TERZA PARTE DEL PAPER “NEOLIBERALISM: THE ORIGIN OF A POLITICAL SWEARWORD” DI OLIVER MARC HARTWICH. QUI LE PUNTATE PRECEDENTI.
La “terza via” di Rustow
Se vogliamo capire cosa avesse in mente Rustow quando parlava di neoliberismo, dobbiamo capire la sua essenziale interpretazione della storia economica. Durante tutti gli anni Venti si è occupato di strutture di mercato e cartelli. Come abbiamo visto in precedenza, la Germania era diventata una nazione di capitalismo corporativo, e le centinaia di cartelli erano una parte centrale di questo sistema. Come abbiamo notato, ci sono buone ragioni per considerare i cartelli e il grado di concentrazione nella Germania del tardo Diciannovesimo e dell’inizio del Ventesimo secolo come un risultato diretto di politica pubblica. Il fatto che i mercati fossero diventati monopolizzati, cosicché le grandi compagnie potessero colludere con i loro presunti concorrenti senza essere disturbate da nessuno, non accadde per caso. Fu possibile unicamente poiché i cartelli erano protetti dalla competizione internazionale attraverso il sistema protezionistico della Germania, che fu posto in essere dal 1879. I tribunali hanno confermato i contratti che limitavano il commercio rifacendosi alla loro desiderabilità da un punto di vista di politica pubblica.
Inoltre, concentrare la struttura industriale della Germania era nell’interesse del Kaiser e del suo governo, che miravano a guidare lo sviluppo industriale del paese. I loro obiettivi politici finali erano raggiungere il potere industriale dell’Inghilterra, magari competendo a livello militare con essa, e trovare il “posto al sole” della Germania nell’era dell’Imperialismo.
Il periodo in cui prese il via la monopolizzazione delle strutture industriali della Germania era un’epoca di mobilizzazione (politica), non di capitalismo rampante. Dove, dopo il 1873, furono messe in atto leggi economicamente liberali (guardiamo per esempio al Codice Civile) il loro obiettivo finale era facilitare il processo di recupero economico della Germania nei confronti dell’Impero inglese. Tra gli storici dell’economia di oggi c’è ampio accordo nel sostenere che la Germania stesse praticando un sistema di “capitalismo organizzato”, ovvero una versione politicizzata del capitalismo the utilizzava i mercati per raggiungere obiettivi politici.
L’analisi di Rustow differiva da questa visione della storia economica della Germania. Egli vide anche lo sviluppo della Gemania all’interno di una degenerata economia di mercato: pesantemente cartellizzata, dipendente dai sussidi, soggetta a frequenti intromissioni. Ma per Rustow tutti questi fenomeni potevano essere ascriti non a qualche politica del governo, ma ai mercati non regolati. Egli prevedeva un’inevitabile tendenza dei mercati a degenerare se lasciati liberi, ignorando al contempo l’influenza negativa di un’ economia chiusa. Nel suo libro “The Failure of Economic Liberalism”, Rustow apparve totalmente deterministico, come Marx: Noi [i neoliberali] siamo d’accordo con i marxisti e i socialisti nella convinzione che il capitalismo è insostenibile e deve essere superato. E pensiamo anche che la loro dimostrazione che il capitalismo esagerato conseguentemente porta al collettivismo sia corretta e sia una geniale scoperta del loro maestro [Karl Marx]. Riconoscerlo sembra essere richiesto dall’onestà intellettuale. Comunque, noi rifiutiamo gli errori che Marx ha adottato dal liberalismo storico. E se noi, insieme ai socialisti, rifiutiamo il capitalismo, allora rifiutiamo anche il collettivismo che cresce ancor di più dal capitalismo esagerato. La nostra più severa accusa verso il capitalismo è semplicemente questa: che esso (come i collettivisti si insegnano tra loro) presto o tardi porta al collettivismo.
Nel suo saggio “Between Capitalism and Communism” (originariamente pubblicato nel 1949 su ORDO, il giornale del movimento neoliberale tedesco), Rustow ha esplicitamente sostenuto una “Terza Via” tra le due ideologie. Egli ha riconosciuto che i mercati generalmente funzionano bene in perfetta competizione. In ogni caso, accusò Adam Smith di avere un astio polemico contro lo Stato, che gli ha fatto negare le necessarie istituzioni dei mercati determinate dallo Stato stesso. Questo, così ha affermato Rustow, ha causato la degenerazione dell’economia di mercato in un sistema di insostenibile capitalismo. In una lunga nota, egli proseguì a spiegare che aveva bisogno di insistere su una differenziazione tra “l’economia di mercato in perfetta competizione veramente libera” e la sua “degenerazione sussidiarista-monopolista-pluralista”, che egli considerava come una “varietà patologicamente degenerata” della vera competizione di mercato e per la quale egli suggerì il termine “capitalismo”. Se il “laissez faire” e il liberalismo secondo lo stile di Adam Smith erano così negativi secondo Rustow, avrebbe allora preferito un’economia pianificata? La sua risposta è un netto, roboante “no”.
Con la stessa verve retorica che ha usato per condannare il capitalismo, egli rifiuta ugualmente le promesse del socialismo e del comunismo. Essi non erano sistemi economici praticabili, ed erano anche incompatibili con la democrazia, la libertà e la dignità umana. Tutto ciò lo portò a richiedere una via di mezzo tra il “laissez faire” e socialismo, una “Terza Via”. “Dovremmo essere felici”, scrisse Rustow, “di non dover fare una difficile scelta tra “capitalismo” e “comunismo”, ma che ci sia una “Terza Via”. Ironicamente, è la stessa identica logica che fa affermare agli odierni critici del neoliberismo che non bisogna più scegliere tra Hayek e Brezhnev, come il Primo Ministro Kevin Rudd ha espresso in un discorso al Centro per gli Studi Indipendenti nel 2008. Sebbene i sostenitori contemporanei di una “Terza Via” pretendano di combattere il neoliberismo, secondo Rustow questa stessa “Terza Via” era neoliberismo. Egli lo chiamò neoliberismo per differenziarlo dal precedente liberalismo, per il quale Rustow ha usato frequentemente termini dispregiativi come “liberalismo volgare”, “liberalismo di Manchester”, o “paleo-liberalismo”. Rustow voleva rompere con questa vecchia tradizione liberale per inserire un nuovo liberalismo al suo posto – da qui il prefisso “neo”.