Chi l’avrebbe detto che il Nepal esporta il 50% del Cardamomo consumato nel mondo e proprio dalle aree del Nepal orientale ,sotto il Makalu, dove è andato il nostro Gianni.
Ne esistono 16 qualità e, quella nepalese, è il famoso Cardamomo Nero (o lungo) da non confondersi con altri prodotti naturali con nome simile. Dalle colline piovose del Nepal orientale viene portato nei centri di raccolta di Dharan o Birtamod e, una volta essiccato, esportato, in massima parte in India. Da lì, rincarato, riparte per i principali consumatori mondiali che si trovano in tutta l’Asia, nei paesi Arabi e principalmente in Arabia Saudita e Egitto.
Le bacche tritate di Cardamomo finiscono nella composizione del forte “garam (caldo, piccante) masala”, usato specialmente con le carni ma anche in diversi medicinali naturali e olii buoni per curare disturbi di stomaco e respiratori. E’ la terza spezia per valore (dopo zafferano e vanilla) e viene venduta, nelle colline del Nepal orientale, per circa Nrs. 1300 (euro 1 3) al chilo, arriva a Delhi dove costa il 40% in più.
Si coltiva in posti umidi, all’ombra, in collina, si sfruttano i terreni marginali: in mezzo agli alberi della giungla, intorno ai campi di riso, frumento e miglio. La pianta (sempreverde) è arrivata qui alla fine dell’800 portata dai contadini a cottimo che lavoravano per gli inglesi nelle piantagioni di tea e spezie del vicino Sikkim. Quando lì la produzione è iniziata a calare per i costi troppo elevati (alla fine degli anni ’50) si è sviluppata, enormemente, nell’Ilam e nelle altri regioni di questa area. La crescita produttiva è mediamente del 13% all’anno, sono coinvolte oltre 33.000 famiglie e il volume d’affari è stimato dalla Large Cardamom Entrepreneurs’ Association of Nepal, in oltre USD 2 milioni.
Come in tutti i settori agricoli del Nepal i coltivatori pagano la mancanza d’aiuti cioè finanziamenti, accesso ai mercati, sviluppo di cooperative, logistica, essiccatori comunitari. La catena produttiva è lunga e penalizza i contadini. Comunque, una famiglia che lo coltiva non se la passa male guadagnando fino a euro 30-50 mila all’anno. Si raccolgono le bacche e si mettono a seccare per 12-24 ore e la buccia si rimuove ed è utilizzata per concimare i campi. Ci racconta Gianni da quei posti:
I sentieri sono continuamente percorsi da uominimulo, muli veri e propri e yak, tutti gravati di pesanti fardelli. Portano derrate e ripartono da Setwa o Tashi Gaom ben appesantiti da sacchi ricolmi. Trasportano fino a Num (inizio o fine del Mondo a seconda dei casi dato che li che finisce la strada) l`oro di queste regioni, il cardamomo nero (oichili) di cui il Nepal e` leader nel Mercato Mondiale. Sara` poi trasferito con jeep fino a Kandbari o Hille, arrivera` in camion a Dharan per essere quindi smistato verso i vari mercati (specialmente Indiano).
Fonte di ricchezza (purtroppo per pochi) se si puo`calcolare un introito dal raccolto di trenta/quaranta lack (euro 30-40 mila) a stagione per una famiglia. E` una delle spezie piu` care e pregiate, apprezzata anche per uso medicinale e i padroni degli appezzamenti, all`interno del Parco di Barantuse (area del Makalu) possono essere considerati ricchi. I bacelli neri essicati rendono parecchio. La raccolta del frutto avviene nella jungla da meta` ottobre a meta` novembre, con il finire delle piogge monsoniche; poi l`essicamento al sole o in apposite bhatti, quindi l`ammasso per la successiva esportazione.
I due principali raccolti di prodotti selvatici (appunto il cardamomo e, piu` in alto sebbene in misura minore rispetto ad altre aree, lo Yarsagumpa) costituiscono grande risorsa e in qualche modo creano una relativa ricchezza diffusa. Facilmente si riescono a introitare tre o quattro lack annuali, certamente non pochi per un impegno di tre o quattro mesi in un Paese in cui lo stipendio di un insegnante di scuola superiore, per giunta fuorisede, e` di diciottomila rupie mensili (euro 180). I giovanotti di questi villaggi non e` che si dannino quindi l`anima per riempire i mesi di stasi alla ricerca di altri lavori. Le famiglie accumulano, investono in muli, campi, oro o in case a Kathmandu. Qualche figlio lo mandano a studiare in India, pochi emigrano. S’attende lo scapestrato pronto a dilapidare i capitali accumulati in generazioni. Il gioco e il bere sono i consumi voluttuari più diffusi fra i villaggi.
Insomma parziale ricchezza ma non certo benessere, almeno per lo standard percettibile visivamente. Nei villaggi le abitazioni sono molto spartane sprovviste praticamente di ogni comfort, i bambini sempre vestiti in modo essenziale come in tutti i villaggi del Nepal. Qualcuno più fortunato, è sponsorizzato da qualche turista capitato qui che ha incontrato un gestore di lodge o una guida (i più ricchi) e s’è fatto convincere a fare un gesto umanitario. I realmente bisognosi (portatori, contadini senza terra) non entrano in contatto con gli stranieri, non parlano inglese e non possono fare commoventi geremiadi e, quindi, nessuno li aiuta; come, per l`appunto gli uominimulo molto distanti dall`iconografia delle grandi spedizioni Himalayane.
Chi ha i soldi se li spende, in parte, nei tavoli da gioco di casino`improvvisati in stanze di lodge o in luoghi di ritrovo come le scalcinate tea-bhatti, onnipresenti nei villaggi nepalesi. Qui si beve, malgrado il nome poco tea, ma tanto alcol prodotto in casa (da riso o frumento) o importato dalle città. S’innaffia,tra amici, la carne essiccata per mandare giù più liquote, si discute e, qualche volta, si litiga. I poliziotti girano con l`occhio accondiscendente di chi passerà, poi, per la questua serale
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