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Negro Amaro

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negramaro

La varietà


Il Negro Amaro è un vitigno a bacca rossa originario della Puglia, che vede nel Salento la zona di maggiore coltivazione pur avendo anche buone estensioni nel resto della regione. La sua origine è molto antica e si deve far risalire con molta probabilità alla stessa della maggior parte delle altre uve rosse del sud Italia: la colonizzazione greca che ebbe luogo a partire dal XVIII secolo avanti Cristo in tutta la penisola, in particolare nel Meridione. Per estensioni e qualità è il vitigno più considerato con il primitivo di tutta la regione, e con l'Aglianico e il Nero d'Avola rappresenta una delle uve migliori di tutto il Meridione. Quasi certamente il primo nucleo di coltivazioni fu ubicato sulla costa pugliese dello Ionio, dove attualmente è ancora diffuso. Da questa zona le coltivazioni si estesero velocemente nel Salento, nel Brindisino e nel Tarantino. Nonostante la sua presenza già in epoca antica, il vitigno fu descritto solo nell'Ottocento, quando un parassita che stava danneggiando fortemente i vitigni venne segnalato da Achille Bruni a Apelle Dei, professore universitario. Era il 1872 e fu la prima descrizione scritta del vitigno sotto il nome di Negramaro. Il Negro Amaro, conosciuto anche come Negramaro, deve il suo nome alle sue caratteristiche principali, il colore quasi nero dei suoi vini e un retrogusto amarognolo. Gli etimologi infatti, anche non sono riusciti a stabilire l'esatta origine del termine, sono concordi con due ipotesi. La prima vede il nome composto dal termine latino niger e quella greca mavros, poi corrotto in dialetto nel termine maru, in salentino significante nero. Qui si descrive la colorazione delle bacche. L'altra ipotesi invece coinvolge direttamente il dialetto salentino niuri maru, che invece descrive il gusto amarognolo delle chiusure al palato. Altri sinonimi utilizzati sono il Nero Leccese, l'Uva Cane, il Nicra Amaro, l'Abruzzese, lo Jonico, l'Arbese e il Mangiaverde. I suoi vitigni sono molto estesi, tanto da essere al sesto posto per terreni coltivati nella penisola, contando su ben 32 mila ettari vitati.

Il Negro Amaro ha grappoli di media grandezza di forma conica, con densità serrate, di corte dimensioni e senza ali. Gli acini sono grandi, molto pruinosi e dalle spesse bucce nere con venature violette. Di forma ovale, le bacche sono molto coriacee. La produttività è molto elevata e deve essere limitata con potature drastiche e sistemi d'allevamento adatti, poco espansi. Si procede quindi a coltivarlo con l'alberello per le vinificazioni di qualità, mentre per le grandi quantità si utilizza il tradizionale tendone pugliese. Il sistema dall'allevamento viene scelto in base alla disponibilità di acqua, notoriamente scarsa nella regione, e a volte si rende necessario il ricorso alla controspalliera. Il vitigno segnala una sensibilità piuttosto forte alla botrite e alla tignola, ma anche una buona resistenza alle altre avversità, in particolare allo oidio e alla peronospora. Ottimo il comportamento anche con le rare gelate primaverili nel sud Italia. La Puglia, con il suo clima molto asciutto e spesso siccitoso, risolve il problema delle muffe, mentre il calcare di cui è composto la maggioranza del suolo, sembra essere molto gradito al vitigno, che in questo terreno esalta le sue qualità. Per sopperire alla siccità il vitigno gradisce anche una buona presenza di argilla che riesce a trattenere l'acqua che scorre abbondante nel sottosuolo pugliese. La vendemmia viene effettuata tra settembre ed ottobre. Come successe per i vitigni calabresi, anche il Negro Amaro venne usato fino all'Ottocento per il taglio dei vini sia francesi che del nord Italia per fornire colore al merlot e al Cabernet Sauvignon. Questo in quanto nella regione pugliese vi era una scarsa consapevolezza delle potenzialità delle proprie uve, e i coltivatori erano più occupati in sicure forniture che in incerte vinificazioni e commercializzazioni dei propri prodotti, che li avrebbero impegnati in progetti a lungo termine. Il cambio di rotta si ebbe nel settembre del 1957, quando il nord Italia rinunciò all'utilizzo del Negro Amaro. Se inizialmente questo significò una drastica riduzione di quasi la metà degli ettari coltivati, in un secondo momento riportò i coltivatori alla necessità di un impegno maggiore per la vendita dei loro prodotti. Infatti, dopo essersi accontentati degli indennizzi derivanti dall'interruzione delle forniture verso il nord, questi dovettero affrontare la fine degli stessi e rimettere in moto il commercio del Negro Amaro, ma stavolta puntando sulla produzione propria di vino. In soccorso dei viticoltori vennero anche le denominazioni di origine che portarono qualità e, nel caso di questo vitigno, anche quantità, visto che si procedette ad un reimpianto di molti ettari. Il Negramaro oggi è un vitigno rinomato, che ha prestato il suo nome anche alla famosa rock band salentina salita alla ribalta del panorama musicale italiano.

