Lorraine Candy, redattore capo della rivista inglese “Elle Magazine” e mamma di tre figli, ha raccontato in un articolo sul Dailymail la sua scelta educativa: «Ho lasciato mio figlio Henry dormire con una camicia da notte, dopo che ho rinunciato a cercare di fargli mettere un pigiama. Più tardi, ha preso ad autochiamarsi Stephanie, Jean o, più frequentemente, Miss Argentina. Il suo gioco preferito era indossare vestiti di paillettes, giocare alla boutique o al parrucchiere nel suo salone “Slapchicks”, con le sue due sorelle più grandi».
Dapprima Lorraine davanti alla passione del figlio per gli abiti femminili ha deciso di assecondarlo, finchè la situazione cominciò a diventare più pesante: «Chi veniva a casa nostra pensava avessimo tre femmine perché raramente indossava vestiti da maschio. Diceva di preferire indossare qualcosa di ‘più comodo’: abiti, gonne, collant e costumi da principessa. In un primo momento ho lasciato andare avanti tutto così perchè mi pareva di renderlo felice. Mio marito si scandalizzava nel vedere il suo unico maschio in tutù. “E’ solo in contatto con il suo lato femminile, gli dicevo io». Si può ipotizzare, da tutto questo, che lei sia a favore di ciò che è stato definito “gender neutral parenting”, ovvero il mito (perché è un’illusione!) del genitore neutrale e distaccato che non educa i propri figli perché crescano a modo loro. E’ una versione del mito dell’androgino con il quale si intende distruggere la disuguaglianza fra uomo e donna: non devono più esistere né uomo né donna, ma un solo unico sesso, senza più distinzioni di alcun genere, a partire dal nome. E’ oggi una delle mode più trasgressive: fare esperimenti sessuali sulla pelle dei propri figli. E’ lo stesso approccio adottato anche da Beck Laxton e Kieran Cooper, la coppia che ha fatto notizia tempo fa per non aver voluto rivelare il sesso del loro figlio (maschio) a nessuno.
Tuttavia Lorraine ha anche raccontato come ad un certo punto si sia resa conto della brutta strada nella crescita di suo figlio: «Allora, da dove proviene l’amore per i vestiti femminili? All’inizio, per mio marito ed io è stato molto difficile comprendere. Mi sono buttata sui libri per genitori, i quali mi hanno indicato che si trattava probabilmente del fatto che Henry adorava le sue due sorelle maggiori e voleva essere “nel loro club”. A quanto pare, tutti i bambini hanno bisogno di “appartenere” e di avere fiducia. Prima che iniziasse ad andare a scuola, Henry vedeva nelle sorelle i suoi simili quindi voleva indossare ciò che loro indossavano e giocare come loro giocavano, ma quando ha compiuto quattro anni i ragazzi più grandi cominciarono a ridere del suo abbigliamento femminile. Non potevo sopportare di vederlo scappare a cambiarsi vergognandosi. Mio marito ed io abbiamo deciso di aspettare il quinto compleanno di Henry nel mese di novembre per dargli la notizia che non ci sarebbero state più paillettes, nomi femminili etc. Era leggermente turbato, ma non eccessivamente preoccupato. Egli non comprendeva appieno il motivo ma dall’inizio della scuola a settembre sarebbe diventato più consapevole della differenza tra maschi e femmine comunque. Ha chiesto se avesse potuto farlo solo in occasioni speciali e noi abbiamo risposto di sì. Ma poi non lo ha più chiesto».
Concludendo, in tutta la vicenda la più turbata sembra esserne uscita la stessa Lorraine, che ha visto volatilizzarsi l’alter-ego di suo figlio che lei stessa aveva creato. Non si è ancora convinta di avere sbagliato, anche se riconosce che «i genitori come quelli di Sasha dovrebbe ricordarsi che quei primi anni preziosi appartengono ai loro figli, e non a loro». Purtroppo il “caso Sasha” non sembra essere isolato: lo scorso anno negli Stati Uniti i genitori di un bambino di 5 anni chiamato Dyson hanno scritto un libro intitolato “My Princess Boy” e sono apparsi in televisione con lui vestito in tutù. A sentir loro, doveva essere un “ragazzo manifesto” per un cambiamento radicale del pensiero generale. In Canada nel frattempo un altro ragazzino, di nome Storm, veniva usato per pubblicizzare il “gender neutral” mentre in Svezia una coppia lesbica sta crescendo un figlio senza “genere”. Il suo nome è Pop e con lui le “genitrici” non usano i pronomi “lui” o “lei”. Tutt’ora il sesso biologico del bambino/a rimane un segreto. Nel Regno Unito l’ultima frontiera per l’ideologia dell’uguaglianza assoluta tra maschi e femmine risiede nella proposta di un’importante bioeticista di finanziare l’utero artificiale per le donne, così da emanciparle da quei “relitti ancestrali e barbari” chiamati gravidanza e parto.
Antonio Tedesco