NEW PENS FOR ROMANCE presenta...L'OSSESSIONE DEL MARCHESE di Daniela Serpotta
Creato il 22 maggio 2012 da Francy
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Quella di NEW PENS FOR ROMANCE di oggi è una bella scoperta. Qualche mese fa l'autrice Daniela Serpotta mi ha mandato da leggere alcuni capitoli del suo romanzo storico, L'OSSESSIONE DEL MARCHESE, ambientato nell'Italia del Risorgimento e ne sono rimasta davvero favorevolmente colpita! Una volta tanto uno romance ambientato nel nostro Ottocento, con un buon ritmo, caratterizzazioni interessanti e uno stile molto scorrevole. Sono felice di presentarvelo perchè sono sicura che vi piacerà.
TRAMA
Milano 1858-1859. Il piemontese Enrico marchese Tebaldi è una spia al servizio dei Savoia. La contessina Caterina De Santis è una giovane donna volitiva ed impulsiva che metterà a dura prova la pazienza di Enrico. Lui è determinato a raggiungere il suo scopo, recuperare degli importanti documenti segreti. Lei è ansiosa di vivere eccitanti avventure ma esiste un segreto che li unisce a loro insaputa.
UN ASSAGGIO DEL ROMANZO
...Trascorso qualche giorno dalla visita alla libreria, Enrico rifletteva, seduto nel suo studio, con un buon bicchiere di liquore. Non riusciva a togliersi dalla mente, ciò che era successo quando si era scontrato con la giovane che, a tutti gli effetti, poteva essere una spia. Eppure, ancora sentiva l'odore della sua pelle. I suoi capelli erano di un castano brillante e i suoi occhi nocciola sembravano non conoscere tristezza. Alzatosi, cercò di bandire dalla sua mente quei ricordi che lo confondevano. Non aveva mai avuto gran interesse per una donna in particolare, se non dal punto di vista fisico, e non di certo per una in così giovane età ma questa volta, gli sembrava diverso. C'era qualcosa che lo faceva sentire inquieto ma che non riusciva, allo stesso tempo, ad afferrare. Cercò di concentrarsi, invece, su questioni che avevano la precedenza. Attraversò la stanza raggiungendo la scrivania personale e, prendendo i documenti appena recuperati, da un cassetto chiuso a chiave, li esaminò attentamente. Per fortuna nessun austriaco era ancora andato a bussare alla sua porta. Questo significava che c’era qualcun altro che osservava la situazione. Aveva messo Carlo di guardia alla libreria. Sentendo dei rumori, ripose i documenti in un cassetto ed aprì la porta. Arrivato in prossimità della cucina, notò che Serafino aveva in mano una pistola e si apprestava con cautela all'uscita posteriore. Il servitore, accortosi della sua presenza, gli andò incontro bisbigliando. "Mi è sembrato di sentire il nostro segnale di riconoscimento, ma guardando dalla finestra ho notato solo un ragazzo che non ho riconosciuto."
Prendendo un coltello, Enrico gli ordinò di fare il giro della casa, per accertarsi che non ci fossero altri intrusi, mentre lui si sarebbe accostato alla porta.
Da fuori, una voce a lui molto familiare, pronunciò il nome di Serafino con fare spazientito. Enrico fu colto da una miscela di sensazioni. Con impeto, aprì di scatto la porta ed afferrò il giovane per un braccio, tirandolo in casa.
Spaventata da tale irruenza, Caterina scivolò, andando a finire sul pavimento.
"Alzatevi." Le intimò una voce. Caterina, che non si rendeva ancora conto di cosa stesse succedendo, tacque. All'improvviso si sentì di nuovo afferrare per un braccio e trascinare fino a trovarsi sulla poltrona di uno studio. Ripresasi dallo strano stordimento, si guardò intorno per focalizzare la posizione dell'uomo. Lo vide accendere una lampada e voltarsi verso di lei.
Enrico guardò l'ammasso di vestiti maschili muoversi sulla poltrona sulla quale l'aveva deposta. Si appoggiò alla scrivania ed incrociò le braccia. Preso dalla sconvolgente piega degli eventi, pensò che quella ragazzina gli fosse ancora tra i piedi. "Posso sapere che cosa vi ha portato qui? E per quale motivo volevate parlare con Serafino?"
