A gennaio un imprenditore siciliano, Giovanni Botta, viene arrestato come prestanome del clan Lo PIccolo nella gestione di sale legali per puntate sportive. A quel punto confessa di aver gestito anche l’azzardo illegale : toto nero e scommesse clandestine.
Il gioco organizzato , secondo la procura nazionale antimafia , è la nuova frontiera della criminalità mafiosa. Cosa Nostra , camorra e ’ndrangheta non si limitano ad imporsi anche in questo ricchissimo mercato con i metodi di sempre : estorsioni, usura , rapine, sequestri, attentati , ferimenti e omicidi.
Oggi i clan mafiosi si stanno strutturando sotto forma di imprese normali , in apparenza pulite, capaci di beneficiare delle rendite monopolistiche garantite dalla privatizzazione delle concessioni statali. E soltanto inchieste difficili , con lunghe intercettazioni e preziose confessioni di pentiti, possono dimostrare che dietro queste aziende ci sono i boss e i capitali mafiosi.
Il contagio riguarda tutta l’Italia. I Casalesi erano riusciti a controllare Betting 2000 , che era la numero uno a livello nazionale per volume di scommesse sportive. Il loro prestanome. Renato Grasso, beneficiava di un monopolio dei fatto del noleggio di new slot e videolotterie grazie a patti territoriali con decine di boss della camorra. Solo questa inchiesta ha portato al sequestro di patrimoni di 150 milioni di euro e bingo sparsi in tutta Italia.
A Santa Maria Capua Vetere un clan camorristico prevedeva l’uso delle loro slot, anche con bande armate, ovviamente scollegati ai controlli fiscali e s’impadroniva delle vincite. Tra Caltanissetta e Catania alcuni clan controllavano i videopoker attraverso due reclutatori di imprenditori incensurati.
A Reggio Calabria un ricchissimo imprenditore , Camplo, titolare della società Are , sarebbe diventato il re dei videopoker , grazie all’appoggio di due famiglie della ‘ndrangheta. I magistrati gli hanno sequestrato opere d’arte di straordinario valore , tre aziende e la bellezza di 260 immobili.
Da Lecce è partita un inchiesta per un giro milionario di scommesse illegali via Internet, sulla Goldbet Sportwetten , controllata da soci e amministratori italiani. La Goldbet aveva una rete con 500 agenzie in tutta la Penisola : 50 erano controllate da un clan pugliese.
In Provincia di Modena il clan Schiavine, corrompendo due agenti di custodia , è riuscito a gestire dal carcere duro due bische clandestine , mascherate da circoli privati , che fruttavano ai Casalesi 200 mila euro al mese.
Altre inchieste mafiose sul gioco illegale coinvolgono tutta Italia, da Roma a Siracusa , da Gallipoli a Palermo. Ma il denaro sporco non ha confini , per cui le filiali abbondano anche in Lombardia, Emilia Romagna, o Veneto.
Tra le inchieste recenti c’è quella sul clan D’Alessandro. Sotto osservazione delle puntate anomale su circa 150 sospette partite di calcio e altri sport. Tra i fermati due manager di Intralot Italia , intercettati che vantavano rapporti con i boss di Castellamare di Stabia.
Dopo anni Tremonti aveva deciso di imporre manovre anti-mafia. Nessuna licenza con dirigenti condannati o indagati per associazione mafiosa e riciclaggio. E per il futuro i candidati alle licenze statali dovranno indicare tutti i proprietari effettivi con quote superiori al 2%. Secondo le grandi aziende è il primo intervento importante, ma non risolutivo. Se un azienda fa capo ad una società estera, con la solita off-shore esotica , la proprietà resta anonima.