divorata dalla guerra e dalla magia proibita.
Entrambi i romanzi, sulla cui vittoria punto tutto ciò che mi è rimasto dopo aver scommesso sull’elezione di un papa nero, affrontano tematiche che vanno oltre la letteratura fantastica, come il conflitto culturale e l’oppressione delle minoranze. Sarà forse che entrambi gli autori sono statunitensi e fanno parte di minoranze etniche? Io davvero non riesco ad immaginare qualcosa di simile accadere in Italia. Forse gli editori dovrebbero smetterla di cercare il prossimo autore di fantasy tra gli studenti di liceo e cominciare a farlo tra gli immigrati di seconda generazione. Va bene, lo ammetto. Sto esagerando con l’ottimismo. È già tanto che in Italia si pubblichi il nuovo romanzo fantasy (per bambini) della Parodi, quando per i più fortunati anglofoni è disponibile il libro di ricette di cucina di Martin ispirato ai piatti presenti nelle Cronache (uno dei pochi casi in cui sono felice non si traduca).
C’è da augurarsi che in futuro il genere possa avere più spazio. Abbiamo visto, proprio in questi giorni, come ci siano autori pronti a dare una nuova dimensione alla letteratura fantastica. Cari editori, nel frattempo, perché non cominciare a rendere disponibili libri interessanti come quelli di cui abbiamo parlato anche a chi non vuole rinunciare a leggere in italiano?
[Articolo pubblicato su Finzioni]
You just finished reading Nebula Awards, ovvero i libri che in italiano proprio mai! Consider leaving a comment!