Nello stesso istante, con un discreto colpo alla porta, Serafino chiese il permesso di entrare. Il suo capo gli chiese, indicando la giovane. "Avanti. Conosci per caso questa giovane?"
Sorridendo a quello strano travestimento, egli rispose con prontezza "Mai vista in vita mia signore, non è mio uso frequentare simili compagnie." Commentò alla fine sarcastico.
Caterina intervenne, alzando il mento in segno di sfida. "Non fate tanto lo spiritoso. Voi conoscete Gioacchino Lanzi, e Graziano Carlisi?"
Sentendo pronunciare quei nomi, il suo tono ritornò serio "Si li conosco."
Caterina parlò con tono di voce più sicuro. "Bene. Ora che abbiamo chiarito le mie credenziali, credo di poter parlare tranquillamente, nella speranza di non essere interrotta o scaraventata in qualche altra stanza. Ieri ho incontrato una signora che mi ha dato questi fogli per voi " tese la mano verso Enrico "Sono informazioni che Carlisi ha raccolto sul conto di appartenenti alla carboneria di nobile estrazione.” Senza aspettare alcun commento, Caterina si alzò. “Ora, che ho fatto il mio dovere, me ne posso andare. Se foste così gentili da indicarmi l'uscita... "
Enrico si piazzò davanti alla porta sfogliando velocemente i fogli che gli erano stati consegnati, poi, senza distogliere lo sguardo da lei, ordinò "Ora puoi andare, Serafino.”
Con un cenno di assenso, il servitore uscì sotto gli occhi attoniti di Caterina.
Preoccupata dalla piega che stava prendendo la situazione, lo affrontò. "Si può sapere cosa avete intenzione di fare? Ci sono delle persone che mi stanno aspettando, e voi non potete trattenermi."
Enrico le si avvicinò lentamente lasciando cadere sulla scrivania i documenti. "Oh, si che posso. Ho ancora bisogno di molte risposte da voi."
"Non vi rivelerò il nome della donna che mi ha contattato” Notando il suo sguardo minaccioso, riprese “Non otterrete niente con la forza."
Enrico sfoderò un sorriso diabolico "Ma io conosco metodi migliori della forza per far parlare una donna, e sicuramente più piacevoli."
Brividi di tensione le correvano lungo tutta la schiena, mentre lui si faceva più vicino togliendole il cappello, e lasciando che i suoi lunghi capelli le ricadessero sulle spalle “Siete un arrogante. Che cosa credete di fare?”
"Tesoro anche vestina in questa maniera, siete una vera tentazione." Enrico non resistette, le mise una mano sul fianco, attirandola a se e la baciò. Dapprima con un tocco leggero, ma la sorpresa per l'inaspettato piacere lo incoraggiò a spingersi oltre.
Caterina venne colta alla sprovvista. Provò a divincolarsi, ma con il passare dei secondi, il bacio si fece più appassionato, e la sua volontà venne annientata dalla dolcezza che quel contatto così intimo e coinvolgente, l'avvolgevano. La sua lingua l’avviluppava e il suo leggero sapore di liquore sembrò tramortirla. Automaticamente alzò le braccia a circondargli il collo.
Sopraffatto dalla pronta risposta della ragazza, Enrico le sussurrò "Oh sì. Una vera tentazione. Credo che dovremmo continuare questa discussione nella mia stanza." Preso dalla frenesia, iniziò a slacciarle la camicia, mentre le deponeva una fila di lunghi baci sul collo. Sentiva la giovane donna sospirare di piacere e la sua mano si infilò sotto la camicia, accarezzando un seno. Un frutto maturo, perfetto, pronto per essere colto, sbocciò tra le sue mani fino a che il capezzolo non divenne duro. Il rumore dell'orologio a pendola, che segnava la mezzanotte, riportò Caterina alla realtà. Le sembrava che la pelle stesse bruciando al suo tocco così provocante. Staccatasi dall'abbraccio dello sconosciuto e rendendosi conto del significato di quelle parole, lo spinse contro la scrivania tanto forte da far cadere il lume e, approfittando della momentanea mancanza di luce, corse verso l'uscita più in fretta che poté. Giunta sul retro della casa balzò in groppa al suo cavallo allontanandosi velocemente verso le stalle della propria villa. Prima di rientrare controllò di essersi sistemata la camicia.
