Basterebbe un po’ di fosforo in più per la memoria, per ricordarsi che il Bormida aveva già fatto danni nello stesso posto. Forse per questo la zona era dichiarata alluvionabile. Le immagini si riferiscono a quando il fiume aveva rotto gli argini nel 1987. In quell’anno “uscì” ben due volte, ad agosto e ad ottobre. Tra il 23 e il 24 agosto, nubifragi avevano gonfiato l’Orba e lo Scrivia. Il Bormida era uscito nella zona della cascina Chiozzo, nelle regioni Aulara, Grilla e Stortigliona, fino al Forte. I ponti furono chiusi al traffico, compreso l’unico (all’ora come oggi) sulla ex statale 10. In autunno, per le intense piogge stagionali, il Bormida allagò Spinetta Marengo. Qualche anno indietro, il 26 novembre 1982, nell’anno dei Mondiali, il fiume uscì dagli argini nelle zone del Platano di Napoleone. Negli annali si registrano piene ed allagamenti praticamente ogni anno. Decenni di “esperienza” non sono bastati. Se fino a pochi anni fa l’acqua si sarebbe sfogata nei campi, ora lambisce il cemento armato dei negozi e degli edifici. Al tempo del sindaco Giuseppe Mirabelli un gruppo di commercianti tentò di insediarsi proprio lì dove stanno costruendo il Palazzo dell’edilizia firmato da Daniel Libeskind, ottenendo di cambiare la destinazione d’uso, da agricola ad insediamenti commerciali. Tutto si fermò in attesa del nulla osta da parte della Regione (che non arrivò, ma venne concessa ad altri 10 anni dopo). Prima ancora, erano gli Anni ‘70, quel pezzo alle porte della Città faceva gola ad un gruppo di costruttori. Non riuscirono a mettere neppure un mattone,.né i primi né i secondi. Troppo pericoloso edificare anche solo un capanno.
I tempi cambiano, si dirà, gli argini si alzano. E i criteri per le concessioni edilizie, da Torino, mutano. Città più sicura? Macché. Perché si è lasciato costruire in quella zona? E chi paga i danni? Sull’esperienza dei risarcimenti del danni del tanaro, lo Stato non dovrebbe pagare, visto che il rischio era ben noto.
Le foto sono quelle dell’alluvione del 1987.
Rischio minimo? Letto l’articolo sul numero free press di novembre, Graziella Zaccone Languzzi, una delle prime attiviste volontarie a difesa degli alluvionati (dopo il ”94), ha voluto commentare: “Nel 1987 e ancor prima nel 1982 , Alessandria era distante anni luce nell’immaginario, di divenire una città a rischio grave da ricevere esondazioni. Alessandria ha iniziato a muoversi con un occhio attento dopo il 1994, soprattutto sul Tanaro. Dal 1994 iniziammo noi comuni cittadini a sentir parlare di ADBPO (Autorità di Bacino del Fiume PO) e Magistrato del PO, oggi AIPO (Agenzia Interregionale per il Fiume Po), e poco dopo iniziammo a capire che Regione-ADBPO-AIPO era responsabili dei corsi d’acqua. Ora: 1995-2011 sono 17 anni abbondanti in cui ritengo che di studiare, progettare e mettere in opera una messa in sicurezza arginale, di continua pulizia degli alvei quindi manutenzione, in modo da proteggere il più possibile una città, i suoi sobborghi tra due corsi d’acqua maggiori, da rii e canali: una città che aveva già pagato abbondantemente sotto ogni aspetto.
Ma cosa si è fatto? Quando i preposti responsabili sono troppi diventa impossibile portare a temine ciò che necessita. Nessuno è responsabile e una cantilena non credibile dal titolo: “mancano i soldi”.
Tornando a “chi paga”?, Chi si è dimenticato della manutenzione e prevenzione della Bormida, chi quando in quell’area non vi era ancora nulla e ha “minimizzato” nel 2005 la città da questo tipo di rischio, chi ha permesso che la caserma del Vigili del Fuoco… Tutto ciò ha delibere, firme che autorizzano.