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La primissima esperienza in un salone di parrucchieri cinesi è stata a dir poco raccapricciante ma, a onor del vero, devo specificare che la colpa è in parte attribuibile alla sottoscritta. Quel giorno desideravo dei semplici boccoli a prova di bomba - i miei capelli sono dritti come spaghetti crudi in trepidante attesa di una pentola bollente - mentre il parrucchiere che la sorte mi aveva assegnato non aveva la più pallida idea di cosa la parola 'boccolo' potesse significare. In questi casi l'unico percorso da intreprendere è il buon vecchio linguaggio dei segni, ma trattandosi di due culture diametralmente opposte (quella cinese e quella 'carpigiana') ho scoperto sulla mia pelle - o meglio sulla mia zucca - quanto anche i gesti possano essere 'interpretabili' e soprattutto pericolosi. Le mie mani che roteavano nell'aria a forma di spirale a indicare le ciocche di capelli che dovevano essere arrotolate in morbidi riccioli da lasciar cadere soavi sulle mie spalle, hanno dapprima suscitato la curiosità del parucchiere, il quale inclinò sospettosamente la testa per meglio capire la funzionalità comunicativa del mio gesto, poi, dopo avergli strappato un sorriso inaspettato, hanno illuminato l'ingegno dell'uomo che all'improvviso iniziò ad annuire convincendomi di aver descritto alla perfezione ciò che volevo. Il risultato? Il parrucchiere di Maga Magò avrebbe ottenuto di sicuro una testa più ordinata.
Chi l'ha dura, la vince.
Ecco dunque che oggi decido di sottopormi di nuovo a questo esperimento per decidere una volta per tutte se la mia testa non è compatibile con le loro mani o se si è trattato solo di un semplice caso.
Dalla vetrina mi accorgo che il salone è pressoché pieno, ma non faccio in tempo a girare i tacchi che una simpatica e dolce donna dagli occhi a mandorla mi apre la porta e mi invita ad accomodarmi. Non faccio in tempo nemmeno a struggermi dal timore di trascorrere la mia intera giornata in un'interminabile attesa, che la stessa donna riappare all'improvviso per trascinarmi, o meglio trascinare la mia testa, nei pressi di un mobile dotato di lavabo. Mi lava con cura la cute e, credeteci o meno, anche le orecchie. Sorpresa e confusa dal gesto inaspettato (anche se devo ammettere in parte gradito visto che accompagnato da un leggero massaggio dietro ai padiglioni), quasi non mi accorgo di essere stata trasferita sulla fatidica poltrona. Ci siamo. Devo spiegarmi con precisione e senza lasciare nessun adito a dubbi di qualsivoglia natura. Oggi tagliamo i capelli e al riguardo sono piuttosto suscettibile. La donna dagli occhi a mandorla ancora non sa che un errore in merito potrebbe causarle gravi ripercussioni.
Con mia piacevole sorpresa lei parla italiano e sembra capirmi perfettamente, ma dopo poche battute le mie illusioni mi abbandonano e mi rendo subito conto che il suo rapporto con la nostra lingua potrebbe essere paragonato a un incontro di box tra due acerrimi nemici: l'italiano e il cinese sono lingue che fanno a botte da generazioni e generazioni.
«Vorrei tagliare i capelli, giusto una spuntatina. Più corti dietro, a scalare sul davanti, grazie».
Semplice, no?
«Scalale o tingli tingli?» mi domanda.
La guardo e non favello.
«Tingli tingli?» torna a chiedere. (Mi scuso con gli esperti in fonetica, ma è il meglio che sono riuscita a fare per riprodurre la domanda).
«★???∽∵???¤◉???♧ㆄ???⁂✖???!!!», sarebbe stata la mia risposta. Ma è davvero così scontato che io sappia come rispondere a una simile domanda?
Lei mi guarda in attesa di una risposta e al terzo 'tingli tingli' aggiunge una smorfia che mi fa sospettare che lei per prima non sia una gran fan di questo taglio. Forte di questa deduzione rifiuto con gentilezza il tingli tingli e incrocio le dita mentre lei afferra con decisione le forbici. Forse era solo scocciata dalla mia impedonabile ignoranza e mi sono lasciata sfuggire il miglior taglio offerto dal negozio.
Cerco di rilassarmi e di non fissarla in modo maniacale con il rischio di apparire scortese e diffidente, quindi socchiudo gli occhi e mi lascio trasportare dal ritmo di una canzone orientale romantica, almeno credo. Di primo acchito non mi piace per niente, mi sembra di sentire una versione lontana, stonata e fotocopiata delle canzoni della Pausini o di Tiziano Ferro (che peraltro non apprezzo nemmeno in lingua originale). Poi il riflesso sullo specchio della donna dolce dagli occhi a mandorla incomincia a muovere le labbra e il suo canticchiare spensierato raggiunge il mio orecchio educandolo meglio alla melodia. Pur non capendo nulla, mi sento a Beijing e le tristi note di quel ritornello mi convincono di essere accigliata per un amore lontanto e non corrisposto. Non c'è nulla da fare. Sono nervosa e il mio stato d'animo è talmente orientato verso il suo peggior polo negativo da riuscire a trasformare anche una semplice canzone in motivo di cruccio.
Apro timidamente un occhio e vedendola sorridere decido di sfogare la mia curiosità abbandonandomi ai miei più rozzi istinti: fisso ogni suo movimento con avidità e calibro ogni sforbiciata con ossessione maniacale. Finalmente riesco a recuperare il mio equilibrio interiore e a tornare in me stessa, era così facile! Un'occhiata alla parucchiera è stata più che sufficiente per accorgermi della precisione delle sue mani e della professionalità dei suoi gesti. Un'abilissima sarta delle estremità pilifere del cranio umano!
Al termine della seduta la mia sorridente parrucchiera misura con maniacale precisione le due estremità speculari ai lati del mio viso e con grande disappunto constata di aver individuato un'asimmetria di un buon millimetro scarso. Sorrido nell'ipotizzare una somiglianza nei nostri attegiamenti 'ossessivi-compulsivi' e la rassicuro dichiarando che il suo taglio mi ha soddisfatto più di quanto avessi creduto possibile. Lei risulta irremovibile e, forbici alla mano, ricomincia a spuntare la mia chioma daccapo. Sull'orlo di spofondare nuovamente nell'oblio di terrore misto tremarella che aveva caratterizzato la mia entrata nel salone e prospettando di rimanere glabra a forza di pareggiare millimetri su millimetri, la ragazza finalmente mi toglie la mantella e dichiara conclusa la sua opera d'arte. Se avessi avuto tra le mani una squadra, meglio ancora un calibro, avrei potuto ufficializzare l'assoluta simmetria del suo taglio perfetto.
Soddisfatta della mia zucca nuova di zecca mi dirigo al bancone per saldare il mio debito pecuniario nei confronti della dolce donna che ancora canticchiava la melodia del mio amore non corrisposto a Beijing per scoprire che, tolti i gossip e le chiacchiere tipiche da salone di acconciature italiano, mi rimane un irrisorio conto da pagare di 10 euro!!! 10 euro!!!
Per concludere: dato che come avrete capito ho sviluppato una certa diffidenza nei confronti di tutti coloro che mi infilano le mani nei capelli è d'uopo complimentarsi con queste persone che hanno saputo conquistarsi la mia fiducia, ma che soprattutto hanno saputo gestire una cliente diffidente quale ero io prima di sperimentare quest'avventura.
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