Nel pomeriggio del giorno seguente, il marchese Tebaldi e il conte Orpelli uscirono a cavallo per una passeggiata. Enrico non aveva chiuso occhio tutta la notte. Il pensiero di quel corpo voluttuoso che aveva accarezzato e quelle dolci labbra che aveva assaporato, lo avevano tormentarono fino alle prime luci dell’alba.
Carlo parlò sommessamente "E’ stata una grande idea quella di allegare al documento la poesia in codice.”
"Già, quando il ministro della guerra francese m'informò della missiva da inviare al Conte Filippeschi, gli proposi di mandare un messaggio in codice, in modo che Graziano potesse tradurlo e consegnarlo al destinatario. Così se i documenti fossero caduti in mani sbagliate non avrebbero potuto collegare la lettera dell'accordo, con nessuno."
Carlo ritornò serio. "Dobbiamo assolutamente scoprire, chi ha ucciso Carlisi. Quel traditore dovrà pagare con la vita! Ieri notte non ho avuto fortuna. Chi sorvegliava la libreria ha smesso di farlo. Forse dovremmo sentire quel tale, Gioacchino. Prima non ci avevo fatto caso, ma poi mi è venuto in mente di averlo visto a tutte le nostre riunioni.”
Enrico mise al corrente Carlo delle informazioni giunte in suo possesso. "Dobbiamo tenere gli occhi aperti, con questi nobili locali. Inizieremo da stasera andando alla Scala ad assistere all'opera."
Carlo sorrise "Pensa, forse questa sera incontrerai la tua fidanzata e la giovane avventurosa con cui ti sei scontrato."
"Non me ne parlare e pensa a te piuttosto. La casa vinicola di tuo padre ha bisogno di fondi e presto o tardi anche tu capitolerai per dovere."
"Mi dispiace amico mio, credo di aver già trovato la mia compagna!"
Enrico abbassò la tesa del cappello per salutare un conoscente che passeggiava "Non dirmi che ti sei invaghito dell'anima silenziosa che accompagna quella furia?" commentò Enrico sbalordito. Carlo fece altrettanto, toccandosi il cappello "No, amico, non invaghito ma innamorato perso, e farò qualunque cosa per averla."
Al loro arrivo alla Scala superarono l’ingresso, raggiungendo velocemente il palco che avevano affittato, e da cui potevano avere una visuale completa della sala.
Caterina ed Elena, accompagnate dalla zia di quest'ultima, salivano le scale che conducevano al loro palco. L’anziana matrona non era dotata di un elevato acume intellettuale, ma la regola del buon comportamento professava che, le signorine nubili non potessero intervenire agli impegni mondani senza una scorta adeguata. Caterina attese che la loro accompagnatrice salisse le scale sperando che le distanziasse. Aveva incontrato una cugina con cui si stava dilungando in una filippica sull’uso del ventaglio. Le due giovani colsero l’occasione per rallentare il passo "Allora Elena quando torneranno i tuoi genitori dalla Spagna?"
"Dovrebbero rientrare la prossima settimana…Finalmente siamo riuscite a distaccarla. Ora racconta. Cosa ti ha detto Gioacchino?"
Caterina riportò la conversazione avuta con il suo cocchiere, e la pericolosa avventura della quale era stata protagonista la notte precedente. "Ti posso assicurare che ora sto bene, ma ieri sera ho temuto di venire coinvolta in uno scandalo spaventoso. Dobbiamo evitare quegli uomini a qualunque costo, prima che ci vada di mezzo la nostra reputazione."
Contemporaneamente, un fornito gruppo di eleganti damerini salivano le scale a ridosso delle due fanciulle. Il più elegante del gruppo, il visconte Pietro Fredi, piuttosto conosciuto tra i nobili milanesi per essere un eccellente ballerino e ottimo giocatore d'azzardo, si scusò per aver involontariamente calpestato l’abito di Caterina e si presentò alle due giovani.
