Magazine Attualità

Nella manovra Monti manca proprio l’equità.

Creato il 05 dicembre 2011 da Basil7

di Beniamino Franceschini

Nella manovra Monti manca proprio l’equità.

© Foto Roberto Monaldo / LaPresse

“No”: questa è la parola del giorno. Anche se il termine parola, in questo caso, è pressoché vuoto. “Un avverbio olofrastico” (ripetono le mie reminiscenze liceali) che accompagna un movimento progressivo della testa mentre leggo la manovra del governo. Questo perché quanto presentato da Monti non mi convince, anzi in certi tratti mi fa indignare con forza; magari in altri mi trova lievemente d’accordo, ma mai pienamente soddisfatto. Non che io debba essere compiaciuto, sia chiaro. È l’Italia che deve essere soddisfatta, il popolo italiano. Pertanto, ogni mio giudizio potrebbe essere già smentito domattina, o magari tra un minuto, si Dieu voulait.   La pietra dello scandalo, non neghiamolo, sono le misure in merito alle pensioni, forse per il passaggio totale al sistema contributivo (che, tuttavia, di per sé potrebbe anche avere un senso), ma sicuramente per il blocco della loro rivalutazione rispetto all’inflazione per il biennio 2012-2013 tranne che per i trattamenti al minimo, la cifra che il presidente del Consiglio, per sua stessa ammissione, ha visto apparire per la prima volta, il magico triangolo 4-6-7. Questo provvedimento mina fortemente il sistema italiano, a maggior ragione in un momento nel quale le pensioni costituiscono un fondamentale ammortizzatore sociale. Non si tratta di una sorta di replica della scala mobile, assolutamente no. Altrimenti, qualora fosse stato abolito un meccanismo a essa analogo rispetto alle pensioni, sarei stato favorevole. L’adeguamento all’inflazione in questo caso è diretto a un soggetto che, ormai, restando in termini puramente economicistici, è fuori dal mercato, non può costruirsi un altro reddito, non può vendere la propria forza lavoro. Riducendo il potere d’acquisto dei pensionati, l’effetto potrebbe essere a cascata per tutte quelle famiglie che, per ragioni ampie e variegate, pongono affidamento sui nonni per l’integrazione di alcune entrate, siano esse sotto forma di aiuto per il pagamento della bolletta, o la frutta portata dalla bancarella. È un provvedimento destabilizzante, antisociale, ma al contempo ben gradito all’Europa. Tanto varrebbe abbandonare ogni ipocrisia e definire le tappe per un progressivo passaggio al sistema previdenziale in uso nei Paesi anglosassoni: non sarebbe eresia discuterne.
Nella manovra mancano misure per gli ammortizzatori e il lavoro, anche se il governo ha comunicato che saranno discussi in un’altra seduta. Invece, quei temi sarebbero dovuti essere già presenti con forte centralità, poiché, in un momento di crisi che rischia di tramutarsi in recessione, elementi fondamentali dovrebbero essere la difesa del reddito, laddove esso ancora esiste, la creazione di nuovo reddito, laddove il reddito non ci sia più o sia terribilmente compromesso, la tutela dei lavoratori in bilico. Creare reddito non significa dare il sistema in pasto al capitale, così come difenderlo non significa barricarsi con i sindacati: sono provvedimenti di ricostituzione di una nuova ricchezza cui dovrà seguire una fase di ridistribuzione della stessa. Il presidente Monti non ha inserito nessuna misura per la crescita economica, ma ha privilegiato l’istituzione di nuove tasse, togliendo ricchezza agli italiani non per intraprendere misure d’investimento che diano impulso alla crescita e allo sviluppo, ma “solo” per rimediare a un guaio contabile, ossia il risanamento del debito.
L’imposizione crescente di tasse, in questo periodo storico ed economico, non è la soluzione migliore. Anzi, è pessima, poiché riduce il reddito, soprattutto se i provvedimenti fiscali sono contestuali a una serie di limitazioni del potere d’acquisto. I tagli alla spesa pubblica non sono sufficienti; eppure, sarebbero potuti essere utili a evitare ulteriori prelievi. Gli sgravi sull’Irap sono, indubbiamente, un’idea molto positiva, però il vero coraggio sarebbe stato nell’eliminazione dell’imposta. Allo stesso modo, la ricostituzione dell’Ice era inevitabile: sono convinto che, in una teorica prosecuzione del passato governo, anche Berlusconi avrebbe dovuto procedere in tale direzione. Tuttavia, senza una sua riforma strutturale, l’Istituto del commercio estero rischia di non facilitare le esperienze economiche italiane nei Paesi stranieri, aggiungendo ulteriore e snervante burocrazia.
Torna l’Ici, nella forma dell’Imu, anche sulla prima casa. Un provvedimento che contribuisce al rafforzamento dei prelievi, ma che non tiene conto, per esempio, che chi paga un mutuo per l’acquisto della prima casa, già ha una tassa pesante cui assolvere: lo Stato dovrebbe essere facilitatore, non creditore ulteriore. Era fondamentale, se proprio necessario reintrodurre l’Ici, almeno prevedere seri scaglioni di esenzione o riduzione.
E che dire dell’Iva al 23%? Altra riduzione del potere d’acquisto dei cittadini, nonché incremento delle difficoltà per i commercianti e i prestatori di servizi.
E, ancora, perché non c’è una patrimoniale? Perché si è preferito imporre sacrifici omogenei e non proporzionali? Far cadere una scure identica per tutti ha, in fondo, una propria proporzionalità perversa, perché incide in modo diverso secondo la condizione individuale: l’uguaglianza del contributo e dei sacrifici doveva essere garantita con una progressività reale, che incidesse su patrimoni inutilizzati, depositi sepolti, lusso evidente.

Oltre a questi, ci sono tanti altri punti che vorrei affrontare, però devo ammettere che l’ora tarda mi limita sia nella scrittura, sia nell’inventiva (e, naturalmente, nell’invettiva: viva i polemisti!). Torno, pertanto, a leggere la manovra, scuotendo la testa e ripetendomi il solito no, nella speranza che possa diventare sempre più una negazione costruttiva, con idee alternative da far cinguettare all’amico kiwi.
Un punto soltanto, ancora: le lacrime del ministro Fornero. Scusatemi, ma non ci credo. O meglio: sono convinto che fossero reali senz’altro, mi hanno colpito, hanno fatto sorgere in me una riflessione derivante dall’impatto dell’immagine. Tuttavia penso sempre più che esse non fossero di commozione per i sacrifici imposti agli italiani, quanto, invece, di sincero e umanissimo rimorso per le iniquità presenti nella manovra:

«Io dirò vero, e tu ‘l ridì tra ‘ vivi:
l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno
gridava: “O tu del ciel, perché mi privi?

Tu te ne porti di costui l’etterno
per una lagrimetta che ‘l mi toglie;
ma io farò de l’altro altro governo!”.

Ben sai come ne l’aere si raccoglie
quell’ umido vapor che in acqua riede,
tosto che sale dove ‘l freddo il coglie.»

Dante, Purgatorio, Canto V, vv. 103-111

(Il contenuto del testo può essere liberamente utilizzato per fini non commerciali, purché se indichino provenienza e autore).



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :