Posted on mag 9, 2013
Cinema K2, 10 maggio 2013, ore 21.00
Ingresso libero a inviti
NERONE E AGRIPPINA (Italia, 1913, 84’)
Regia: Mario Caserini, sceneggiatura: Luigi Marchese, fotografia: Angelo Scalenghe, Giacomo Farò, scenografia: Emilio Petacci, Riccardo Rosso, interpreti: Vittorio Rossi Pianelli, Maria Caserini Gasparini, Lydia De Roberti.
Copia restaurata con sottotitoli in italiano proveniente da Norsk Filminstitutt.
Accompagnamento musicale del Maestro Antonio Coppola
«Evocazione della vita e degli intrighi di corte durante il regno del sanguinario istrione nella Roma imperiale del I secolo d. C. Primo kolossal girato a Verona, nell’ottobre 1913 in Arena, da Mario Caserini. Una copia con didascalie in danese è stata fortunosamente ritrovata nel 1999 nella cineteca di Oslo e restaurata dal Norsk Filminstitut. In Francia il film venne lanciato dalla Pathé Frères, che ne aveva acquisito l’esclusiva per 150 mila franchi, e lo presentava come film “impressioné sur film ininflammable”, annunciando un costo di realizzazione di un milione. Per Spagna e Portogallo il film venne distribuito da R. Prieur & Co, e poi da Eclipse Exclusives di Londra (negli annunci si parlava di “A colossal production – 100 Artistes of first rank – Scenes in the circus taken in the Arena of Verona, the only Roman circus perfectly preserved”). La censura richiese la soppressione di una scena in cui Nerone denudava e poi trasportava sulle braccia una danzatrice; inoltre impose che un’altra scena, quella della fustigazione di una schiava, venisse appena accennata. Contemporaneamente Caserini girò delle scene per Gli ultimi giorni di Pompei, al quale poi rinunciò per l’uscita negli stessi mesi di altri due film sullo stesso tema.» Giancarlo Beltrame, Verona e il cinema
Nato a Roma nel 1956, Antonio Coppola inizia giovanissimo lo studio del pianoforte. Nel 1965 entra al conservatorio di Santa Cecilia per seguire i corsi di pianoforte, composizione e direzione d’orchestra fino al 1977. Già dal 1973 inizia a lavorare come pianista di scena per produzioni teatrali e classi di danza contemporanea. Dal 1975 è specialista nella creazione, realizzazione e improvvisazione di colonne sonore per il cinema muto
Nerone e Agrippina un colossal 1914
Nerone (Vittorio Rossi Pianelli)
La più grande pellicola storica mai pubblicata
Contro il cinematografo ne sono state dette e stampate di tutti i colori. Più esso entrava nelle simpatie delle masse, più si accentuavano le avversioni. E non tutte invero, interessate.
Qualcheduno nella recente invenzione e nel favore che l’ha accompagnata ha voluto vedere persino un indice di decadenza e ha imprecato al cinematografo augurandogli un mortale esaurimento per anemia.
L’arte cinematografica – poiché può realmente chiamarsi arte – ha invece preso più che mai piede Essa si è affrancata dalle pastoie che prima la tenevano e ha assicurata la sua vitalità.
E’ certo che se essa si fosse ancora tardata alla riproduzione dei soliti fattacci di cronaca, delle vecchie favole sentimentali, fritte e rifritte nei copioni dei primi letteratonzoli del nuovo genere, avrebbe finito per stancare e avrebbe dovuto rassegnarsi ali’ isolamento nelle fiere paesane, ove soltanto avrebbero ancora potuto aver fortuna e le commoventi storie d’amore e le straordinarie avventure dei poliziotti dilettanti e della mano nera e il paradossale grottesco delle scene comiche finali. – Ora forse non più.
Che sia un bene o che sia un male non è il caso di discutere.
Sta il fatto che la cinematografia si è affermata e ha assicurato il suo successo. La speculazione commerciale si è mutata, o forse meglio si è combinata con una manifestazione artistica, ha messo a contribuzione letterati fra i migliori, musicisti, pittori decoratori: ha chiamato a sé gli artisti di teatro dei più acclamati, sicché questi che pur dianzi urlavano il «crucifige» non disdegnano ora più – per le mutate condizioni — sperimentare ogni loro abilità dinanzi all’obbiettivo fotografico e contribuiscono al successo della film.
