Nel 1300 l’Europa fu invasa dalla peste nera che seminò morti senza precedenti: quasi il 70% della popolazione e nella maggior parte degli uomini comparvero dubbi e paura. Questo consenti di galoppare e restaurare una paura contro gli Ebrei, i quali vennero accusati di avvelenare i pozzi, di essere in qualche modo la causa di questo disastro. Così spiega in un articolo Francesco Agnoli su “La Bussola Quotidiana”, di fronte ad un disastro, rintracciare un colpevole, un capro espiatorio, serve a fornire una “spiegazione” all’accaduto. Questo presunto “colpevole” cambiava da nazione a nazione , da epoca a epoca. In Spagna si diffuse la voce che gli avvelenatori erano, per lo più, i musulmani; in Francia gli inglesi; altrove e in altre occasioni, i lebbrosi, oppure gli “stranieri poveri”, considerati potenziali portatori di malattie e così via… Nella Atene del V secolo, anch’essa colpita dalla peste, Tucidide racconta che furono gli spartani ad essere sotto accusa.
Per quanto riguarda gli ebrei, il luogo dove costoro furono identificati maggiormente come colpevoli, o comunque dove subirono le angherie peggiori, furono alcune aree germaniche, in particolare la regione lungo il fiume Reno. Secondo Rodney Stark (in “Un unico vero Dio”, Lindau 2009) ciò è connesso alla “prevalente debolezza sia della Chiesa che dello Stato in quella regione”. Infatti, proprio in queste zone sia i vertici laici che quelli religiosi con insistenza tentarono di frenare ed impedire che “le folle uccidessero gli ebrei”, ma se i principi, in quei luoghi, erano deboli, anche la Chiesa lo era, vista la “concentrazione di movimenti eretici cristiani nelle stesse comunità renane”. Nella Francia meridionale, invece, Clemente VI “interpose a loro difesa (degli ebrei, ndr) la sua autorità pontificia, e con bolla del 4 luglio 1348 vietò di ascrivere agli ebrei delitti immaginari o toccarne vita o sostanze prima di sentenza del legittimo giudice”. Il Pontefice dovette nuovamente intervenire il 26 settembre con un’altra bolla, in cui spiegava che gli ebrei morivano di peste esattamente come gli altri, e che la peste si era diffusa anche laddove non vi erano comunità ebraiche. Inoltre “ordinava a tutti i vescovi di pubblicare nelle chiese una sentenza di scomunica contro coloro che li molestassero, in qualunque modo ciò fosse”. Gli storici William Naphy e Andrew Spicer, nel loro “La peste in Europa” (Il Mulino 2006), aggiungono che “molti eminenti uomini di chiesa condannarono questi attacchi ispirandosi agli insegnamenti di sant’Agostino di Ippona, per il quale gli ebrei dovevano essere tollerati in quanto parte essenziale della storia cosmica del cristianesimo”. Ma se in alcuni posti ebbero ascolto, in altri, soprattutto nelle regioni del Reno, non fu così. Non è un caso che le autorità civili e religiose fallirono laddove pullulavano i movimenti ereticali, portatori di una specifica visione non solo religiosa, ma anche politica e sociale.
Gli eretici medievali si scagliarono pesantemente anche contro cattolici e sacerdoti, come spiega G. Fourquin nel suo “Le sommosse popolari nel Medioevo” (Mursia 1976). Norman Cohn, ne “I fanatici dell’Apocalisse”, ricorda che eresiarchi tedeschi, per lo più millenaristi fanatici, erano “nemici intransigenti della Chiesa, decisi non solo a condannare il clero, ma anche a respingere completamente la sua pretesa di autorità soprannaturale”. Per questo non di rado tiravano giù dal pulpito ecclesiastici e predicatori, per bruciarli sul rogo o per lapidarli: “Gli ebrei non erano comunque i soli a venire uccisi: molti membri del clero perirono per mano delle orde escatologicamente ispirate”, continua Cohn. Lo stesso Martin Lutero, proprio come gli eretici renani, affiancò alla polemica contro la Chiesa cattolica, quella contro gli ebrei. Nel 1543, pubblicò un testo, “Degli ebrei e delle loro menzogne”, in cui, insieme ad un duro attacco alla Chiesa romana e agli italiani, definiva gli ebrei “disperati, cattivi, velenosi e diabolici”, “velenose, aspre, vendicative, perfide serpi, assassini e figli del demonio” e invitava, tra le altre gentilezze, a “dar fuoco alle loro sinagoghe o scuole”, a “distruggere e smantellare anche le loro case”, a cacciarli come “cani rabbiosi”.
Nel Novecento, chiude Agnoli, le regioni in cui il nazionalsocialismo antisemita ed anticristiano avrebbe raggiunto l’apice, furono quelle storicamente protestanti (quelle un tempo più eretiche), e non quelle a maggioranza cattolica. Vari storici, parlando delle eresie millenariste medievali, hanno infatti notato la somiglianza con ideologie moderne, anch’esse millenariste, come il nazismo ed il comunismo. E’ infatti vero che i nazisti dichiararono in più occasioni la loro ammirazione per gli eretici medievali, per i flagellanti tedeschi, e che condivisero con costoro la mentalità millenarista, e quindi immanentista. Alcuni di loro, come Julius Streicher, si rifecero esplicitamente a Martin Lutero, mentre non mancarono i pastori protestanti che si compiacquero che la notte dei cristalli era caduta nell’anniversario della nascita del fondatore del protestantesimo. Bisogna anche dire che i teorici nazionalsocialisti erano figli, più ancora che del loro lontano passato, del passato più recente: dell’illuminismo materialista, del darwinismo sociale, del razzismo “scientifico” creato dagli antropologi, dai seguaci delle pseudoscienze atee ottocentesche (frenologia, antropometria, criminologia lombrosiana…), dai biologi darwiniani; erano figli del superomismo nicciano, della statolatria hegeliana, del nazionalismo ateo; della secolarizzazione e della “morte di Dio” che aveva sganciato il concetto di uomo da quello di creatura, eliminando così, come notava Leon Poliakov, l’idea biblica secondo cui l’uomo, ogni uomo è “creato a immagine e somiglianza di Dio”. Molto probabilmente, si può aggiungere, se Inquisizione (laica e religiosa) fosse esistita nel Novecento, Hitler, Lenin e Stalin non sarebbero mai saliti al potere.
Domenico Campo