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Nella mia città i bambini d’inverno non possono uscire

Da Acsylvya @mammemacerata

Pubblico la riflessione di una delle utenti di questo sito, una mamma marchigiana, arrivata per email. Si tratta di una considerazione sul modo in cui ci rapportiamo ai nostri figli e su come certe dinamiche a volte influiscono più di quanto possiamo pensare, su di loro. Si parla anche di un esperimento che ha avuto un’ottimo esito. Invito chiunque voglia a commentare in fondo, per aggiungere il suo punto di vista al riguardo.

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Nella mia città, i bambini d’inverno non possono uscire. Prelevati dall’asilo, dopo 8 ore chiusi in aule surriscaldate, a volte direttamente in braccio per far prima,  vengono bardati di improbabili piumoni (che nemmeno in Alaska), coperti fino agli occhi con cappelli e sciarpone di lana e depositati nelle rispettive auto. Verso quali lidi siano diretti non si sa, forse gli indispensabili corsi di judo, chitarra, disegno, canto, ect, o più probabilmente verso le proprie case calde,  dove troneggiano la tv e i cartoni non stop. I parchi e le spiagge sono luoghi deserti, forse perché ventosi, freddi e pieni di pericoli, che si ripopolano solo verso aprile maggio.  
Nella mia città i bambini d’inverno non possono uscire
Quest’inverno ho fatto un esperimento, e ho giurato che se a primavera tutto fosse andato bene l’avrei detto anche alle altre mamme. Ho fatto uscire il bambino di 4 anni tutti i giorni, dalle temperature torride della scuola, senza cappello, sciarpa, né, udite udite,  cappotto o felpa alcuna. Così come si trovava, dai tropici dell’aula alle correnti infide dell’inverno, in maglietta di cotone. Tanto esce di corsa, troppo felice di essere libero all’aria aperta, di buttarsi per terra, di saltare. A volte dentro di me ho tremato: ecco, domani avremo 40 di febbre, sono matta. Le altre mamme mi guardavano terrorizzate. Inoltre, abbiamo usato per tutta la stagione un piumino leggerissimo, buttato via cappelli e sciarpe e siamo usciti per almeno un’ora al giorno in bici e a piedi, con tutti i climi, anche con la pioggia. Abbiamo giocato al mare con il vento, nei parchi o in campagna anche nelle giornate peggiori, spesso da soli, a volte con i bimbi di mamme  temerarie quanto me, tanto da sfidare le spietate temperature dei nostri inverni temperati. In piscina, non abbiamo asciugato i capelli a perfezione, e siamo usciti senza coprirci troppo. Ho continuato a portarlo nel seggiolino della mia bici come tutti fanno d’estate. Non ho mancato mai di raccomandargli di regolarsi da solo: se senti freddo dimmelo, che ti copro. Ebbene sì, è vero.  Non siamo andati all’ospedale, non ci siamo buscati una polmonite, siamo ancora vivi. E’ primavera e il mio bambino non si è mai ammalato. Nessuna febbre, qualche raffreddore, un pò di tosse.  Mah, il tuo sarà resistente, il mio è cagionevole di gola, ha le orecchie delicate, si ammala subito, mi hanno detto le altre mamme. Anche il mio era un bambino fragile, quando le nonne lo infagottavano e quando anche io pensavo che bastasse coprirlo bene per proteggerlo dai pericoli della vita. Dall’esperienza ho imparato tante cose. 1. Ho capito che noi mamme tendiamo a riporre la ansia da accudimento, per tranquillizzarci, su questioni banali, come copriti bene, non sudare, non cadere, mangia, piuttosto che incrinare le nostre  certezze e pensare a quello di cui VERAMENTE avrebbero bisogno (tempo, pazienza, giocare con loro) 2. I bambini anche piccoli devono sapere da soli se hanno freddo, fame e sete; solo così saranno autonomi e impareranno a gestire il proprio corpo. 3 I bambini non sono di porcellana, resistono meglio di noi agli sbalzi termici, possono essere messi alle correnti, al vento e al freddo senza che si ammalino. I virus proliferano  negli ambienti caldi e affollati, attecchiscono quando trovano corpi indeboliti dalla mancanza di vitamina D, e resi fragili da premure invalidanti (non correre, non cadere, appunto) 4. i bambini hanno bisogno di correre tanto, camminare, andare in bicicletta, arrampicarsi, cadere, respirare in spazi aperti, toccare gli elementi, e sporcarci. Lo ripetono da tutte le parti, eppure i parchi risuonano di grida: non sporcarti di fango, non bagnarti, via, a casa. è notte/umido/freddo/c’è vento 5. I bambini vanno liberati a poco a poco e non quando hanno 14 anni, all’improvviso. Non è necessario incombere sempre, possono fare piccoli pezzi di strada da soli, rimanere (vigilati magari di nascosto) a giocare in un cortile o in un giardino, senza che succeda nulla. Ne saranno felici, si sentiranno forti e responsabili- 6. I piumini tipo moncler sono buoni per le piste da sci, e visto che la gran parte dei bambini li indossa, allo stesso modo in cui  frequentemente si ammala, ne deduco che altrove fanno ammalare. I nostri bambini mi fanno tenerezza: infagottati come non mai, passano la loro infanzia tra scuole, casa, giocattoli sicuri, televisione e corsi eterodiretti. Come potranno sviluppare le loro potenzialità, se non li lasciamo liberi nemmeno di togliersi un cappello e cappotto e di respirare l’aria pulita dell’inverno? Mamma Stefania**********Chiunque volesse inviare dei testi, delle riflessioni che vorrebbe condividere col pubblico di mammemarchigiane.it può inviare una mail a [email protected]

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