Ma, per giungere a tanto, ostacoli non lievi si sono dovuti superare. La rappresentazione ristretta nella sola anione mimica — spesso ancora questa scadente – privata dal coefficiente più grande e migliore che è la parola, n’era uno dei maggiori.
Alla deficienza si è dovuto supplire ricorrendo ad altri elementi: si è dovuto allettare il senso della vista usando magnificenza e grandiosità. Posto il principio della concorrenza al teatro si è dovuto dare qualche cosa di più del teatro.
Sono sorte così le grandi case cinematografiche le quali impiegano capitali ingentissimi, le quali hanno eserciti di operai, intere compagnie artistiche, fabbriche proprie, materiale ricchissimo. Sono venute così le spettacolose films nelle quali con diligenti studi di tipi e di ambienti, con accurate ricostruzioni si fanno rivivere sullo schermo bianco episodi di lontane epoche storiche, le quali sulle altre ricostruzioni narrative, poetiche, drammatiche questo vantaggio principalmente hanno: la verità.
Oggi una casa cinematografica italiana la «Films Artistica Gloria», ha tentata la ricostruzione di uno dei più meravigliosi periodi di Roma imperiale, periodo di magnificenza e di fasto che caratterizzo il precipitoso declinare dell’antica potenza, quando il «civis romanus» era ormai troppo grave peso lo scudo e l’asta e solo amava l’orgia, sia pur goduta nelle taverne della suburra o fra gli sfibranti profumi delle sale imperiali.
La lunga pellicola riproduce fedelmente un ambiente che la nostra sola virtù ideativa può difficilmente far rivivere attraverso le comuni conoscenze storiche. E in essa, più che la virtuosità degli attori che la interpretano, è elemento di precipuo valore il concorso portatevi dagli studiosi che si sono attardati con paziente amore sulle più piccole sfumature.
Rappresenta Nerone e Agrippina ed è una evocazione meravigliosa della romana vita durante il regno del sanguinario istrione che, allievo del filosofo più vantato, adunò in sé e peggiorò le dissolutezze e le atrocità dei precedenti imperatori, fece pompa delle infamie che Tiberio aveva nascoste fra gli scogli di Capri, trattò espertamente veleni, incendiò, uccise maestro e moglie, amante e madre, mentre sottoterra in antri impenetrabili ed oscuri, una nuova società, così diversa dall’altra, che doveva sovvertire il mondo pagano e instaurare una nuova legge di rigenerazione gettava i suoi primi tentacoli fra le persecuzioni e i supplizi.
Agrippina (Maria Caserini Gasperini)
Accanto alla paurosa figura del vituperevole Cesare, e le dissolutezze e la tristizia della madre Agrippina e la sua ambizione di comando che la rende nemica al figlio del figlio e intorno la corte imperiale ove gavazzano liberti e feccia di femmine, cinedi pretoriani, filosofi, e il tumulto delle passioni e gli sconci festini, le ruberie, la ribellione.
Tutto questo rivive nella proiezione dell’immagine.
Dalla Domus Aurea e dai Palazzi imperiali della Roma neroniana alle divine marine d’Anzio, dove la trireme ancorata attendeva il sacrificio di Agrippina, dai quieti riposi delle ville di Pompei (un quadro di Alma Tadema in movimento), alla scena arguta del Senato Romano, dal teatro strepitante di patrizi e di popolo allo spettacolo raccapricciante di Roma incendiata dalle orgie del torbido imperatore al supplizio tremendo dei cristiani, esposti alle belve e crocifissi fra le fiamme del Circo, dalle prime commoventi riunioni dei cristiani alle catacombe al terribile suicidio di Nerone, tutta l’epopea del crudele imperatore esteta a cui Roma, giunta al fastigio della potenza e dello splendore, offre i suoi fastosi scenari, rivive innanzi allo spettatore.
La ricostruzione mimica esatta, organica, sfida la descrizione verbale.
