nella white-trash di Cage...
Creato il 05 giugno 2014 da Omar
È sorprendente ritrovarsi a constatare, dopo decine e decine di filmacci inguardabili recitati con il culo, che quella sagomaccia di Nicolas Cage è ancora un attore in grado di tirar fuori un'invidiabile verve interpretativa (d'altronde, non c'è da dimenticarlo, nonostante gli ultimi decenni ci abbiano abituato perlopiù alle mutazioni del suo parrucchino, Cage è pur sempre un premio Oscar!).In Joe, trasposizione del romanzo omonimo di Larry Brown, scrittore di dichiarate discendenze faulkneriane, siamo daccapo alle prese con il doloroso deragliamento di quel Sogno Americano ormai annebbiato: storia di violenza, solitudini e sconfitte, il film del 2013 di David Gordon Green allestisce un mondo in cui la speranza sembra essere bandita, un luogo dove i perdenti non trovano (o non vogliono trovare) via d’uscite alla loro impasse e dove, allora, l’unico lucore possibile è quello che si ottiene togliendo di mezzo quanto è già corrotto nell'illusione di poter piantare nuove radici.
Il protagonista Gary ha quindici anni e un padre alcolista che lo mazzula duro. Costretto a cambiare paese con la madre e la sorella per le intemperanze del genitore, il ragazzo arriva in una cittadina del Texas deciso a trovare lavoro e a proteggere la parte sana della sua famiglia. Assoldato da Joe Ransom, un uomo generoso coi deboli e aggressivo con gli arroganti, Gary trova pace e consiglio al suo fianco. Ex detenuto col vizio della birra e delle belle signore, Joe è noto alla polizia e inviso a un vecchio rivale che non smette di provocarlo rivelandone la natura collerica. Natura che sembra acquietarsi davanti allo sguardo azzurro e pulito di Gary, che non smette di provarci e di sognare un futuro migliore. Accomunati dallo stesso cuore, crescono insieme, percorrendo in un pick-up scassato i loro andirivieni tra gli abeti «avvelenati». Ma il mondo là fuori non smette di tormentarli.
Accendendo i riflettori su un'America rurale dimenticata e squallida, dove l'umanità sembra costretta a convivere con la sua parte peggiore, il regista mette momentaneamente da parte il cinema leggero degli ultimi anni (ma in qualche modo già Prince Avalanche aveva annunciato la transizione) e torna a confrontarsi con le storie dolorose e intime che aveva raccontato all’inizio della sua carriera: qui un adulto e un ragazzo si incontrano alla ricerca d'un cammino redentivo, nella ferma convinzione di meritarsi una dannata seconda occasione.
Nonostante un villain ottuso e un poliziotto ostinato, nonostante le forze incomprensibili e le pulsioni ancestrali (la fissa coi cani feroci, la dipendenza dalla birra e dalle dame da passeggio), il looser di Cage, che indossa il suo passato nell'ardente perturbabilità di uno sguardo in fondo ancora indomito, prova caparbiamente a scolpire il proprio posticino nella società civile e finisce per sperimentare una simbolica paternità. Partendo dalle proprie insufficienze, Joe non si offre a Gary come esempio ma come specchio riflesso dentro un paesaggio naturale sempre più selvaggio: un paesaggio dove gli alberi, come i figli, vengono avvelenati e poi abbattuti. Con il corpo e l'anima segnati dalle cicatrici, Joe e Gary si riconoscono, hanno bisogno l'uno dell'altro e sono capaci di guardarsi confortandosi nelle reciproche solitudini.La tragica epopea di Joe viene esposta nel racconto di Green con partecipazione e grande correttezza, trovando semmai il suo limite principale proprio nel risultare l’ennesima variante di un archetipo, nel suo scegliere un classicismo espositivo che non si discosta rispetto ad un binario solido ma abbondantemente battuto. Diventa pertanto l'interpretazione del cast il vero scarto: un divo come Nicolas Cage compie qui uno sforzo immane, tenendo a freno le sue intemperanze per fornirci una prova convincente, quasi tutta "a sottrarre", affiancato in questo da quel promettentissimo Tye Sheridan che ha saputo farsi valere anche in Tree of Life di Terrence Malick e in Mud di Jeff Nichols. Proprio con quest’ultimo film Joe ha molto in comune, dall’ambientazione southern al racconto dell’incontro tra un ragazzo in cerca di un padre e un uomo che, forse suo malgrado, si accorge di aver bisogno di un figlio. Gran bel lavoro.
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