I vini del Negroamaro


Il Negroamaro negli ultimi decenni viene sempre più spesso vinificato in purezza anche se resta un ottimo vitigno da taglio le altre uve, grazie alla sua capacita di essere vinificato anche nella tipologia passito e rosato. Il vitigno con cui viene tagliato più spesso è la Malvasia Nera, anche se non mancano assemblaggi con il Primitivo e altre uve nobili, anche se meno bisognose di apporto, quali il Sangiovese, il Montepulciano e il Bombino Nero. Ma la tendenza è quella di ritagliare un suo spazio proprio, con vinificazioni in purezza grazie al suo apporto colorante ma anche tannico, alcolico e aromatico. Fa parte del disciplinare della denominazione di origine Salice Salentino, in cui si può assemblare con il 15% di Malvasia Nera.

Il Negro Amaro in purezza fornisce colori molto densi, che sfumano al granato, mentre la gamma olfattiva è quella del vino di razza, con forte presenza di fiori scuri e frutti di bosco. In bocca il vino è ben presente, asciutto e con un tipico finale amarognolo. Nel Salice Salentino trova spazio anche una tipologia rosato dove emergono anche spezie di buona fattura mentre la frutta evolve sui profumi dei lamponi e del melograno, con i tocchi floreali si spostano sulle profumazioni della rosa speziata dalla cannella. Per gli appassionati è proprio la tipologia rosato a fornire la migliore qualità dal Negro Amaro, arrivando ad affermare anche che il vitigno offre attualmente i migliori vini rosé della penisola.

Il Negroamaro è inoltre presente nei disciplinari del Galatina DOC, dello Squinzano DOC, del Leverano DOC, dell'Alezio DOC, del Copertino DOC, del Matino e del Nardò DOC. Nella denominazione Squinzano l'assemblaggio con la Malvasia Nera o con il Sangiovese regala vini da invecchiare si pregio e rosati fragranti. Il Negroamaro viene tagliato con la Malvasia Nera nel Leverano, prima denominazione pugliese istituita, per la vinificazione di ottimi vini dai gusti particolarmente asciutti da abbinare a cacciagione e carni al forno. A Copertino invece il Negroamaro viene spesso vinificato in purezza, grazie ad un suolo particolarmente adatto alle sue caratteristiche che lo vede primeggiare rispetto ad altre produzioni. Anche nel Nardò e nel Galatina DOC il vitigno preferisce la purezza all'assemblaggio, in particolare nella tipologia rossa, mentre ad Alezio risulta di gran qualità il Rosato Alezio DOC, ottimo con i molluschi, i frutti di mare, i crostacei e il pesce, anche cucinato in zuppa. In generale comunque a tavola si accosta molto bene alla carne rossa e ai formaggi ben stagionati nella tipologia rossa, e viene servito anche con la selvaggina. Nella tipologia rosé invece si abbina bene con i prodotti ittici della zona ed i crostacei.

I produttori


negramaro
Buon Squinzano Rosso DOC da Vinicola Resta, con il Negramaro tagliato dal 5% di Malvasia Nera per un vino rubino brillante dove emergono complessi profumi con visciole, erbe aromatiche, tabacco e accenni balsamici. I tannini sono levigati in un palato morbido e fresco, con una bella vena sapida per abbinamenti con il coniglio alla cacciatora.

Vigne & Vini produce il buon Schiaccianoci Riserva, con il 15% di malvasia nera e un corredo aromatico dove sono presenti la violetta, le more, il pepe e il caffè. Palato glicerico e sapido, con un bel ritorno aromatico di frutta e una lunga persistenza, ideale per lo spezzatino di cinghiale.

Da Vetrere un sontuoso Tempio di Giano con il vitigno in purezza, con elegante e complesso naso alle fragoline di bosco, alla visciola e al rabarbaro, su un fondo speziato e piccante. In bocca è morbido e netto, in abbinamento con il canestrato delle Puglie.

Ottimo IGT vinificato da Vecchia Torre, nel Ardeide tagliato con il 20% di Primitivo e il 10% di Montepulciano. Qui si sentono profondi aromi di cacao, liquirizia e marmellate di bosco. Tannini pronunciati e una fresca spalla acida esaltano il palato con la zuppa di fagioli.

Da Valle dell'Asso un superbo Negramaro in purezza nel Piromáfo IGT, di ben 14,5% vol. Gran colore granata e olfatto incentrato su spezie e fiori, molto austero e deciso. Morbido e alcolico il palato fa sentire tutta la sua opulenza. Da provare con i piatti di cinghiale.

Di grande fattura anche il Masseria Maime IGT di Tormaresca, un Negroamaro al 100% con un bel colore rubino sfumato di porpora. Qui il naso pronuncia delicati profumi di frutti neri, sottobosco e tabacco, ma si evolve nelle complessità delle spezie e della liquirizia. Il palato esprime una grande potenza e una lunga persistenza, e va abbinato alla fondue bourguignonne.

Grandissimo Negramaro in purezza dalle Tenute di Al Bano Carrisi. Gran colore denso e scuro, complesso ed elegante al naso. Esprime note balsamiche e confettura di mirtillo, unite al tabacco e al cacao su un fondo di erbe aromatiche. Morbido e strutturato il palato, per un vino da accostare all'agnello al forno.


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