Alcuni lo pescano per mangiarlo o, peggio, per venderlo ai ristoranti
Il terrore dei fiumi del bacino del Po ha la pelle limacciosa come un serpente, gli occhi piccoli come uno squalo, una bocca enorme con cui aspira tutto quello che nuota attorno a lui, senza distinzione di specie. Inghiotte interi anche i suoi simili, nella più spietata delle regole del mondo animale: pesce grande mangia pesce piccolo. Il pesce siluro è chiamato “coccodrillo dei fiumi”, proprio per la voracità – può mangiare al giorno una quantità pari al 3% del suo peso – e il suo aspetto, simile ad un animale preistorico.
Ha lunghi baffi che ricordail nostro pesce gatto, praticamente estinto: il siluro lo ha spazzolato via senza piangere dopo i banchetti, come i veri coccodrillo. Originario dell’Est Europa, venne importato in Italia , trovando subito acque fertili per crescere e riprodursi in grande quantità. All’uffi cio pesca della provincia di Alessandria confermano che in tutta la Regione vige la caccia al siluro, da pescare e sopprimere. Anche se la dinamica non è molto chiara. Si favorisce la pesca per toglierlo dai nostri fi umi, ma non si può commercializzare, rilasciare in acqua una volta abboccato, né trasportare a casa vivo. Che fare, dunque? Giuseppe Boscariol, responsabile provinciale FIPSAS consiglia: “Di solito i pescatori ributtano nel fi ume la preda, ma con il siluro non si può: sarebbe meglio tagliarlo a pezzi e sotterrarlo”. Ma non tutti lo fanno. A volte viene abbandonato sul greto del fiume e lasciato marcire all’aria aperta. I pescatori stranieri – che, grazie ad un’azione di sensibilizzazione delle associazioni sportive, sono sempre più rispettosi delle regole – lo vendono anche ai ristoranti, o se lo portano a casa per una bella grigliata in famiglia. Sul delta del Po esisterebbero delle vere e proprie organizzazioni – romene e ungheresi – dedite alla pesca selvaggia ed all’esportazione illegale del pesce siluro.
La Provincia negli ultimi anni ha messo in piedi una vera e propria task force contro il pesce siluro, impiegando le guardie ambientali, tanti volontari e un paio di ittiologi. In tre anni sono stati pescati 1659 siluri, per 5 tonnellate di peso. Gli esemplari, presi con gli elettrostorditori, sono stati dati ad una ditta di mangimi e pasture. La “merce” è stata pagata in pesci autoctoni, avanotti di specie autoctone che andranno a guizzare nelle nostre acque. Ma la minaccia a lucci, cavedani, barbi e carpe non arrivano solamente dai voraci siluri. I pesci di fiume si devono guardare anche da un predatore che piomba dall’alto: il cormorano. Sempre più spesso questo uccello fluviale, invece di migrare verso sud, resta da noi tutto l’anno, appollaiato sui rami, in attesa di un pesce da prendere in tuffo. È difficile da acchiappare e praticamente non ha nemici. In più, può attingere ai laghi artifi ciali in cui è praticata la pesca sportiva. Dove non ci arriva il coccodrillo dei fi umi, piombano dal cielo le “cornacchie” degli argini.
COMMENTI (1)
Inviato il 14 ottobre a 12:22
1- la legge dice che è vietato seppellire animali, perchè altrimenti la gente potrebbe anche seppellire la loro suocera in giardino;
2- la legge dice che è vietato vendere alimenti non sottoposti a controlli sanitari, perchè altrimeni la gente venderebbe quello che cucina a casa per strada.