Nella grande pupilla pulsante

Creato il 28 aprile 2011 da Andreapomella

Sono dentro un cinema alle quattro del pomeriggio. Dietro di me c’è un gruppetto di donne anziane che spettegolano sul regista, davanti una coppia, anch’essa anziana, che invece se ne sta in silenzio in attesa che cominci il film. Lui è malmesso, ha una folta barba bianca, un vistoso paio di occhiali con la montatura arancione, e un bastone sul quale si appoggia anche da seduto. Assomiglia vagamente a Domenico Modugno. Di fianco c’è una donna sui quaranta, ha l’aria arresa, sembra essere venuta qui dopo aver rinunciato a qualcosa di molto importante nella vita. Chiudo gli occhi e costringo il sangue a defluire dalla mente. Fuori dalla porta di questa sala di quartiere ho lasciato i frastuoni del mondo, la pioggia battente che mi ha sorpreso quando sono uscito di casa, i mezzi degli operai a lavoro che dissodano l’asfalto portando alla luce le tubature venose della città. Guardo Habemus Papam di Nanni Moretti, quella che a me sembra una tenera e soffice favola allegorica sulla vecchiaia scorre sullo schermo, è gradevole, a tratti bellissima, se non fosse per l’inettitudine di un proiezionista forse inesperto, o forse ubriaco, che continua a mandare fuori fuoco le immagini, suscitando il risentimento feroce delle persone in sala. Diceva Ennio Flaiano che il cinema è l’unica forma d’arte nella quale le opere si muovono e lo spettatore rimane immobile. Ho pagato sei euro per avere questa immobilità (giuro, non avevo fatto caso che fosse mercoledì e che perciò il biglietto costasse meno). E tutto sommato, nonostante i contrattempi, penso che il cinema sia ancora un ottimo buco nero in cui farsi risucchiare quando si vuole fuggire dagli innumerevoli sguardi obliqui della gente e dal ritmo frenetico delle giornate, una grande pupilla pulsante in cui rinchiudersi al buio, lasciando che dilaghi in noi lo stupore più dolce e infantile.


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