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Fabio Delizzos, classe 1969, è nato a Torino e vive a Roma. Laureato in Filosofia, musicista, è strategic writer per network tv internazionali. Con la Newton and Compton ha pubblicato La Setta degli Alchimisti, i cui diritti sono stati venduti in Russia e Spagna.
La cattedrale dell'Anticristo è il suo secondo romanzo. Fabio ha accettato di rispondere per noi alle domande della neraintervista.
1. Iniziamo da uno dei protagonisti del romanzo "La cattedrale dell'Anticristo": Friedrich Nietzsche. Come è nata l'idea di rispolverare questo grande filosofo e di restituirlo ai tuoi lettori nell'insolita veste di investigatore?
Tutto è nato dal desiderio di scrivere un thriller ambientato in una cupa Torino ottocentesca. Cupa, ma bella, perché volevo che fosse un piccolo omaggio alla città in cui sono nato. Gli altri argomenti che mi interessavano in quel momento, e sui quali volevo costruire la storia, erano lo gnosticismo cristiano, l’antisemitismo, le radici esoteriche del nazismo, l’occultismo di fine Ottocento e, possibilmente, le idee di Nietzsche. Non è stato difficile invitarlo a partecipare, dato che ha vissuto a Torino e dato che adorava la città quanto me. Non ultimo, attorno alla sua figura potevo facilmente fare ruotare tutti i temi che avevo in mente.
2. Nel romanzo hai descritto con grande verosimiglianza la Torino di fine Ottocento. Come si è svolto il lavoro di documentazione storica?
Mi sono avvalso di libri, anche di testi dell’epoca, di foto e di mappe della città. Inoltre, documentandomi sulla permanenza di Nietzsche a Torino, trovavo via via informazioni interessanti. Nietzsche stesso parla molto di Torino. Come ho detto, l’amava tantissimo, tanto da ritenerla l’unico luogo in cui lui era possibile. Mi sono stati utili anche alcuni sopralluoghi durante la stesura del romanzo. Però, ancor più che concentrarmi sulla ricostruzione fedele della città, ho cercato di ricrearne l’atmosfera e il carattere, anche introducendo nella storia persone realmente esistite, come, ad esempio, il direttore del Museo Egizio.
3. Dalla tua biografia si legge che sei nato a Torino ma vivi a Roma. Quanto pesa, nella tua scrittura, questo dualismo tra la Città eterna e la Città sabauda, da sempre considerata uno dei centri nevralgici dell'occultismo?
Pesa. Vivo il contrasto. C’è una tensione permanente tra questi due luoghi. Giovanni Paolo II, quando nel settembre 1988 si è recato in visita a Torino, ha detto: «La città di Torino era per me un enigma, ma dalla storia della Salvezza sappiamo che là dove ci sono i santi entra anche un altro che non si presenta con il suo nome. Si chiama il Principe di questo mondo, il demonio». Se si pensa al peso che ha la Chiesa a Roma, questo rende l’idea del contrasto, ancora vivo, tra le due città.
4. Nel tuo romanzo emerge un certo parallelismo tra la celebre e discussa "Golden Dawn" londinese, da alcuni considerata la vera responsabile dei delitti attribuiti a Jack lo Squaratore, e l'aristocrazia torinese dedita a un fanatismo pangermanico. Come è nata quest'idea?
È una di quelle connessioni spontanee di cui ho parlato prima: gli omicidi dello Squartatore, a Londra, avvenivano proprio nello stesso periodo in cui è ambientato il romanzo; le indagini del colonnello Pural riguardano omicidi di tipo rituale, nei confronti dei quali i carabinieri di Torino erano impreparati quanto la Scotland Yard di allora; e poi, la Golden Dawn ha molto a che fare con lo gnosticismo, e la sua storia interseca quella delle origini occulte del nazismo. All’epoca, come forse anche oggi, i membri dell’élite, specialmente gli uomini di potere, amavano dedicarsi all’occultismo. Nel mio romanzo, l’aristocrazia torinese pratica un cristianesimo gnostico estremo, per il quale il Dio della Bibbia (ebraica) è il Male, da qui nasce il legame con gli antisemiti tedeschi, ovviamente interessati a un simile cristianesimo. Come lo furono in effetti. Una volta l’anno gli aerei nazisti sorvolavano l’ultima roccaforte catara tracciando una svastica nel cielo, per commemorare il giorno del loro annientamento da parte della Chiesa di Roma. Sono sicuro, però, che i catari non avrebbero simpatizzato per i nazisti.
5. Filosofia e thriller. Esiste secondo te una connessione tra il processo investigativo e la filosofia e quanto la tua formazione ha influito sulla costruzione del plot narrativo?
La filosofia è indagine, una forma estrema di investigazione, quindi, sì, esiste una connessione. Il filosofo è un pensatore che cerca di capire come stanno le cose e sa porsi delle buone domande, proprio come un bravo detective. La mia formazione ha influito nella misura in cui mi ha fatto sentire abbastanza a mio agio nel trattare argomenti come questi. E diciamo che mi ha messo a disposizione alcuni rocchetti di filo omaggio per tessere la trama.
Grazie a Fabio per la chiacchiarata. Per chi volesse incontrare l'Autore e si trovasse in quel di Catania, potrà partecipare alla presentazione presso la libreria Mondadori alle ore 19.00.
Chi invece vuole seguire "La cattedrale dell'Anticristo" mediante facebook, può cliccare qui.
Vi lascio il booktrailer del primo romanzo dell'Autore, La Setta degli Alchimisti (Newton and Compton):
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