Essa vince, per così dire il lento ma deleterio sfacelo dei secoli, riconduce la vita fra le rovine millenarie che conobbero ogni fortuna, rimette sui piedistalli le statue cadute, ripopola di folla pretestata gli altri marmorei delle basiliche i colonnati del Foro, riconduce la vita nella fastosità grandiosa della Roma dei Cesari.
Rivediamo lo splendore sfarzoso delle case romane popolate di schiavi, muti e paurosi ministri di orgiastici riti senza nome, l’eleganza raffinata del gusto orientale che ha spodestata la semplicità della foga quirite, i segni della decadenza e del disfacimento sì, in uno scenario il più magnifico e della più pura bellezza classica.
E’ la nuovissima fra le arti la cosi detta arte del silenzio che fa rivivere questo mostruoso prodotto di elementi diversi, Nerone, pauroso, irrequieto figlio di un laborioso periodo di disfacimento morale che passò sul mondo — come dice il Sienkievikz — simile al turbine all’uragano, all’incendio, alla guerra, alla peste.
Ma per giungere a questi effetti occorre una seria rigorosa organizzazione e capitali ingentissimi. In questi due elementi, sta la salvezza avvenire dell’arte cinematografica.
Dicono – e bisogna crederci – che questa nuova pellicola costi un milione.
Disciplinata sotto una sapiente direzione artistica, studiosa dei più minuti particolari nella ricostruzione dell’ambiente per ossequio, pur nelle minuzie della verità storica, essa ha avuta necessità di una folla innumere di attori, di vestiaristi, di pittori, decoratori, scenografi architetti. Mi dicono che per le scene delle feste nel circo che ebbero a modello l’ampio pulvinare dell’arena di Verona, siano state impiegate oltre quattromila persone. Io ricordo con viva soddisfazione lo spettacolo che si offrì a Pegli per riprodurre l’imbarco di Agrippina sulla Trireme a Baia ove ella si era recata per assistere alla celebrazione delle feste di Minerva. Sulla spiaggia tutta colonne e archi scintillanti di dorature il tempio della dea e il pontile e la colonna della vittoria. Al largo, nel mare, folla di triremi popolate di ciurma, di matrone senatori pretoriani, danzatrici, sacerdoti, liberti.
Per rappresentare l’incendio di Roma, il più grandioso episodio, certo, di .quel tempo, fu d’ uopo costruire nei pressi di Torino una intera città che riproducesse fedelmente quello, che per le memorie storiche, doveva essere l’Urbe nell’anno 62 di Cristo quando Nerone fece distruggerla per fabbricarne una nuova cui imporre il suo nome.
In tutta la film nessun particolare è stato dimenticato non un dettaglio falsato, ma ogni quadro, ogni sfondo è un saggio di fedelissima ricostruzione, ogni costume è un miracolo di studio, di pazienza e di sapienza.
Ora io mi avvedo che ho inaugurato un nuovo campo per l’indagine della critica.
L’ufficio del Critico portato anche nell’arte cinematografica: è necessario. Ma quelli che avversano la nuova arie hanno pronta la critica, e denunziano che il cinematografo non esprime se non il già detto. Ma che forse l’attività intellettuale è oggi sempre e dovunque originalmente creativa ?
Nerone ed Agrippina, produzione della Film Artistica Gloria di Torino
circa 4000 metri, 10 atti
Interpreti principali: Maria Caserini Gasparini; Lydia De Roberti; Letizia Quaranta; Fernanda Sinimberghi; Vittorio Rossi Pianelli; Mario Bonnard; Emilio Petacci; Paolo Rosmini; Aldo Sinimberghi; Camillo De Riso; Gentile Miotti; Dante Cappelli; Telemaco Ruggeri.
Direzione artistica e messa in scena di Mario Caserini.
Assistenti alla messa in scena: Giuseppe De Liguoro, Emilio Petacci, Alberto Degli Abbati
Operatori: Angelo Scalenghe, Giacomo Farò.
Soggetto tratto dalla vita dei Dodici Cesari delle storico Svetonio.
(Dalla brochure originale del film)