Se ne accorge, o forse nemmeno così tanto, Mr Cantor, ventiduenne protagonista di questo romanzo breve. Siamo a Newark, negli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale, e un'epidemia di polio arriva e mette in ginocchio la città, colpendo e portandosi via soprattutto bambini. Mr Cantor è un insegnante di ginnastica, forte, bravo, virile, ma con dei seri problemi di vista che gli hanno impedito di partire per la guerra. Un'onta per lui, che non riesce a superare. Sta trascorrendo l'estate come educatore in una sorta di centro estivo, in cui a poco a poco la maggior parte dei bambini viene colpita dalla malattia. Lui cerca di essere di conforto, di aiutare, i bambini a non avere paura e i genitori a superare questi momenti di tragedia. Cerca di non puntare il dito verso quei presunti untori che la paura in queste situazioni tende sempre a immaginare. Ma la sua sicurezza vacilla. Si sente impotente, non riesce a credere che ci possa essere un Dio che permette questo. Sente di non fare abbastanza per prevenire il contagio tra i suoi ragazzi, sebbene in realtà nessuno sapesse davvero, a quel tempo come si propagasse la malattia.
"Tu hai una coscienza, e una coscienza è un lodevole attributo, ma non se ti spinge a considerarti colpevole di cose che non sono alla portata della sua responsabilità"Finché un giorno la sua paura d'impulso decide per lui, facendolo partire per raggiungere la fidanzata, in un campo scuola lontano dalla polio e dalla sofferenza. Si sente in colpa, terribilmente in colpa, per aver abbandonato la sua città e i suoi ragazzi. E quel senso di colpa poi aumenterà, rovinando e segnando la sua vita per sempre.
"Una persona così è condannata. Niente di ciò che fa è all'altezza dell'ideale che nutre dentro di sé. Non sa mai dove finisce la sua responsabilità. Non accetta i propri limiti perché, gravato da un'austera bontà naturale che gli impedisce di rassegnarsi alle sofferenze degli altri, non riconoscerà mai di avere dei limiti senza sentirsene in colpa."E' un libro difficile, che tratta temi altrettanto difficili. La tragedia della malattia e della morte improvvisa, e che porta i bambini in quella "cassa in cui un dodicenne resta per sempre un dodicenne". La ricerca di colpe, perché in quei momenti trovare una colpa sembra necessario e fondamentale per poter sopravvivere. Il rapporto con Dio, quel Dio tanto buono e tanto caro che permette tutto questo e che nella concezione di Mr Carton è "un essere onnipotente che riunisce in un'unica entità diversa non tre persone, come il cristianesimo, ma due: uno stronzo depravato e un genio del male". E il rapporto con se stessi e l'immagine che di se stessi si ha e si vorrebbe avere, soprattutto in un'epoca in cui quando si partiva soldato la patria si difendeva e si serviva davvero, e la difficoltà di vivere nell'impossibilità di farlo.
Tante cose ci sono in questo libro. E Roth te le spiattella così, senza mezzi termini, senza sconti. In uno stile semplice, lineare, che possa arrivare e colpire tutti. E' lì la sua forza, la sua bravura.
Quella forza che ti stende e ti manda al tappeto. Anche se poi, alla fine, una mano per rialzarti te la tende. Ma non è sufficiente a cancellare tutto il male.
Nota alla traduzione: decisamente ben fatta.
Titolo: Nemesi
Autore: Philip Roth
Traduttore: Norman Gobetti
Pagine: 183
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: Einaudi
ISBN:978-8866213185
Prezzo di copertina: 13,00 €
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