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Nepotismo acuto

Creato il 10 febbraio 2012 da Tnepd
Nepotismo acutoAsciugatasi la lacrimuccia d’ordinanza e sguainando un artiglio felino da mamma gatta alla quale dei monellacci hanno stropicciato i cuccioli, la ministra del Welfare ha risposto che sua figlia sa difendersi benissimo da sola dall’attacco mediatico dovuto alla scoperta dei suoi innumerevoli crediti accademici in odor di nepotismo. Un bel riassunto del come questa genia praecox, solo casualmente figlia di baroni universitari, abbia fatto carriera in Università alla velocità della luce, tra un conflitto di interessi e l’altro, si trova in questo articolo.
Certo che sanno difendersi i cuccioli. Difatti la praecox, assai piccata dalle domande maliziose dei giornalisti sulla sua fulminante carriera accademica, ci ha fatto sapere, miagolando e soffiando, che non ha niente da dire e che “per lei parla il suo curriculum”. Immagino si riferisca alle famose pubblicazioni delle quali si riempiono la bocca tutti i ricercatori e docenti del mondo, per vomitarcele addosso a tradimento ogni volta che li si punge nel vivo. Eccheppalle, mi consenta.

Le pubblicazioni, già. Al tempo.
Anch’io formichella, nel mio piccolo, ho frequentato l’Università e, osservando soprattutto il parco docenti, mi sono fatta un’idea di come funziona la baracca e mi ci sono incazzata.
Docenti che ti domandi come cavolo siano riusciti ad ottenere una cattedra vista la loro pochezza intellettuale e, in alcuni casi, conclamata ignoranza.
Professori affetti da una preoccupante serie di patologie mentali che li porta a comportarsi come il colonnello Kurtz nel loro personale Vietnam accademico dove si torturano studenti e si celebra il culto della loro personalità disturbata.
Docenti che hanno dedicato una vita intera ad un solo argomento di studio, senza per altro neppure assaggiare una cucchiaiata di Premio Nobel e facendoti venire il dubbio che quello che studiano sia in fondo un falso problema che vedono solo loro. Come i reticoli spia degli schizofrenici.
Relatori infine che ti lisciano il pelo fino al giorno della laurea, promettendoti la pubblicazione della tua tesi geniale, carriere da assistente e dottorati a ripetizione e che, quando finalmente ti laurei con il massimo dei voti ed esprimi il desiderio di continuare con il famoso dottorato per farti quella carriera che ti avevano prospettato, vista la tua bravura, si bloccano, vanno in blue screen e balbettano che “Beh, sai, non è così facile entrare nel dottorato, i posti sono limitati”. Come premio di consolazione, ti offrono di “collaborare” con loro nel loro staff.

Ed ecco dove entrano a gamba tesa le famose pubblicazioni tanto preziose per i ricercatori. Bisogna premettere che non conta il numero degli articoli pubblicati in sé ma dove si pubblicano, ovvero su determinate riviste scientifiche di fama mondiale, quasi tutte straniere, dove non pubblicano dogs & pigs. Topolino, L’Eco del Chisone e Focus, per intenderci, non fanno curriculum.
Frequentando l’ambiente universitario e i colleghi più anziani, scopri presto che l’articolo, a volte, è solo “firmato” dal famoso docente. La ricerca, il follow-up e le conclusioni le conducono e producono gli assistenti o addirittura gli studenti. Quelli più bravi naturalmente. Insomma, tu ti spremi l’encefalo con un’idea magari tua, la concretizzi in una brillante ricerca e il docente o il capo ricercatore si fanno belli con il culo degli altri. Ci mettono la firma, fanno pubblicare la ricerca a loro nome e l’articolo va nel loro curriculum, che si ingrossa a dismisura. Non che vada sempre così ma succede molto spesso.

Con queste premesse e conoscendo il pollame accademico, a quel punto, quando il relatore fa macchina indietro nel darti il suo appoggio per entrare nel dottorato di ricerca, capisci che, o ti prostituisci nel classico modo o nell’altro che consiste nello scrivere roba tua da far firmare al docente, oppure ciccia. Di solito, se non sei peloso sullo stomaco come BigFoot, li mandi tutti a cagare e rinunci alla tua brillante carriera universitaria.

Quello che voglio dire è che, conoscendo certe magagne dell’Università, quando vedi certi curriculum alla John Holmes, il sospetto che non sia tutta farina dello stesso sacco ma che si sia utilizzata la riserva di “ghost writers”, è inevitabile ti venga. E, visto il pedigree di certi cuccioli, ti domandi: non sarà che i posti sono limitati perché bisogna riservarli agli skizzi geniali dei docenti e dei loro amici  e soci di club e di grembiulino?
A proposito di pubblicazioni, ecco un interessante articolo,  intitolato “Measuring Nepotism through Shared Last Names: The Case of Italian Academia”, pubblicato da un ricercatore dell’Università di Chicago, Stefano Allesina, che ha analizzato statisticamente la ricorrenza dei cognomi all’interno degli elenchi dei docenti universitari italiani. I risultati sono analizzati qui e confermano purtroppo i sospetti che avevamo. Il nepotismo, nelle accademie italiane, dilaga come i batteri resistenti agli antibiotici negli ospedali.

Ecco perché le reazioni puntute della patrizia prole baciata dalla fortuna a suon di posti fissi prestigiosi e milionari in università, banche e multinazionali, dei secchioni a spinta che danno di sfigati agli altri sono ancora più indisponenti e ci fanno toccare i nervi. Noi che vorremmo avere avuto solo le loro stesse opportunità, perché eravamo bravi e ce lo saremmo meritati.

A dar fastidio non è il fatto che i castamen e le loro femmine piazzino i loro skizzi, tutti geni, tutti intelligentissimi, tutti bravissimi - e che magari, poracci, in certi casi lo sono davvero ad occupare tutti i posti chiave della società, affinché la Casta perpetui sé stessa. Lo sappiamo come va il mondo. Che l’avvocatone Carcharodon Carcharias passi i clienti al figlio è normale. Che si piazzino i figli in ditta o in quella di chi ti deve un favore grosso così è fisiologico.
Succede sicuramente anche a Yale, a Princeton e al MIT che per il figlio del miliardario e del confratello massone si abbia un occhio di riguardo. Il trota dei Bush è addirittura diventato presidente degli Stati Uniti.
Però in Italia, da parte di questi ricchi che si tramandano il potere per via di sangue come i re c’è una strafottenza medioevale da signore feudale che si rivolge alla plebe, un atteggiamento da Papa Borgia & figli che è assolutamente insopportabile.
E’ il solito marchesedelgrillismo del “noi siamo noi e voi non siete un cazzo” che riconosciamo dall’odore anche se proviene da una gentile signora in Chanel e giro di perle. Odore che assomiglia moltissimo a quello della merda.

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