Elena, ligia all'etichetta, lo interruppe immediatamente. "Non mi sembra il caso che lo facciate. Questo non è il modo adeguato per presentarsi."
Caterina si mostrò più malleabile. "Elena, non essere così composta, il signore non l'ha mica fatto apposta, cercava solo di scusarsi."
Con un sorriso accattivante, l'uomo si presentò e si scusò di nuovo, sperando in un incontro più consono.
Salendo al piano superiore Elena bisbigliò "Caterina! Sei forse impazzita, non hai sempre evitato anche tu quei perdigiorno?"
Caterina cercò di calmarla "Hai ragione, ma considera questo, nonostante siamo di ottima famiglia e veniamo ricevute nei migliori salotti di Milano, non abbiamo le giuste conoscenze in campo maschile."
Elena rimase sorpresa da quelle ultime parole "Cosa vuoi dire con questo?"
L’amica cercò di chiarire il concetto "Nemmeno io sopporto quel genere di individui, ma per poter raccogliere informazioni dobbiamo conoscere anche quel tipo di persone che, adulate nel modo giusto, ci possano fornire notizie preziose."
"Ho capito. Ma non sarà pericoloso?"
"Non se resteremo sempre insieme, e poi ho promesso a Gioacchino che mi sarei rivolta a lui se avessi avuto bisogno di aiuto."
Rincuorata, l'amica la sollecitò ad arrivare al palco. Lì vennero raggiunte da Astolfo, cugino di Elena. Nel momento in cui si furono accomodate accanto alla loro accompagnatrice, le luci si abbassarono ed ebbe inizio lo spettacolo. Alla fine del secondo atto ci fu l'intervallo. Spostando la sua attenzione, dal palcoscenico ai palchi che ospitavano gli spettatori, Elena riconobbe due visi familiari. Volendo essere sicura di ciò che aveva visto, si portò il piccolo binocolo sugli occhi. Sorpresa e atterrita, la giovane cercò di far partecipe di quella scoperta anche l'amica, che conversava con suo cugino. Ma proprio nel momento in cui Caterina posava lo sguardo su di loro, i due gentiluomini si mostrarono facendo una riverenza con il capo. Il cugino seguì il suo sguardo “Conosci per caso quei due gentiluomini?”
Caterina cercò di mantenere la calma. Non poteva certo negare. Era indubbio che l'avessero salutata e se avesse detto il contrario, Astolfo avrebbe potuto chiedere spiegazioni direttamente a loro “Credo che mi siano stati presentati al ballo della contessa Albani.” Provvidenzialmente le luci si abbassarono per il nuovo atto. Sottovoce, Caterina si rivolse all'amica. "Presto Elena. Ce ne dobbiamo andare prima che quei due scoprano chi siamo. Tuo cugino mi ha chiesto chi fossero e ho dovuto dargli una spiegazione ma dobbiamo impedire che li incontri. Tu stai male."
Elena rimase momentaneamente interdetta “Ma io mi sento….ahi” Caterina la sostenne dopo averla pizzicata sul fianco, poi si rivolse alla loro accompagnatrice esponendole i dolori che sentiva. Astolfo naturalmente si offrì di scortarle a casa. Con circospezione, si alzarono e si diressero verso l'uscita. Ma, mentre scendeva per prima le scale, Caterina notò che un giovane ufficiale austriaco usciva di soppiatto da un palco. La cosa non sarebbe apparsa strana, considerando che molti dei posti liberi alla Scala erano stati affittati da nobili o generali austriaci. Quest'uomo però era notevolmente sospetto. Più volte, infatti, allontanandosi si era girato indietro nel timore che qualcuno lo avesse notato.
Caterina proseguì nella sua discesa, prendendo mentalmente nota del numero di palco. In seguito si sarebbe informata da chi era stato occupato quella sera.
L'AUTRICE
Daniela Serpotta abita a Sesto Fiorentino (FI) con il marito e i loro due bambini. Lavora come impiegata e spende il poco tempo libero studiando la storia. Ha notato che esiste un dose massiccia di romanticismo nella realtà passata, basta saperla cercare. Adora tutti i periodi storici, in particolare il risorgimento ed il medioevo, L'Ossessione del marchese è il suo primo romanzo. QUI IL LINK AL ROMANZO.
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