Magazine Cultura
Era una funambola , e la sua vita seguiva una sola linea.Retta.Veniva dalla Francia e il suo nome era Neve. L’avevano soprannominata così perché aveva la pelle bianchissima, gli occhi di ghiaccio e i capelli color dell’oro; e anche perché quando guizzava in aria pareva leggera come un fiocco di neve.Un giorno il suo cammino incrociò quello di un circo ambulante e scoprì che poteva sognare ad occhi aperti.Incurante dei pericoli, decise di farne il proprio mestiere: iniziò con una fune tesa a pochi centimetri da terra fino a salire sempre più sia nell’altezza che nella maestria della sua arte.Salita sulla fune, non ne era mai più discesa.Neve era divenuta funambola per amore dell’equilibro; non si sentiva mai così a suo agio come quando camminava sul filo a mille piedi dal suolo.Dritto davanti a sé.Senza deviare mai d’un solo millimetro dalla rotta.Era il suo destino.Avanzare passo dopo passo.Da un capo all’altro della sua vita.
Aveva solo diciannove anni ma le sue prodezze raggiunsero ed incantarono tutte le principali piazze d’Europa; aveva percorso centinaia di chilometri sulla sua fune tesa, spesso rischiando la vita.Non era una semplice funambola, lei procedeva nell’aria come per magia perché in realtà la cosa più difficile non era mantenersi in equilibrio e nemmeno dominare la paura e tanto meno camminare su quella fune infinita , su quel filo di musica intervallata da vertigini allucinanti.La cosa più difficile, quando avanzava nella luce del mondo, era di non tramutarsi in un fiocco di neve.Ormai la reclamavano da ogni angolo del mondo sicché se ne andò con la sua fune lungo le cascate del Niagara e il fiume Colorado.Poi, senza quasi accorgersene, arrivò in Giappone nella terra dei samurai.E un samurai la guardava e gia l’amavaAgli occhi di Soseki, Neve era al tempo stesso poesia, pittura , calligrafia, danza e musica.Quando la bella straniera finì l’esibizione, il samurai le si avvicinò e nel farlo scoprì la finezza dei suoi lineamenti, il disegno della sua bocca, la linea delle sue sopracciglia e capì che non avrebbe mai più scordato quel volto incantato.La guardò negli occhi e così fece anche lei.Non ci fu bisogno di parole.Neve sorrise e in quel sorriso Soseki perdette l’anima.S’inginocchio, depose la sciabola ai suoi piedi e le disse:“Voi siete ciò che sto cercando”Neve invece non cercava nessuno ma il gesto del giovane samurai le parve di una tale bellezza che se ne deliziò.E lo sposò.I primi anni furono felici.Un lieto evento venne a consolidare il legame della coppia: una femminuccia. Possedeva tutta la bellezza diafana della madre e i capelli neri del padre. La chiamarono Fiocco di Primavera.La loro vita era fatta di pace e silenzio.Giunse l’inverno.Poi la primavera.La bambina crebbe nell’estasi della luce.Neve era felice: in una mano teneva l’amore di Soseki e nell’altra il proprio cuore, che offriva alla figlia.E quel fragile bilanciere serviva a tenerla in equilibrio sul filo della felicità.Ma un giorno l’equilibrio di quel bilanciere si fece così fragile da rompersi.L’affetto dei suoi cari non le bastava più, la vita nell’aria le mancava terribilmente.Chiese a Soseki il consenso su una sua ultima esibizione. Voleva tendere una fune da un monte all’altro nel cuore delle Alpi giapponesi.Soseki reputava insensata l’idea di mettere in pericolo la sua vita ma, da vero samurai, s’inchinò ed acconsentì.Neve si esercitò per ore nel giardino e Soseki non si stancava di guardarla: su quel filo sua moglie era così bella, così eterea.Aveva i capelli biondi.Aveva lo sguardo limpido.E camminava nell’aria.L’esibizione fu fissata i primi giorni dell’estate.Neve aveva fatto arrivare dall’Europa due cavi d’acciaio: uno era corto e sottile mentre l’altro assai più spesso e lungo cinquecento metri.Due servi furono incaricati del fissaggio dei cavi nei punti delle due vette più alte delle Alpi nipponiche.Per assistere alle prodezze della giovane artista francese si radunò una numerosa folla; si narra che all’esibizione fu presente persino l’imperatore, accanto al samurai.Quando Neve posò i piedi sul cavo, la folla rumoreggiò: lassù, così in alto, faceva venire le vertigini al solo guardarla…sembrava un piccolo punto bianco nello spazio, un fiocco di neve nell’immensità del cielo.Munita del suo bilanciere, si esibì per più di un’ora e mezza. Sotto trattenevano il fiato.Un passo falso ed era morte certa.Ma Neve, padroneggiando perfettamente la sua arte, avanzava con grazia.
