E’ uno dei luoghi al mondo con la più alta densità di orsi (0,4 al chilometro quadrato). Ma non si viene qui per incontrarli. Nella penisola dello Shiretoko, 65 chilometri di montagne aguzze, rocce minacciose, sbilenche e vulcani protesi nel mare di Ohotsk, all’estremo nord del Giappone, un faccia a faccia con gli orsi è da evitare. E in effetti in questa ‘piccola kamchatka’ ogni viaggio è scandito dalle precauzioni per non incontrare questi splendidi quanto imprevedibili plantigradi. A dire il vero condite con un tocco di paranoia e rigidità tutta nipponica, che emerge in particolare quando si tratta di sicurezza. E di regole. Ma del resto in questo parco nazionale siamo a casa degli orsi e quindi bisogna cercare di disturbare il meno possibile, è solo buona educazione.
Nello Shiretoko si viene per altri motivi. Per vedere un Giappone remoto e i suoi commoventi panorami, lontano dai neon e dalle metropolitane affollate. Per assaporare la solitudine e la natura. Per camminare sulle sue aspre montagne. Per vedere il mare coperto – d’inverno – di blocchi di ghiaccio. Per provare quella vertigine che si prova a volte quando si calpestano gli angoli dimenticati delle cartine geografiche. E anche per vedere gli orsi, ma da lontano.
Non so se ci sia un motivo particolare, forse è addirittura solo una mia impressione.
Ma i cieli del nord mi sembrano sempre gonfi di vapore, di nuvole basse e pesanti, che si muovono veloci. Le scogliere piegate dai ghiacciai di un tempo sono sempre avvolte nelle nebbie. E queste coste tormentate non fanno eccezione. Motivo in più per convincersi che non c’è una ragione fisica, quanto piuttosto interiore, psicologica. Esiste anche una geografia delle emozioni. Perché lo Shiretoko è un nord relativo. Qui d’inverno arrivano blocchi di ghiaccio galleggianti sul mare e cumuli di neve, tantissima neve. Ma lo attraversa il 44esimo parallelo, lo stesso che taglia anche Liguria ed Emilia Romagna. Un po’ come essere a casa.Arrivare in questa minuscola penisola nel nord est dell’Hokkaido, la grande isola a nord del Giappone, richiede un po’ di tempo e un po’ di tenacia. E’ a mille chilometri da Tokyo. Per questo non è proprio il posto dove andare al primo viaggio nel Paese del Sol levante, prima visitate Tokyo, Kyoto, Kanazawa, vi prego. Ma è anche vero che il lungo viaggio fa parte della bellezza di questa destinazione. Io la vedo così, mi piace il sapore della conquista.
Cosa fare e vedere: in questa stretta penisola lunga appena 65 chilometri e larga 25 ci sono due paesi, Utoro a ovest, Rausu a est, ma nessuno dei due vale qualcosa. Come effetto della mania giapponese di radere al suolo e ricostruire tutto quanto abbia più di vent’anni, questi due villaggi appaiono come agglomerato di blocchi di cemento un po’ informi e senz’anima, senza quella polvere del tempo che tanto mi affascina.
Un tempo una delle attrazioni principali erano le cascate di Kamuiwakkayu, una delle esperienze termali più estreme del Giappone. Nel paese le possibilità di tuffarsi in pozze d’acqua caldissima in ambienti di grande fascino non mancano, ma questa era speciale. Si risaliva il corso tormentato di un fiume fra vapori e zampillii fino ad arrivare alla sorgente, immergendosi sotto una cascata. Scordatevelo: l’accesso è stato tristemente bloccato per il presunto pericolo di caduta massi. Nulla vieta di oltrepassare la catena, ma pare che i ranger siano piuttosto severi. L’unica speranza è che il divieto un giorno venga tolto.
