
Guardate quel piede. Quel piede che sta per colpire il ventre di una donna indifesa, quel piede che nessun dio potrà mai fermare. Quel piedepezzodimerdasperiamotuschianti ma così non accade mai, non accade mai che quei piedi vengano paralizzati all'istante. Quanta letteratura serve per dimenticarlo? Proviamo, chiediamo aiuto a chi può
«Il sorriso glisvanì dalle labbra mentre camminava, una nube pesante nascondevalentamente il sole, ombreggiando la facciata aggrondata di Trinitycollege. I tram si incrociavano verso il centro, verso la periferia,fragorosi. Parole inutili. Le cose non cambiano; un giorno dopol'altro: squadre di poliziotti escono, ritornano: tram in un senso,nell'altro. Quei due lunatici che vanno a zonzo. Dignam caricato evia. Mina Purefoy la pancia gonfia gemente sul letto per farsi tirarfuori un bambino. Ne nasce uno al secondo in qualche posto. Un altrone muore ogni secondo. Cinque minuti da quando ho dato da mangiareagli uccelli. Trecento han tirato le cuoia. Altri trecento nati, e nelavan via il sangue, tutti son lavati nel sangue dell'agnello, belanobeeeeee.Un'intera cittàpassa, un'altra ne arriva, passa anch'essa: un'altra arriva, passavia. Case, file di case, strade, chilometri di marciapiede, mattoniuno sopra l'altro, pietre. Cambian di mano. Questo proprietario,quell'altro. Il padron di casa non muore mai, dicono. Un altro siinfila nei suoi panni quando gli arriva l'avviso di licenziamento.Comprano la località a forza d'oro, eppure tutto l'oro rimane aloro. C'è sotto qualche ladreria. Ammonticchiati nelle città, erosidai secoli. Piramidi sulla sabbia. Costruite con pane e cipolle.Schiavi. Muraglia cinese. Babilonia. Rimangono grosse pietre. Torrirotonde. Il resto macerie, sobborghi tentacolari, costruiti daspeculatori, case di Kerwan venute su come funghi, fatte di sabbia.Rifugio per la morte.Nessuno è niente.Questa è propriola peggiore ora del giorno. Vitalità. Opaca, oscura: odio quest'ora.Mi par d'essere stato mangiato e vomitato».
James Joyce,Ulisse, 1922. Versione italiana a cura di Giulio De Angelis,Meridiani Mondadori, Milano 1997, pag. 224





