Finalista Premio Strega 2013. Quando Luce e Pietro si recano in ambulatorio per fare una delle ultime ecografie prima del parto, sono al settimo cielo. Pietro indossa persino il maglione portafortuna, quello tutto sfilacciato a scacchi verdi e blu delle grandi occasioni. Ci sono voluti anni per arrivare fin qui, anni di calcoli esasperanti con calendario alla mano, di “sesso a comando”, di attese col cuore in gola smentite in un minuto. Non appena sul monitor appare il piccolo Lorenzo, però, il sorriso della ginecologa si spegne di colpo. Lorenzo è troppo “corto”. Ha qualcosa che non va. “Nessuno sa di noi” è la storia di un mondo che si lacera come carta velina. E di una donna di fronte alla responsabilità di una scelta enorme. Qual è la cosa giusta quando tutte le strade portano a un vicolo cieco? Che cosa può l’amore? E quante sono le storie di luce e buio vissute dalle persone che ci passano accanto? Come le ricorderanno le lettrici della sua rubrica e le numerose donne che incontra sul web, Luce non è sola.
La tematica del libro è talmente dilaniante che nessuna mia parola sarebbe in grado di restituire anche solo la metà del turbinio di sensazioni che ho provato. Preferisco riportare alcuni stralci di un articolo pubblicato su D-Repubblica.
Entro quattro anni scompariranno, in Italia, i medici capaci di praticare l’aborto terapeutico. L’allarme lanciato dalla Laiga (associazione ginecologi favorevoli all’applicazione della legge 194/78) non è stato raccolto dall’industria culturale. Nel mezzo del vuoto mediatico si è imposto Nessuno sa di noi che racconta la storia di Luce e Lorenzo, un bambino mai nato.
di Giovanni Molaschi
“Nei forum dove si ragiona di aborto c’è un silenziatore di fondo. In Nessuno sa di noi, sottolinea Simona Sparaco, li paragono a un acquario con delle pareti molto spesse, infrangibili ma trasparenti. Fuori dai forum certi argomenti si affrontano solo a bassa voce. La paura impedisce di esporsi fino in fondo”.
I timori che Sparaco racconta attraverso Luce, la protagonista del romanzo candidato al Premio Strega, sono gli stessi che affrontano le italiane a cui è impedito l’aborto terapeutico in patria. Il 40% delle pazienti che frequentano lo Spital Oberengadin, una struttura medica svizzera, è italiano. Secondo Ricardo Silva, responsabile del reparto ginecologico della clinica, le italiane abortiscono fuori dal paese natale per evitare il senso di colpa latente che potrebbe colpirle. “In Italia, precisa Silva all’Huffington Post, le donne devono fare i conti con le posizioni antiabortiste di molti medici”.
Solo nel Lazio, infatti, l’80% dei dottori fa obiezione di coscienza. Secondo l’associazione Luca Coscioni i dati ufficiali non corrispondono alla realtà. Solo un medico su dieci, in Lazio, non rifiuta l’interruzione di gravidanza. Solo il 12% delle strutture laziali, oggi, avrebbe potuto assistere la protagonista di Nessuno sa di noi, la cui vita è segnata da un aborto terapeutico. Un’interruzione di gravidanza decisa, nel caso specifico, dopo aver scoperto che il feto, Lorenzo, presentava dei disordini cromosimici.
L’allarme lanciato dall’associazione Luca Coscioni collima nella preoccupazione della Laiga, l’associazione di medici che vigila sull’applicazione della 194, la legge approvata nel 1978 e che garantisce a tutte le donne, sulla carta, l’interruzione di gravidanza nel pieno rispetto delle leggi vigente. Secondo Agatone, presidente della Laiga, entro il 2016 non sarà più possibile fare l’aborto terapeutico in Italia. “Le università, precisa il medico, non stanno preparando le nuove generazioni di professionisti”.
Il vuoto clinico assomiglia a quello culturale colmato, in parte, da Nessuno sa di noi. “Il libro, evidenzia Sparaco, non è stato progettato con un editore. Ho iniziato a scrivere senza pensare alla pubblicazione. Solo dopo averlo finito ho iniziato a proporlo in giro”. Sky Cinema è l’unico canale tv che programma una fiction tangente alla fine, prematura, di una gravidanza. Una delle pazienti di Giovanni Mari (Sergio Castellitto), protagonista dall’adattamento italiano di In Treatment, è Lea (Barbora Boboluva). La donna entra in terapia per abortire il figlio che non desidera più da Pietro (Adriano Giannini).
L’interruzione della gravidanza è un dolore che distrugge anche i maschi. “Molti uomini, racconta Sparaco, mi hanno detto di aver percepito il vuoto graffiante che sente Luce nel ventre”. I mariti, i fidanzati, i compagni, gli amanti sono da considerarsi un’eccezione. Da quando Nessuno sa di noi è in libreria l’autrice del libro riceve, ogni giorno, un paio di lettere di lettrici che si sono riconosciute nel romanzo. “Qualcuna mi racconta la sua storia. Altre mi riportano il vissuto di amiche o donne vicine a loro che si sono dovute confrontare con l’aborto terapeutico. Le loro storie, spesso, esistono solo con uno pseudonimo. Senza un nome falso, usato nei forum, non possono condividere il loro vissuto. Da questo ingiustificato senso di colpa sono partita per scrivere Nessuno sa di noi. Volevo indagare un senso di colpa che io stessa ho sentito addosso”. Il dolore è un dialogo. Per essere superato è necessario passare dalla prima persona al plurale.