Passo dopo passo.
Silenzio dopo silenzio.
Soffio dopo soffio.
Di vertigine in vertigine.
Non inciampò mai.
Fu il filo che si ruppe.
Sicuramente mal fissato, il cavo si staccò dalla roccia.Chi la vide scomparire laggiù, nel cuore delle Alpi, pensava ad un uccello che cadeva dal cielo.Il suo corpo non venne mai più ritrovato, Neve era diventata neve e dormiva nel letto del suo candore.Soseki non si riprese mai dalla perdita della moglie.I due servi maldestri vennero licenziati all’istante senza altra forma di vendetta. Si seppe che qualche giorno dopo, si gettarono da una rupe dilaniati dal rimorso.Soseki non reagì alla notizia; vedeva solo il proprio dolore.Tornato a casa gettò via la sua divisa.Mai più sarebbe stato samurai.Mai più sarebbe stato ufficiale dell’imperatore.Mai più avrebbe rivisto Neve.Mai più avrebbe rivisto la sua bellezza.Si sarebbe consacrato alla figlia e all’arte.All’arte assoluta.Fu così che Soseki, per amore di una donna, diventò poeta e musicista e calligrafo e ballerino.E pittore. Perché la pittura era chiaramente il legame più fedele tra il volto perduto e l’arte assoluta, il mezzo più sicuro per ritrovare Neve.Trascorse lunghi anni cercando di dipingere quella strana figura ma non era mai soddisfatto; i suoi quadri, benché splendidi gli sembravano troppo colorati, poco somiglianti.Come poteva dipingere il candore?Soseki continuò a tentare, giorno dopo giorno, notte dopo notte, senza mai stancarsi.Poi cominciò a sentirsi vecchio.La figlia, ormai adulta, si trasferì a Tokyo.L’ormai anziano Soseki si ritrovò solo davanti alla tela. Si sfiniva la vista a furia di contemplare l’immagine che gli rimaneva della moglie scomparsa.Un giorno, per via di quel lavoro incessante, perse la vista.E fu proprio quel giorno che dagli abissi della sua cecità, Soseki dipinse il più bianco e il più bello di tutti i ritratti di Neve.Il candore non è un colore, è un’assenza di colore.
Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E poi ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori.
E ci sono i funamboli.
Possono interessarti anche questi articoli :
-
Piero alla fine del cielo.
E poi ci sono quelli come Piero, quelli che sognano ancora. Quelli che vivono fra cielo e mare, cercando di capire se tutto quello spazio possa avere una fine.... Leggere il seguito
Da Pinocchio Non C'è Più
CULTURA, LIBRI -
Lo Chef consiglia: “Take Shelter” (2011)
Gli chef sono sempre alla caccia di nuovi sapori, nuove specialità, nuovi ingredienti. Per questa nostra nuova rubrica abbiamo deciso di virare su un film che d... Leggere il seguito
Da Cinetvrecensioni
CINEMA, CULTURA, SERIE TV -
“La Malacarne”, disco d’esordio del cantautore Alfonso Moscato: 10 storie di...
“A mani nude ti gonfierò di botte, fino a farti credere che la tortura è un trattamento ai fanghi di un hotel ed il tuo respiro è un miracolo. Leggere il seguito
Da Alessiamocci
CULTURA -
Romanticismi - scenografia per il "flauto magico"
Karl Friedrich Scinkel, cielo stellato della Regina della Notte, 1815Questa storia ci spiega come spesso l'arte attraversi le varie discipline con risultati... Leggere il seguito
Da Artesplorando
ARTE, CULTURA -
“Memoires di aristocratica bellezza”: Carlo Alberto Terranova presenta la sua...
Collezione di Alta Moda A/I 2015-16 “Memoires di aristocratica bellezza” Cinema e Moda. D’Autore. Preview look Black White by New Land Couture Ph. Leggere il seguito
Da Erika Gottardi
LIFESTYLE, PER LEI -
Momenti di Musica: Nino Rota, gli anni ’70
Nel nostro percorso alla riscoperta di Nino Rota, abbiamo parlato dei fantastici anni ’60 che hanno caratterizzato in maniera particolare la carriera del Maestr... Leggere il seguito
Da Giuseppe Causarano
CULTURA