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Negli Anni - Capitolo VIII - Macchine

Creato il 03 giugno 2011 da Laperonza
Negli Anni - Capitolo VIII - Macchine 

Di macchine ce n'erano davvero poche. Potevo girarmi tutto il paese con la mia bici rossa con rischi di essere investito davvero minimi. Oggi quando mio figlio esce con la sua tremo. Il centro storico è sempre stato angusto, specie per le macchine, ma quelle del tempo erano più piccoline di quelle odierne per cui ci giravano tranquillamente e, soprattutto, venivano parcheggiate in ogni angolo, sia perché, appunto, piccole e quindi di poco ingombro, sia perché tanto non passava nessuno, o quasi.

   In via Garibaldi era fissa la 850 di Gianmario, mi pare fosse celeste, appoggiata all'angolo con le scalette. Più su, davanti la fontanella,  c'era l'Ape di Peppe de Vischeretto. Nessuno ha saputo mai perché, probabilmente gli aveva fatto qualche torto e se l'era segnato, ma il mio cane Tippi ce l'aveva con Peppe a tal punto che ne sentiva il motore dell'Ape quando ancora stava a Porta Spina e dava di matto di brutto, tanto che noi, a casa, dicevamo: "Ecco Peppe che ‘rvene".

   Sotto l'ospedale vecchio di solito c'era parcheggiata la 127 beige di Peppe Tarabelli. Stava più o meno sempre lì, perché Peppe lavorava sotto casa e non la prendeva quasi mai. Noi giocavamo prevalentemente in quello spiazzo per cui il pallone stava incastrato fisso sotto la marmitta della 127 esattamente come dice Samuele Bersani in Che Vita.

Mi ricordo vaghissimamente anche l'ambulanza dell'ospedale, quando ancora l'ospedale stava ancora nel centro storico. Il garage era la porta larga sotto le scalette del ricovero dei vecchi, porta che dava nei sotterranei del palazzo. Così nel giro di pochi metri c'era l'ambulanza,  l'ospizio e la camera mortuaria: servizio completo.

Poi c'era la 500 di Ivetto Manzetti in via Palestro, posteggiata al fianco della porta di casa, proprio di fronte a quella della bottega di Nonno Peppe. Mi era stato regalato un gatto, piccolissimo, appena svezzato. Naturalmente lo chiamai Fufino, che altro? Questo gatto idiota si mise a dormire sotto la ruota posteriore della 500 di Ivo che non se ne accorse, partì e lo schiacciò. Povero nonno non fece in tempo a pulire la strada prima che me ne accorgessi: immaginate che tragedia, avevo sei o sette anni. Ivetto non si diede pace per settimane.

La misura di quanto fossero piccole le macchine sta nel fatto che Enea Di Rosa passava di lì tutti i giorni con la sua A112 grigio metallizzato e non c'era necessità di spostare la 500. Ora, chi non ha mai visto via Palestro non sa che sarà larga tre metri al massimo. La 112 di Enea la ricordo molto bene perché un giorno che era a casa sua a giocare con il figlio Francesco, entrando nel garage mi passò su un piede, senza danni, ma dalla fifa quasi svenni.

Mitica era la Giardinetta di Alfredo Torresi (Meletta). Già allora aveva i suoi anni ma la teneva linda e lucida come fosse nuova. Credo di non aver mai conosciuto una persona precisa come Alfredo.

Per il resto erano tutte 500, 127, 850, A112, qualche Mini, la 128 di ‘Ngiulì Ripani, l'ape dello sformatore alla sponda della quale ci attaccavamo in corsa vai a capire perché. C'era una Lambretta fissa sotto la torre dell'ospedale, bianca mi pare, ma non ricordo di chi fosse, forse Severino.

Poche macchine in realtà e tanta gente. Il contrario di oggi.

 


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