Passeggiando
fra i cinque laghi
Camminare: sempre per i timori di caduta massi è stato limitato l’accesso allo splendido, ma arduo sentiero che tocca le cinque cime delle aspre vette a picco sul mare che formano la spina dorsale vulcanica di questa penisola (vedi il libro Hiking in Japan). Ero partito con l’intenzione – forse un po’ incosciente – di affrontarlo in solitaria, ma le avverse condizioni meteo (con pioggia e pesanti nuvole basse proprio sul crinale, vedi la foto in alto) me lo hanno impedito. Come mi hanno sconsigliato l’assai più facile – e pare bellissima – ascesa al monte Rausu, con mio grande dispiacere. Se comunque volete fare il sentiero di crinale, che presenta alcune difficoltà ed è quindi adatto ai più esperti, sappiate che è meglio mandare una mail per chiedere se è percorribile. Quando andai io serviva una sorta di autorizzazione. Scrivete, in inglese (o giapponese) a abashiridoboku.kanri1 chiocciola pref.hokkaido.lg.jp. Naturalmente alle difficoltà tecniche e alle ipotetiche frane in estate si aggiunge il rischio degli orsi, che non è da sottovalutare. Qui la soluzione adottata è quella di utilizzare una bear bell (bel belu in giapponese), un campanaccio da attaccare allo zaino che – in teoria – dovrebbe mettere in fuga i plantigradi. Si spera.
Gli orsi. Come dicevo, è meglio guardarli da una certa distanza. A Utoro troverete un sacco di piccole agenzie che offrono tour di bear watching (suggerisco Cafe Fox). Si tratta di escursioni in barca lungo le spettacolari scogliere della costa con altissima probabilità di vedere orsi (quando non sono in letargo) che percorrono la costa per pescare alle foci dei torrenti. Consigliate pillole per il mal di mare e un teleobiettivo per la vostra reflex (almeno un 200, il mio 135 non fu affatto sufficiente). Da Rausu si fa invece il più classico whale watching. Spiegazioni solo in giapponese ma gli avvestamenti non mancano (per quanto mi riguarda tanti delfini, piccole balene e pure un capodoglio) arrivando a un tiro di schioppo dalle isole russe contese a nord del Giappone.
Passeggiata nella natura alla portata di tutti e di grandissima bellezza è poi quella che tocca i cinque laghi dello Shiretoko (Shiretoko Goko). Le regole del sentiero cambiano a seconda della stagione e dell’attività degli orsi. In luglio era obbligatoria la visita guidata (Solo in Giapponese). Natura meravigliosa e frequenti incontri con la fauna meno pericolosa di questi luoghi.
Come arrivare: da Sapporo si può prendere un autobus notturno davvero molto comodo (4.500 yen, circa 40 euro), altrimenti potete prendere anche da Tokyo un aereo per il piccolo aeroporto di Memambetsu, per esempio con Skymark, ma difficilmente vi costerà meno di 120-150 euro a meno che non abbiate un pass aereo (soluzione poco conosciuta, ma interessante). Da lì poi un paio d’ore di bus. Più complicato invece il treno che richiede alcune ore di viaggio da Sapporo ad Abashiri e poi il cambio con un bus o un treno locale per Shari (dove dovrete comunque prendere un bus per Utoro).
Trasporti: Uno dei problemi è quello della mancanza di un sistema affidabile di trasporti pubblici. I bus sono pochi e hanno orari bizzarri, senza contare che certe zone non sono servite. Quindi dovrete armarvi o di pazienza e camminare alcuni chilometri, sperare in improbabili passaggi o affidarvi alla generosità altrui (il gestore del mio minshuku, pensione a conduzione familiare, si era offerto di darmi vari passaggi). L’auto a noleggio (da Shari) è il sistema migliore, ma il prezzo è gestibile solo in gruppo.
Gli orsi: è meglio
vederli da lontano
Dove dormire: a Rausu ho dormito in un campeggio al termine di una ripidissima salita, completamente abbandonato e infestato da enormi ragni e cerbiatti un po’ invadenti: eviterei. L’ideale sono le accoglienti Minshuku, pensioni a gestione familiare in stile tradizionale. I prezzi non sono regalati, ma proverete la vera accoglienza giapponese, avrete possibilità di fare ottimi incontri durante i pasti in comune e gustare eccellente cucina locale fatta in casa (i migliori pasti mai fatti in Giappone)
Perché no: arrivarci è lontano e costoso. Vi sentirete isolati, anche perché qui nessuno parla inglese (l’unica guida che lo parla è questa, propone giri in bici). In più i due paesi Utoro e Rausu sono un po’ tristi. Quella che un tempo era l’attrattiva principale, le cascate di Kamuiwakkayu, è chiusa.
Link utili
Hokkaido, elogio della lentezza (mio articolo pubblicato sul Resto del Carlino)
I miei posti preferiti su Minube (compresi quelli citati)
Shiretoko travel guide (da Japan guide, in inglese)
Shiretoko (ente del turismo del Giappone)
Viaggiappone (uno dei pochi altri post in italiano)