Tutti noi abbiamo dei segreti. Un luogo (mentale) dove nascondiamo le nostre verità, le nostre certezze, le nostre speranze: un luogo in cui non facciamo entrare nessuno, nemmeno le persone più care. E' il nostro giardino segreto, la base della nostra libertà e indipendenza. Anche come fotografi abbiamo il nostro angolo buio, in cui nascondiamo il nocciolo attivo della nostra creatività, della nostra arte e capacità espressiva. E' sempre stato così, se ci pensiamo bene. Ogni essere umano, e a maggior ragione ogni artista, grazie alle esperienze (e direi grazie a continui esperimenti), mette via un bagaglio di tecniche, capacità e piccoli trucchi fondamentali per la vita quotidiana, il lavoro, le relazioni sociali, lo sport, o quant'altro. Raramente queste "scoperte" vengono condivise. Sono il frutto di mesi di lavoro e fatica, di anni di ragionamenti, tentativi ed errori, prove e fallimenti. Anche se si svelassero questi "segreti" ad altri, sarebbe comunque impossibile per questi ultimi utilizzarli, visto che se manca l'esperienza, nessun trucco può funzionare. Inoltre c'è l'umanissima gelosia per tutto ciò che consideriamo parte della nostra esperienza di vita: chi farebbe entrare un estraneo nel proprio giardino segreto? Riflettevo su questo proprio durante una riunione di fotografi, durante la quale si discuteva appunto della necessità di condividere le proprie esperienze. Se si è parte di un'associazione, di un gruppo, di una categoria, è bene mettere in comune esperienze e anche tecniche e trucchetti. Insomma, tutte cose che forniscono al nostro interlocutore spunti, idee e motivazioni che poi dovrà, giocoforza, sviluppare autonomamente. E' un modo per facilitargli comunque il compito e molti di noi (fotografi) all'inizio della propria carriera ha avuto amici e colleghi che gli davano le dritte giuste e il sostegno morale. E' esattamente il tipo di aiuto che si fornisce ai partecipanti a un corso o a un workshop (a proposito: li sto organizzando anch'io!). Non dovremmo essere reticenti, da questo punto di vista. Se davvero fosse possibile trasmettere le competenze, tutte e in blocco, da una persona all'altra, il mondo sarebbe stracolmo di grandi fotografi, di maestri della nostra arte, visto che per definizione un "maestro" si dedica all'insegnamento. Ansel Adams ha tenuto, durante la sua vita, centinaia di corsi e workshops, ha scritto decine di libri e migliaia di articoli, diffondendo la sua filosofia di scatto, e la ben nota tecnica del "Sistema Zonale". Eppure, quanti Ansel Adams ci sono ora in giro per il mondo? Alcune decine di suoi allievi sono diventati grandi fotografi, "maestri" a loro volta (pensiamo aChris Rainier), ma non "sono" Ansel Adams, il loro stile e la loro filosofia di scatto sono completamente diversi. Insomma, si possono trasmettere la passione, la gioia della fotografia, le basi tecniche, ma è impossibile (anche volendolo) trasferire il propriogiardino segreto da una persona ad un'altra. In conclusione: coltivare con cura maniacale il suddetto giardino, è essenziale per essere dei veri artisti, ma come nelle grandi ville del Rinascimento esistevano un giardino segreto all'interno di un più vasto parco dove i nobili e i ricchi proprietari ricevevano ospiti e amici, così il nostro "parco" dovrebbe essere sempre aperto e a disposizione degli ospiti che con curiosità e a volte con affetto, chiedono di entrarvi!
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Tutti noi abbiamo dei segreti. Un luogo (mentale) dove nascondiamo le nostre verità, le nostre certezze, le nostre speranze: un luogo in cui non facciamo entrare nessuno, nemmeno le persone più care. E' il nostro giardino segreto, la base della nostra libertà e indipendenza. Anche come fotografi abbiamo il nostro angolo buio, in cui nascondiamo il nocciolo attivo della nostra creatività, della nostra arte e capacità espressiva. E' sempre stato così, se ci pensiamo bene. Ogni essere umano, e a maggior ragione ogni artista, grazie alle esperienze (e direi grazie a continui esperimenti), mette via un bagaglio di tecniche, capacità e piccoli trucchi fondamentali per la vita quotidiana, il lavoro, le relazioni sociali, lo sport, o quant'altro. Raramente queste "scoperte" vengono condivise. Sono il frutto di mesi di lavoro e fatica, di anni di ragionamenti, tentativi ed errori, prove e fallimenti. Anche se si svelassero questi "segreti" ad altri, sarebbe comunque impossibile per questi ultimi utilizzarli, visto che se manca l'esperienza, nessun trucco può funzionare. Inoltre c'è l'umanissima gelosia per tutto ciò che consideriamo parte della nostra esperienza di vita: chi farebbe entrare un estraneo nel proprio giardino segreto? Riflettevo su questo proprio durante una riunione di fotografi, durante la quale si discuteva appunto della necessità di condividere le proprie esperienze. Se si è parte di un'associazione, di un gruppo, di una categoria, è bene mettere in comune esperienze e anche tecniche e trucchetti. Insomma, tutte cose che forniscono al nostro interlocutore spunti, idee e motivazioni che poi dovrà, giocoforza, sviluppare autonomamente. E' un modo per facilitargli comunque il compito e molti di noi (fotografi) all'inizio della propria carriera ha avuto amici e colleghi che gli davano le dritte giuste e il sostegno morale. E' esattamente il tipo di aiuto che si fornisce ai partecipanti a un corso o a un workshop (a proposito: li sto organizzando anch'io!). Non dovremmo essere reticenti, da questo punto di vista. Se davvero fosse possibile trasmettere le competenze, tutte e in blocco, da una persona all'altra, il mondo sarebbe stracolmo di grandi fotografi, di maestri della nostra arte, visto che per definizione un "maestro" si dedica all'insegnamento. Ansel Adams ha tenuto, durante la sua vita, centinaia di corsi e workshops, ha scritto decine di libri e migliaia di articoli, diffondendo la sua filosofia di scatto, e la ben nota tecnica del "Sistema Zonale". Eppure, quanti Ansel Adams ci sono ora in giro per il mondo? Alcune decine di suoi allievi sono diventati grandi fotografi, "maestri" a loro volta (pensiamo aChris Rainier), ma non "sono" Ansel Adams, il loro stile e la loro filosofia di scatto sono completamente diversi. Insomma, si possono trasmettere la passione, la gioia della fotografia, le basi tecniche, ma è impossibile (anche volendolo) trasferire il propriogiardino segreto da una persona ad un'altra. In conclusione: coltivare con cura maniacale il suddetto giardino, è essenziale per essere dei veri artisti, ma come nelle grandi ville del Rinascimento esistevano un giardino segreto all'interno di un più vasto parco dove i nobili e i ricchi proprietari ricevevano ospiti e amici, così il nostro "parco" dovrebbe essere sempre aperto e a disposizione degli ospiti che con curiosità e a volte con affetto, chiedono di entrarvi!
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