Erano bei tempi quando, prima della Rivoluzione del 2006, c’incontravamo con Pun Lama (oggi membro maoista dell’Assemblea Costituente) per mediare fra le loro esigenze di controllo e le nostre, dirette a far funzionare i progetti.
Nascosti come cospiratori in un posto splendido, una radura che sembrava aspettare solo Krishna e le sue Gopini, proprio sopra il Sun Kosi, a Kavre. Lì fra gli alberi, discutevamo per ore, in una faticosa mediazione diretta a concedere ai maoisti niente rispetto alle loro richieste: donazioni, incarichi, potere. Loro erano in pieno entusiasmo, stavano vincendo la battaglia politica e combattuta contro il governo, controllavano l’80% delle zone collinare e montane del Nepal.
Per Pun e i suoi uomini sembrava tutto facile, sfilavano con entusiasmo nelle radure di Narayansthan, sfoggiavano fucili e mitragliatrici, raccoglievano consensi fra gli studenti e gli insegnanti. Meno fra i contadini, obbligati a costanti donazioni in denaro, cibo e accoglienza. Unico problema la comparsa, rara, di qualche elicottero dell’esercito che, per avere una ragione d’esistere, mitragliava a casaccio.
Malgrado il conflitto e la clandestinità penso che Pun si divertisse più allora. Certo oggi è diventato un uomo di potere, con più soldi e facilities come tutti i capoccioni maoisti ma la mediazione fra i partiti, fra gli stessi maoisti, con i postulanti e i vecchi combattenti è sicuramente più complicata e faticosa. Oggi dovrebbe saper dire di no, ma per un politico è quasi impossibile.
Ed ecco che anche lo stesso partito, allora solido e compatto, si sfalda di fronte alle molte richieste divergenti.
I moderati intorno all’attuale Primo Ministro Bhattarai (già al tempo del conflitto considerato un po’ troppo fighetta) cercano di comporre le esigenze di governare un paese allo sfascio, di consolidare il loro potere (governo con il più alto numero di membri), di resistere agli attacchi costanti delle opposizione e di sistemare gli oltre 18.000 combattenti maoisti, sparsi in 28 campi, un po’ bolliti dalla permanenza ma sempre una forza insidiosa.
Dal lato opposto il duro Mohan Baidya detto Kiran che s’oppone a tutto ciò che propongono Bhattarai e Prachanda. Quest’ultimo, il leader supremo, sta lottando con i denti per non venir schiacciato e marginalizzato nel suo partito.
Questa è la situazione interna alla principale forza politica; l’opposizione continua a protestare perché mentre si fa qualche passo per risolvere la situazione dei combattenti, nessuno fra i maoisti sembra intenzionato a restituire le proprietà sequestrate durante il conflitto a oltre 1.000 cittadini. Queste sono diventate un reddito per il partito, i quadri periferici e i tanti profittatori che si sono aggregati. Già la Corte Suprema nel 2009 aveva ordinato il ritorno ai legittimi proprietari e lo stesso accordo fra i maggiori partiti politici che ha fatto riprendere il processo di pace (7 points agreement, poi diventato 12 points) lo prevedeva.
Oggi tutti protestano contro i maoisti per non averlo rispettato e, ancora una volta rischia di bloccarsi tutto, specie la pace politica che ha permesso al Governo Bhattarai d’iniziare a fare qualcosa per intervenire sui problemi della gente comune. Contemporaneamente la pomposa SRC (State Restructuring Commission) parte dell’altrettanto roboante Ministry for Peace and Reconstruction sta subendo critiche pesantissime. La sua composizione sembra diretta unicamente a prendere altri soldi dai donatori internazionali e infatti c’hanno infilato dentro prestanome dei principali partiti politici, già introdotti i ONG e INGO. In Nepal le ONG sono parte del sistema come da noi gli enti pubblici.
Pun sta lottando per ottenere qualche posto in tutto questo meccanismo, un po’ di potere per garantirsi un posto alle prossime elezioni se, in realtà, l’Assemblea Costituente non verrà ulteriormente prorogata come è avvenuto oggi per altri 6 mesi. (nata nel 2008 doveva durare due anni e redigere la nuova costituzione).
Nei campi dei combattenti (il 20% li ha già abbandonati) sta muovendosi una commissione nazionale per “categorizzare” i circa 18.000 ex-guerriglieri (di cui molti inventati). Sembra che tutto stia muovendosi abbastanza bene dopo il tragico fallimento delle NU che hanno contribuito ad allungare per 2 anni le tensioni politiche e sociali derivanti dalla mancata risoluzione del problema.
In base agli accordi sembra che circa il 60% dei combattenti vorrebbe tornarsene a casa con circa euro 800 in tasca; il 40% vorrebbe essere integrato nelle forze di sicurezza statali. Nessuno vuole entrare nel programma di riabilitazione (corsi di formazione, etc.) dopo l’esperimento disastroso fatto da alcuni con le NU.
Per favorire il processo di pace sono volati in Nepal almeno USD 1 milione dai donatori internazionali, più i soldi per pagare elicotteri, aerei e personale inutile dell’UNMIN. E siamo sempre qua.