Magazine Diario personale

Nella veranda di Jasnaja Poljana

Da Bartleboom
"Nel 1877, la primavera si annunciò all'inizio di maggio, quando sopra una pozza che stava per seccarsi apparvero delle piccole farfalle appena dischiuse - blu e mauve. Allora il tempo diventò chiaro, l'acqua bruna, la cicuta si coprì di piccoli fiori bianchi, tutta la bassa boscaglia della vecchia foresta diventò di un verde troppo intenso, suscitando uno strano senso di mistero e di apprensione."
Lo so che così è facile. Prendi Tolstoj, te lo fai raccontare da Citati, e ti siedi sulla panca nella veranda di Jasnaja Poljana, mentre il samovar bolle, nella sala da pranzo Lev e zia Pelageja sono alle prese con un solitario, e di fronte a te ribolle la natura russa in tutte le sue forme.
"L'assenzio germogliava. Il tussilago si gonfiava in bottoni. Il noce fioriva. Il salice era tutto odoroso. Alle quattro di mattina, sul prato oscurato dalla rugiada, l'acetosa selvaggia luceva di uno splendore cupo. Alle sette, sotto i raggi obliqui del sole, delle gocce brillavano all'estremità delle erbe. Il sentiero nel sottobosco, nero a forza di essere calpestato, era coperto dai petali del marasco a grappoli, che sembravano neve."
Citati addenta subito la polpa. Tanto che nella sua biografia fa esordire Tolstoj già adolescente, alle prese con le prime vanità del suo smisurato ego. E penetra nella vita di Tolstoj addentrandosi dentro le sue opere, ripercorrendo l'una attraverso le altre, scomponendo e rimettendo insieme i pezzi di Guerra e Pace, Anna Karenina, La sonata a Kreutzer, La morte di Ivan Il'ic, e tutto il resto per farci intendere il processo creativo di Tolstoj, la sua originalità, la forza delle sue contraddizioni, l'imprevedibilità delle sue costruzioni, i suoi personaggi senza forma e con i tratti psicologici creati su piccoli accenni, improvvise fulminazioni, il suo calarsi in tutti i suoi personaggi perché capace di non esserne davvero nessuno. E tutto intorno lei, la sua vera dea russa, la campagna, i contadini, i campi di grano saraceno che ribollono di vita. Davvero come Nataša che danza al braccio di un mužik.
"Alle due Tolstoj camminava nella prateria alta e grassa. C'era silenzio, e un odore dolce e avvolgente - senape dei campi, trifoglio bianco - regnava e stordiva. Il grano saraceno si diffondeva come latte: dovunque delle onde lanuginose, le file bagnate si stendevano confusamente e, accanto al saraceno bianco e scarlatto, apparvero delle farfalle bianche."
Io da qui non mi muovo, si capisce.

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