«A come acqua, B come don Tonino Bello, C come cozze, M come Mezzogiorno. Un abbecedario del Sud è il piolo che regge i nove racconti di Meridione d’inchiostro. L’idea di un sud-ario narrativo si innesta sul tronco della fortunata antologia di Filippo La Porta, osservatore romano per Manni della fine della «controra» pugliese. Anche nel volume uscito ora da Stilo gli autori dei testi, tutti inediti, sono per lo più i nuovi scrittori del Tacco. Il curatore Giovanni Turi shakera accenti e temi diversi in un ensemble da cui fuoriesce una koiné linguistica e culturale, sgombra di barocchismi di stile e di pensiero. È un Mezzogiorno che scrive con il tratto acuminato e ruvido di una penna intinta, è il caso di dire, nell’inchiostro nero della sua malora. Una terra dove basta la rottura di una conduttura idrica a causare l’apocalissi, come nel racconto battistrada di Livio Romano, che già nell’incipit fa vibrare la corda del grottesco occhieggiando la Metamorfosi kafkiana («Quella mattina Gregorio aveva messo la sveglia alle sette in punto»). Da dove se un padre si ammala gli tocca partire con il figlio per un viaggio della speranza, salvo poi diventare quell’esperienza nella narrazione di Raffaele Nigro il liquido di contrasto di una radiografia degli affetti. Covo di vite cariate come l’ubriaco di Osvaldo Capraro che vede il mondo "sopra sotto".E al rovescio è il destino dei pescatori del noir di Omar Di Monopoli in cui è Abele a uccidere Caino. [prosegue qui] »
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«A come acqua, B come don Tonino Bello, C come cozze, M come Mezzogiorno. Un abbecedario del Sud è il piolo che regge i nove racconti di Meridione d’inchiostro. L’idea di un sud-ario narrativo si innesta sul tronco della fortunata antologia di Filippo La Porta, osservatore romano per Manni della fine della «controra» pugliese. Anche nel volume uscito ora da Stilo gli autori dei testi, tutti inediti, sono per lo più i nuovi scrittori del Tacco. Il curatore Giovanni Turi shakera accenti e temi diversi in un ensemble da cui fuoriesce una koiné linguistica e culturale, sgombra di barocchismi di stile e di pensiero. È un Mezzogiorno che scrive con il tratto acuminato e ruvido di una penna intinta, è il caso di dire, nell’inchiostro nero della sua malora. Una terra dove basta la rottura di una conduttura idrica a causare l’apocalissi, come nel racconto battistrada di Livio Romano, che già nell’incipit fa vibrare la corda del grottesco occhieggiando la Metamorfosi kafkiana («Quella mattina Gregorio aveva messo la sveglia alle sette in punto»). Da dove se un padre si ammala gli tocca partire con il figlio per un viaggio della speranza, salvo poi diventare quell’esperienza nella narrazione di Raffaele Nigro il liquido di contrasto di una radiografia degli affetti. Covo di vite cariate come l’ubriaco di Osvaldo Capraro che vede il mondo "sopra sotto".E al rovescio è il destino dei pescatori del noir di Omar Di Monopoli in cui è Abele a uccidere Caino. [prosegue qui] »
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