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NEI TRASPORTI LO SPRECO MAGGIORE RISIEDE NELL’INEFFICIENTE UTILIZZO DELLE RISORSE UMANE - I tagli alle corse ed agli sprechi sono solo una parte del problema
Creato il 23 settembre 2011 da Ciro_pastoreAziende e sindacati sanno bene, però, che la riduzione delle corse non è solo parzialmente risolutiva, visto che produce una riduzione dei costi decisamente inferiore alla riduzione delle corse. Ridurre le corse del 25% significa al massimo recuperare un 10/15% dei costi di personale; recupero, peraltro, ulteriormente vanificato da una riduzione dei ricavi prodotto dal taglio delle corse stesse. Il diradarsi delle corse, e la loro concentrazione nelle fasce di maggiore frequentazione, produce, peraltro, una serie di effetti perversi. La concitazione e gli inderogabili vincoli economici a cui sono sottoposte le attuali scelte aziendali, impedito di considerare che si producono due effetti inattesi che possono essere sintetizzati nella pericolosa disaffezione della clientela e nell’irrimediabile scollamento delle risorse umane rispetto alle scelte delle aziende.
È indubitabile che la clientela, fatta per la maggior parte di pendolari provenienti dalle zone periferiche della regione verso il capoluogo, trova nella riduzione delle corse, soprattutto nelle fasce mattutine e serali, un ostacolo insormontabile ad una ottimale fruizione del servizio di trasporto. È facilmente intuibile, infatti, che chi non può più usufruire delle corse cancellate sarà costretto, suo malgrado, a cambiare definitivamente il mezzo di trasporto, indirizzandosi su quello privato (auto, scooter, car pooling, ecc.). Anche il diradamento delle corse nelle fasce di minore utilizzo creerà un effetto perverso di disaffezione della clientela, perché un’ora tra una corsa e l’altra significa trasformare il viaggio verso Napoli in un’impresa, così complicata da suggerire di utilizzare un altro mezzo per raggiungerla.
Situazione più grave ed allarmante, invece, è quella riferita allo scollamento fra le legittime aspettative salariali e occupazionali dei lavoratori del settore e la visione recessiva che le aziende propongono, anzi tentano di imporre. Il ricatto insito in questa strategia è sostanzialmente di tipo vetero-padronale. In sintesi, si può descriverlo come un baratto fra occupazione garantita a fronte di una minore remunerazione individuale, soprattutto per certe categorie. C’è stato un repentino cambio di atteggiamento nei confronti del personale adetto alla concreta effettuazione del servizio di trasporto. Macchinisti, capitreno, capistazione DCO, finora categorie vezzeggiate e lusingate, si sono viste improvvisamente defraudate di quelli che ritenevano dei diritti salariali acquisiti. Decenni di manica larga nella programmazione delle turnazioni, avevano consentito una produttività individuale reale nettamente inferiore a quella teorica. Questa proliferazione dei turni ha prodotto un vertiginoso incremento occulto delle retribuzioni. Queste hanno raggiunto livelli ben superiori a quelli tabellari a causa della stabile integrazione derivante da copiose quantità di ore di straordinario, con relative indennità collegate. Si tratta di importi che, proprio per la natura fissa e continuativa, sono entrati a far parte integrante del reddito familiare e che sono difficilmente riconducibili alla normalità, visto che su essi in molti hanno costruito il loro personalissimo progetto di vita. Ecco perché, in altro mio precedente intervento, insistevo sulla necessità di provare a dare un’altra fisionomia alle retribuzioni. Suggerivo immodestamente, ad entrambe le parti (sindacati-aziende), di traslare parte di quella retribuzione accessoria sulla quella base, a fronte di un deciso incremento della produttività individuale e complessiva, anche con un maggiore e più coraggioso utilizzo della flessibilità sui turni.
Una possibile quadratura del cerchio potrebbe essere trovata su una piattaforma che veda ciascuna delle parti aperta ad una diversa stagione dell’utilizzo delle risorse umane, con un cambiamento epocale che il tempo della crisi richiede. Questa crisi del settore non è soltanto figlia della più generale crisi economica mondiale. Assistiamo, invece, ad una crisi dell’attuale sistema di offerta del servizio di trasporto pubblico che pare aver perso, così come è organizzato oggi, la sua decisiva funzione sociale.
A mutate esigenze complessive della domanda, non si può continuare a rispondere con immutata risposta sul fronte dell’offerta. Continuare, cioè, a ritenere il cliente una variabile secondaria nel processo organizzativo pare essere non solo obsoleto ma potenzialmente mortale. La mobilità del 21° secolo è diversa da quella dei primi decenni del secolo scorso. Resiste, tuttora, il modello centrato sull’esigenze della turnazione, un modello che ha determinato tutte le politiche dell’organizzazione del lavoro nelle aziende di trasporto. Le giuste e fondamentali conquiste dei lavoratori non possono a questo punto, però, diventare un boomerang. Difendere l’indifendibile, vorrebbe dire determinare la morte stessa di quelle conquiste che vanno tutelate mediante un realistico aggiustamento alle mutate condizioni generali.
Un sindacato moderno non può, e non deve, difendere ad oltranza i livelli retributivi, senza mettere sul piatto della bilancia un reale e consistente aumento della produttività. Un sindacato avveduto, invece, deve provare a mettere sul tavolo una proposta che contenga ampio spazio alla flessibilità ed all’aumento di produttività individuale, piuttosto che arroccarsi sulla difesa di diritti che finiscono poi per essere visti anche dai cittadini/clienti come insostenibili privilegi.
Appiattire la struttura organizzativa, spostare maggiori risorse umane sulla produzione e sulla flessibilità dell’offerta, significa tentare di far evolvere il servizio di trasporto insieme alle mutate esigenze della domanda. Solo un più stretto legame tra domanda ed offerta può, infatti, assicurare non solo l’agognata sopravvivenza, ma soprattutto l’augurabile sviluppo del settore. Il modello di riferimento deve essere per tutti – aziende, sindacati, classe politica – quanto è avvenuto negli ultimi 15 anni nel settore del trasporto aereo. Lì l’incremento dei viaggiatori è stato esponenziale, grazie soprattutto alla liberalizzazione spinta e alla nascita dei vettori low cost che hanno puntato tutto sulle risorse umane e sul loro utilizzo più flessibile. In questo processo di modernizzazione, restano fondamentali, infatti, le risorse umane che sono pur sempre il fulcro delle aziende di servizio. Un capitale umano su cui devono essere investite risorse e che merita di essere impiegato come perno fondamentale delle strutture organizzative, abbandonando la vecchia logica che le vede quasi come semplici strumenti meccanici nel processo di costruzione del servizio.
La realtà , invece, ci consegna il frustrante e desolante quadro di trattative sindacali ancora colpevolmente orientate a difendere quel turno o quell’indennità specifica. Si comprende la necessità di venir incontro alle richieste concrete dei lavoratori, ma una simile banalità sulle rivendicazioni rischia di diventare strumentale al disegno padronale che preferisce questo miope livello delle trattative perché allontana il dibattito dalle più serie e reali valutazioni di ordine strutturale.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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