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Nekozamurai (猫侍, Samurai Cat). Regia: Yamaguchi Yoshitaka. Soggetto: dall’omonimo drama televisivo. Sceneggiatura: Nakamori Yuji, Yamaguchi Yoshitaka. Fotografia: Komatsubara Shigeru. Interpreti: Kitamura Kazuki, Renbutsu Misako, Terawaki Yasufumi, Tsuda Kanji, Yokoyama Megumi. Produttore: Nakamori Yuji.Durata: 100’. Uscita in Giappone: 1 marzo 2014.
Link: Trailer
Punteggio ★★
Due famiglie sono in lotta in una zona di Edo. La famiglia Aikawa ha come animale amato Tamanojo, una magnifica gatta bianca, la famiglia Yonezawa un cane. Decenni prima il gatto di una famiglia aveva graffiato il cane dell’altra. Un giorno, in una sala da gioco, compare Kyutaro, un famoso maestro di spada del feudo di Kaga (oggi più o meno la prefettura di Ishikawa) che per l’onta di non aver saputo assistere (cioè tagliare la testa) il suo signore nel momento in cui questi aveva proceduto al suicidio rituale, aveva abbandonato le armi e la famiglia e si era recato a Edo. Kyutaro accetta ma al momento buono non trova il coraggio di uccidere la gatta e la porta con sé.
Inizia così una buffa convivenza tra il burbero uomo d’arme e la gata capricciosa. Nel frattempo, in seguito a una colluttazione che impegna il guardiano del cane, anche il cane della famiglia Yonezawa sparisce. Kyutaro si trova così sempre più invischiato suo malgrado in una girandola crescente di odi e furori che porteranno all’incontro-scontro finale in cui le due parti dovranno scambiarsi i rispettivi animali nel frattempo ritrovati.
Il cinema giapponese abbonda di film demenziali come molte altre cinematografie ma, a differenza di queste, ha la prerogativa di affrontare con impegno e serietà le tematiche più strampalate senza scomporsi minimamente. È il caso di questo film tratto da un drama televisivo del 2013 che, proprio per trovare un complimento, si potrebbe dire rielabora in maniera bizzarra lo spunto di Yōjinbō.
La parte iniziale, corredata dai pensieri ad alta voce del samurai che si dice che i suoi vari interlocutori sono dei deficienti e da qualche espressione simpatica della gatta, è abbastanza gustosa. Il bel gioco dura però poco e dopo una certa stagnazione, gli avvenimenti si susseguono nella più totale gratuità. Nonostante l’assurdità della storia, viene evidenziata a tinte forti ma nell'accezione più retorica la centralità della famiglia. Il samurai protegge il gatto perché è l’unica sua famiglia e quando tutto sarà finito, troverà il coraggio per tornare a casa e riunirsi con la moglie e la figlioletta.
A cominciare dal protagonista, molti attori sono quelli della versione televisiva, così come il regista Yamaguchi Yoshitaka – assistente alla regia di Miike Takashi per Kamisama no pazuru (God’s Puzzle, 2008), Yatterman (2009) e Zebraman 2 (2010) – che a quanto pare non sembra essersi sforzato molto nel passaggio dal piccolo al grande schermo.[Franco Picollo]
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