Benvenuti nel futuro, signori.
Dopo la terribile onda anomala – come vedete – attorno alla metropoli si apre una superficie opaca di acque stagnanti e miasmi, una distesa grigia sulla quale resta in equilibrio il simbolo di un tempo passato, una ruota panoramica ormai arrugginita. Ma nonostante i ratti e la spazzatura non tutto è macerie, la civiltà è integra e tutto è sotto controllo.
Qui nel futuro, è vero, qualcuno di voi potrebbe diventare POV senza avere la possibilità di opporsi, perché la polizia –ed in particolar modo la RED, una sezione semi-segreta di forze specializzate- ha i mezzi per controllare ogni momento della giornata di qualunque cittadino.
Ma non parliamo di oggi, signori, non preoccupatevi: ora stiamo ipotizzando il futuro. Chi mai potrebbe al giorno d’oggi sorvegliare ogni momento della vostra giornata attraverso cellulari, telecamere di sorveglianza e collegamenti internet? Chi potrebbe entrare nella vostra vita privata sondandone persino i ricordi più profondamente sepolti?
Ma soprattutto, se foste testimoni di un fatto criminoso, non dovreste temere che vi vengano forzosamente estorte le immagini archiviate in maniera inconsapevole nella vostra memoria. Siamo seri, signori: tutto questo è fantascienza, finzione.
Aprite queste pagine senza timore e siate i benvenuti Nel posto sbagliato.
Nel romanzo che ha appunto questo titolo, Luca Poldelmengo tratteggia una società non così immaginaria, situata in un futuro molto prossimo, nella quale al problema del controllo della criminalità viene opposta una metodologia investigativa eticamente scorretta, ma utile ai fini di una maggiore sicurezza pubblica: il sondaggio della mente attraverso l’ipnosi.
Già negli anni 70 in un film di Dario Argento gli investigatori si avvalgono di un esame futuristico per ricavare l’ultima immagine impressa sulla retina di una persona assassinata. Qui, nel 2013, si parla di ologrammi 3D estratti attraverso l’ipnosi, scavando nei ricordi lontani o recenti di un osservatore involontario.
L’idea non è infondata: anche se non ci facciamo caso, non passa giorno senza che i notiziari riportino dell’uso costante, durante l’investigazione su fatti criminosi, di immagini tratte da telecamere nascoste o da filmati amatoriali, di tabulati telefonici e connessioni web: ma da sempre i testimoni più importanti non sono forse i nostri occhi? Gli occhi e la memoria degli esseri umani che affollano il pianeta e si fanno inconscio ricettacolo di testimonianze?
Ma la domanda che attraversa sotto pelle tutta la narrazione è:
dove deve fermarsi l’indagine e dove inizia invece il controllo?