Sono le sei del mattino qui a New York. Normalmente la domenica è una giornata tranquilla, senza traffico, ma sono sicura che, in questo momento, gran parte della città è già sveglia. Oggi c'è la maratona. Non è solo una corsa, non è solo un evento che capita una volta all'anno, è molto, molto di più. Questa grande giostra che ormai raccoglie più di 45.000 iscritti e che riesce a coinvolgere più di due milioni di persone è capace di muovere $ 340 milioni nell'economia.Ci sarà qualcuno che sta facendo colazione, qualcuno che ha già raggiunto in taxi la partenza (prima che il ponte chiuda), qualcuno che si accinge a prendere il ferry, qualcuno, previdente, che si sta svegliando in un hotel di Staten Island, qualcuno già sul grande prato, al freddo, del villaggio della partenza. Laggiù sono pronte 1700 toilettes, una ricca colazione e, per chi lo vuole, anche le messe cristiane ed ebree. E' una maratona organizzatissima, dove nulla è lasciato al caso. Gli americani, in questo, ci sanno proprio fare.I primi a partire saranno i disabili e i professionisti, ma dalle 9.40 alle 10.40 sarà la volta della big wave, la grande onda dei partecipanti.Ci saranno quelli velocissimi che non sapranno neanche di essere lì. Per loro non fa differenza, l'importante è correre ed esserci. Poi ci saranno quelli che vorranno godersi lo spettacolo di una città in festa e tutto l'amore che questa grande città sa donare.In un articolo il New York Times mostra i cambiamenti che hanno subito i diversi quartieri attraversati dalla maratona. Io, che l'ho corsa non molto tempo fa, ho vivo il ricordo di quel ponte da cui si parte, a Staten Island, raggiunto camminando, dopo aver incontrato un po' di amici. Il freddo, l'elicottero sopra di noi e Born to run, di Bruce Springsteen, a tutto volume. Da pelle d'oca. Anche ora, ripensandoci, mi batte forte il cuore e, nonostante qui tutti dormano ancora, vorrei accendere iTunes e ritrovare quell'emozione.E poi via con l'entusiasmo, troppo veloce, dell'inizio e dell'inesperienza.L'interminabile Brooklyn, immensa, con la folla delle prime ore e quell'unico buco nero, nella parte ebraica del quartiere, gli unici minuti, in 42,125 km, in cui la maratona sembra non interessare a nessuno. L'unico momento che sembrerà non finire mai.Per il resto le bande, i cori dei bambini, il nostalgico suono delle cornamusa, i tamburi, la cui vibrazione ti entra in ogni cellula, i dj e quel grido costante "GO!" che non ti lascerà mai.Staten Island, Brooklyn, Queens, Manhattan, il remoto Bronx, e ancora Manhattan: cinque quartieri che i più visitano solo in questa occasione.La maratona è tutto questo. Una corsa veloce attraverso il popolo di New York pronto a offrirti continuamente una banana, un cleenex, un massaggio, un pezzo di dolce. Una città che non ti lascia mai sola anche quando stanca, provata e zoppicante vorresti mollare. Lei è lì a sostenerti. Dall'inizio alla fine. E non chiamatela solo maratona!S.
la partenza sul Verrazzano Bridge
Christy Turlington tra le partecipanti illustri: quest'anno di contano di raccogliere $ 26,2 milioni da donare