L'articolo che segue, pur essendo firmato da Andrea Marinucci Foa esprime in realtà il pensiero di tutti noi amministratori e vuole essere, semplicemente, una spiegazione per un termine spesso usato impropriamente ma che è entrato ormai nel linguaggio comune. Una nostra lettrice l'altro giorno ha proprio chiesto: "Ma cosa significa gender?", ebbene, al di là di quello che per alcuni può essere un sottinteso discriminante, in realtà ha un significato ben preciso, che nulla ha a che vedere con la ghettizzazione di una parte della nostra società o con l'annosa questione che vuole emarginato chiunque sia diverso. Dalla "settorialità" del pensiero nasce il bullismo, l'anoressia, la solitudine e altri "sintomi" che si possono riscontrare in una società piuttosto malata. Dunque, vediamo cosa significa GENDER.
Di Andrea Marinucci Foa
Ormai le crociate contro il "gender" colpiscono sempre più spesso l'attività di noi autori, in particolare i libri per bambini e per ragazzi che vengono sottoposti a processi di censura o che sollevano polemiche interminabili. L'ultimo episodio a Massa Carrara, con una ragazzina ritirata dalla scuola pubblica (e iscritta in una scuola religiosa) a causa di un libro, La Principessa e il Drago.
In questa favola, infatti, è la principessa a salvare il principe. Un vero trauma per chi, del tutto ignaro di Camilla di Virgilio, di Bradamante dell'Ariosto, di Eowyn di Tolkien e di tanti altri personaggi femminili, più o meno emancipati, dei secoli e dei millenni passati, si aspetta uno stereotipo femminile del tutto passivo.
Il cosiddetto "gender" impazza per la rete e riempie l'opinione pubblica di confusione. Occorre fare un po' di chiarezza sui "gender studies" e sulla lotta alla discriminazione di genere, per evitare che genitori apprensivi comincino a vedere mostri "omosessualizzanti" appostati dietro ogni angolo, e soprattutto nelle pagine di ogni libro, in attesa di divorare le gonadi dei loro figlioletti.
"Gender" è la traduzione inglese del nostro "genere", da utilizzare quando ci si riferisce al sesso. Infatti, per il genere musicale, letterario, artistico etc. gli inglesi usano " genre" e per il genere in senso biologico si tengono il latino " genus".
Il termine "gender" al posto di "sex" negli studi multidisciplinari, i famosi e famigerati "gender studies" che oggi costituiscono una fonte inesauribile di polemiche, fu scelto per evitare spiacevoli fraintendimenti: il "gender" riguarda soltanto una specifica attribuzione (es. maschile, femminile e neutro nelle declinazioni del latino), mentre il "sex" può riguardare tanto la biologia che l'attività sessuale in generale. Tanto per essere chiari, un "sex study" può trattare qualsiasi argomento connesso al sesso, dalla dimensione del pene del giaguaro, alle abitudini a letto negli adolescenti newyorkesi o all'accoppiamento delle balenottere azzurre nell'oceano Atlantico. "Gender study" indica una ricerca di carattere sociologico che riguarda il maschile e il femminile.
I "gender studies" accompagnano l'emancipazione femminile. Prima della conquista della parità tra i generi, infatti, studi di questo tipo non sarebbero stati di alcuna utilità. Una società chiusa al contributo femminile non avrebbe avuto neppure la giusta prospettiva per farsi delle domande in merito alla discriminazione sessuale, figuriamoci cercare delle risposte! Nel momento in cui il nostro mondo ha cominciato ad ammettere indistintamente uomini e donne in qualsiasi ruolo, la sociologia ha avuto bisogno di "gender studies" per seguire la graduale scomparsa della discriminazione di genere.
Esiste anche una "ideologia di genere" ("gender ideology") che in sociologia misura il grado di resistenza ideologica all'emancipazione femminile. L'utilizzo di "ideologia gender" a cui assistiamo oggi nelle campagne religiose contro l'emancipazione degli omosessuali ne stravolge completamente il significato. Negli "allarmi gender" vorrebbe indicare una dottrina ideologica per cui il genere non sia collegato al sesso e per una "omosessualizzazione" della società. E' un tipico rovesciamento lessicale che accompagna una propaganda mistificatoria.
Dunque, se "gender" da solo non significa nulla e i "gender studies" si occupano della condizione di pari opportunità per le donne nella nostra società, che diavolo c'entrano gli omosessuali? Poco o nulla. Gli omosessuali, che oggi si battono per la loro emancipazione, si possono ricollegare ai "gender studies" perché costituiscono un ulteriore elemento di rottura degli antichi schemi stereotipati che attribuiscono a uomo e donna un comportamento e un ruolo rigidi, chiusi all'evoluzione della società.
La natura biologica dell'uomo e della donna non contiene alcun suggerimento su bambole o soldatini, su rosa e azzurro, su principi guerrieri e principesse in attesa del salvataggio, né sono presenti un gene per i lavori domestici sul cromosoma X e uno per guardare la partita di calcio la domenica sul cromosoma Y. Si tratta di implicazioni culturali che nulla hanno a che vedere con la biologia maschile e femminile. La lotta alla discriminazione di genere, di cui oggi si parla molto, non obbliga nessun uomo a giocare con le bambole e ad amare il colore rosa, ma insegna a tutti a non utilizzare dei pregiudizi per colpire e ferire le persone che non si riconoscono in tradizioni vecchie e non più universali. Costituiscono uno strumento laico che impedisce all'ideologia tradizionale di sconfinare nella violenza verbale e fisica.
La presenza di donne e uomini emancipati, come la presenza di omosessuali e transessuali che sono usciti dal ghetto di imbarazzo e vergogna e rivendicano liberamente la loro natura, non è un dato politico o ideologico, ma è un dato sociale. Come un dato sociale è la presenza di altri culti oltre al cattolicesimo, che da maggioritario si è ristretto ultimamente a circa il 35% di praticanti, tra assidui e occasionali. La società è cambiata: il pluralismo è ormai la natura sociale della nostra realtà quotidiana. Ci sono cristiani, atei, ebrei, musulmani, buddisti, pastafariani e persone di cento altre fedi; ci sono bianchi, rossi, gialli, neri e ogni via di mezzo possibile; ci sono famiglie eterosessuali e omosessuali; ci sono uomini e donne che seguono la tradizione ottocentesca e uomini e donne che hanno abbracciato la libertà sessuale. Tutti vivono in questo paese, a tutti è dovuta la cittadinanza piena e a nessuno è dato opprimere e schiacciare gli altri. Questa è l'educazione civica che si vorrebbe introdurre, ma che è già implicita nell'articolo 3 della nostra Costituzione.
Che una donna possa tranquillamente guidare un camion o fare l'astronauta e un uomo occuparsi della casa o fare il ballerino non è suggerito da una fantomatica ideologia stabilita a tavolino all'ONU, è scritto nelle fondamenta del nostro stato laico, che non sarebbe mai nato se le donne non avessero preso le armi e combattuto i nazisti, conquistandosi l'emancipazione politica e sociale con le proprie mani.
Magari i genitori che ritirano i figli da scuola per una fiaba che ha come protagonista una principessa guerriera dovrebbero leggere, ammesso che ne abbiano le capacità, le testimonianze delle donne che hanno prima difeso e poi ricostruito il nostro paese. Scoprirebbero così che centinaia, migliaia di principesse guerriere hanno già abbattuto il drago del nostro pregiudizio.
LINK UTILI
La Principessa e il Drago La vicenda di Massa Carrara