Magazine Psicologia
Chi come noi opera nel campo dell'intervento clinico, con soggetti che attraversano le diverse fasi dell'apprendimento scolastico (dalla scuola dell'infanzia all'università), non può non registrare una sempre più evidente e generalizzata fatica allo studio, fatica che pare interessare un numero di persone decisamente maggiore rispetto al passato e, spesso, a prescindere da capacità, attitudini, volontà.
Le ragioni di tale situazione sono molteplici ma molte di queste le possiamo rintracciare nella profonda spaccatura tra scolastico e extrascolastico, divisi da un vero e proprio baratro: con il primo che, pur brulicante di importanti contenuti, tende a respingere i suoi naturali adepti, grazie ai suoi programmi vetusti e ai suoi metodi ottocenteschi e il secondo che, pur (a volte) vuoto e superficiale, invece attrae, con i suoi fuochi d'artificio e le sue malie seducenti, tutti protesi al puro e (a volte sterile) intrattenimento.
Non ci addenteremo qui in questa speculazione, se non per ribadire che, tra i due litiganti (scolastico e extrascolastico) chi non gode e, in questo caso, perde, sono la sempre più grande quantità di studenti che finiscono per disinteressarsi al sapere, alla lettura, alla scoperta, in poche parole: a quell'approccio curioso che rende la vita degna di essere vissuta (non manca in questo senso il contributo di molti genitori erroneamente concentrati, fin dalla scuola dell'infanzia, attorno alla follia del rendimento che spesso uccide il piacere del sapere).
In attesa che la scuola esaurisca il gap con la società senza perdere i suoi contenuti, (ammesso e non concesso che accada), al Centro LogoPaideia abbiamo da tempo messo a punto un importante metodo di approccio allo studio: tecniche e strategie mutuate dalle più recenti ricerche neuroscientifiche che hanno dimostrato la loro validità su molteplici casi: sia con soggetti normodotati che in situazione di disagio o deficit cognitivo.
L'incontro tra neuroscienze e pedagogia è un connubio consolidato più o meno ovunque, (tranne -ovviamente- in Italia). A partire dalla scoperta che la plasticità del cervello va ben oltre i confini dell'infanzia, questo connubio ci racconta (anzitutto) che nulla è necessariamente de-finito e che l'educazione dovrebbe farla da padrone in ogni processo di formazione e trasformazione permanente del nostro cerebro.
Si aggiunga a questo come la conoscenza, nella società della comunicazione e dell'informazione che abitiamo, non è più da considerarsi un insieme di saperi più o meno vasto ma limitato alle capacità di introiezione di ogni singolo umano. L'avvento delle rete e delle nuove tecnologie ha trasformato, per tutti, la conoscenza da qualcosa che è sempre meno da incamerare, in qualcosa che è sempre più da sapere dove andare a cercare, imparando a setacciare, destrutturare, manipolare, ridurre, generalizzare, ricreare; aumentando così infinitamente le possibilità di espansione della conoscenza stessa (ne parlai già nel lontano 2008 al convegno "Innovation Forum" con l'intervento: "Psycological divide").
Pur largamente ignorate dalla scuola italiana, le scoperte neuroscientifiche hanno fornito importanti indicazioni operative in questo senso, come ad esempio: il rapporto tra movimento fisico e memorizzazione, l'impatto delle emozioni sull'apprendimento, l'importanza del sonno per la memoria, il fondamentale uso della ripetizione e i modi per renderla mirata... Strategie e tecniche che, insieme a tanti altre, possono essere integrate con il metodo di studio che abbiamo approntato e che ogni studente può fare proprio rendendo più veloce e efficace l'apprendimento.
Massimo Silvano Galli
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